Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6845 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6845 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato in Repubblica Dominicana il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/07/2023 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
udito per il ricorrente l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, il quale ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni del ricorso.
Depositata in Cancelleria
Oggi,
i 5 FEB, 2024
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RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 luglio 2023, il Tribunale del riesame di Roma ha respinto l’appello cautelare proposto da RAGIONE_SOCIALE, imputato dei reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/1990 in dibattimento in corso avanti al Tribunale di Roma, contro l’ordinanza con cui il giudice procedente ha rigettato la richiesta di revoca della misura della custodia in carcere nei confronti del medesimo disposta con provvedimento emesso nel 2015 ed eseguito nel marzo 2023 allorquando egli è stato arrestato nella Repubblica Dominicana con richiesta di estradizione in Italia.
Avverso detta ordinanza, a mezzo del difensore fiduciario, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con il primo motivo, il vizio di motivazione per aver il giudice dell’appello trascurato di valutare le implicazioni derivanti dai fatti nuovi intervenuti successivamente all’adozione dell’ordinanza cautelare. Si allude, in primo luogo, alla sentenza assolutoria pronunciata nei confronti del ricorrente dal Tribunale capitolino in altro procedimento in cui egl era imputato di fatti analoghi – e, quanto al reato associativo, addirittura identi – per essere state ritenute inattendibili le dichiarazioni rese dal collaboratore giustizia NOME COGNOME, che rappresentano la principale fonte di prova a carico anche nel procedimento tuttora pendente in cui è stata emessa la misura cautelare. In ogni caso, essendo il collaboratore già stato escusso nel processo, non sussisterebbe più il pericolo di inquinamento probatorio. Il Tribunale aveva inoltre erroneamente ritenuto che l’ordinanza cautelare non fosse stata in precedenza eseguita perché l’imputato era latitante e aveva trascurato di valutare che la vigente convenzione bilaterale sottoscritta con la Repubblica Dominicana rende obbligatoria, e non più facoltativa, la consegna del condannato, mentre il pericolo di reiterazione del reato è comunque sensibilmente affievolito per essere le altre persone coinvolte nel procedimento decedute o ristrette in carcere da anni. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In via subordinata, il ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale deg artt. 272 e 273 ss. cod. proc. pen., per contrasto con l’art. 13 Cost., nella parte i cui non prevedono dei termini temporali di efficacia dell’ordinanza con cui viene disposta la misura cautelare se questa non viene eseguita. Per rispettare il principio di inviolabilità della libertà personale – si allega – l’ordinamento dovrebb prevedere una rivalutazione periodica dei presupposti di sussistenza di una misura cautelare se questa ancora non sia stata eseguita a distanza di anni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità.
1.1. Diversamente da quanto allega il ricorrente, che non si confronta con l’ordinanza impugnata, questa attesta che l’invocata sentenza di assoluzione pronunciata in altro procedimento dal Tribunale di Roma – che attiene peraltro a fatti diversi da quelli qui contestati, tanto che nell’appello cautelare è stata disattesa anche la doglianza fondata sulla violazione del bis in idem e sul punto il ricorrente ha in questa sede prestato acquiescenza – è dipesa da carenze di certezza sull’identificazione dell’imputato quale autore delle condotte ascritte. Si osserva, per contro, che la stessa sentenza ha ritenuto il collaboratore COGNOME attendibile e riscontrato proprio in relazione ai fatti contestati nel presente processo al capo c), mentre con riguardo al processo già deciso egli conosceva soltanto in parte le vicende essendo stato ad un certo punto arrestato. Si aggiunge che le dichiarazioni del collaboratore – ritenuto attendibile anche da altri provvedimenti giudiziari avallati in sede di legittimità – rappresentano soltanto una delle prove indiziarie a carico, sicché nulla è mutato con riguardo al fumus dei reati contestati.
1.2. Con riguardo, poi, alle esigenze cautelari, l’ordinanza impugnata ne argomenta non illogicamente la permanenza ed attualità, pur a distanza dai fatti contestati, in relazione al pericolo di reiterazione connesso al particolare modus operandi definito evoluto ed imprenditoriale – che ha caratterizzato la condotta illecita dell’imputato, al suo inserimento ad alto livello nel traffico internazionale di stupefacenti, all’estrema gravità dei fatti contestati. Quanto al profilo soggettivo, la generica ed incomprensibile critica non scalfisce l’attestazione dell’ordinanza impugnata circa il fatto che l’imputato si è reso latitante nel presente procedimento e che nel periodo successivo ai fatti non ha dato segni di resipiscenza, con la conseguenza – si è non illogicamente argomentato – che deve ritenersi tuttora sussistente il pericolo di fuga, senza che abbiano rilievo i mutati rapporti bilaterali tra Italia e Repubblica Dominicana, avendo i due paesi sottoscritto un trattato destinato a regolare la fase esecutiva. Considerata anche la presunzione di adeguatezza della misura carceraria prevista per il reato associativo, si è dunque concluso che essa sia l’unica misura in grado di fronteggiare il pericolo di recidivanza e di fuga tuttora ritenuti sussistenti.
1.3. Lungi dal non aver argomentato la propria decisione, dunque, il Tribunale cautelare ha esposto non illogiche ragioni a sostegno del rigetto dell’appello ed è il ricorso che non si confronta adeguatamente con le stesse, essendo dunque sul punto generico e manifestamente infondato.
La questione di legittimità costituzionale genericamente sollevata con il secondo motivo di ricorso è all’evidenza manifestamente infondata, posto che la disposizione costituzionale invocata si limita a subordinare la restrizione della libertà personale ad un provvedimento adottato dall’autorità giudiziaria nei casi e modi previste dalla legge – ciò che nella specie è indubitabilmente avvenuto mentre l’ordinamento consente, indipendentemente dal tempo (ridotto o meno) trascorso dall’emissione del titolo cautelare, di contestare in ogni momento, come anche nella specie avvenuto, la sopravvenuta insussistenza di attuali esigenze cautelari e richiedere la revoca (o la sostituzione) della misura ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen.
Del resto, questa Corte ha già affermato che, ai fini della valutazione dell’attualità delle esigenze cautelari in relazione al tempus commissi delicti, non deve ricomprendersi il periodo in cui l’indagato si è volontariamente sottratto all’esecuzione della misura, intendendosi in tal modo cristallizzata per facta concludentia la sussistenza del predetto requisito al momento dell’insorgenza dello stato di latitanza (Sez. 2, n. 25740 del 01/07/2021, NOME COGNOME, Rv. 281466, ove si è osservato che, altrimenti, sarebbe rimesso alla scelta dell’indagato determinare uno iato temporale tra la valutazione di attualità dei pericula in libertate compiuta dal giudice e il momento in cui la misura stessa trova esecuzione in ragione della latitanza).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, tenuto conto della sentenza Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., oltre all’onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della cassa delle ammende della somma equitativamente fissata in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 30 novembre 2023.