Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18424 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18424 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a COPERTINO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/12/2023 del TRIBUNALE di LECCE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso; ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D. L. n
137/2020 e del successivo art. 8 D. L. n. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Lecce, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 1/12/2023 confermava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce del 16/10/2023, che applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME.
L’indagato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 177 e 292, lett. d), cod. proc. pen., nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Evidenzia che il Tribunale del riesame non ha affrontato la questione, pure sollevata dalla difesa, relativa alla mancata apposizione del termine di durata della misura cautelare, in relazione alle indagini da svolgere ai sensi dell’art. 292, n. 2, lett. d) cod. proc. pen.
2.1 Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1,
lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 309 e 292 cod. proc. pen. nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Rileva che l’ordinanza impugnata manca del tutto della motivazione, atteso che – pur copiosa di parole e di riferimenti di legittimità – è priva di adeguata coerenza con il fatto concreto; che si limita a sostenere che i risultati di indagine siano così talmente colmi di elementi indiziari che da sé basterebbe per la conferma del provvedimento custodiale; che in tal modo non è stato operato un vaglio critico sull’ordinanza genetica.
2.2 Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 74 D.P.R. 309/90, nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Il provvedimento impugnato non ha tenuto conto dei rilievi difensivi in ordine alla estraneità del COGNOME al sodaliz finalizzato al narcotraffico, desunti dalla ritenuta inaffidabilità dell’imputato per consegne dello stupefacente ovvero dalla circostanza per cui lo stesso fosse remunerato per effettuare dette consegne, come pure non ha dato conto del rilievo secondo il quale il ricorrente al più sarebbe stato a conoscenza della serra in cui veniva coltivata la marijuana o della presenza delle armi, circostanze queste insufficienti a provare la sua intraneità al sodalizio.
2.3 Con il quarto motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 274, 275, 275-bis cod. proc. pen. e 416 cod. pen., nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Ritiene che il Giudice delle indagini preliminari non abbia motivato in punto di esigenze cautelari con riferimento alla specifica posizione dell’odierno ricorrente e che il Tribunale del riesame, richiamando la motivazione dell’ordinanza genetica, sia incorso nello stesso errore; che il riferimento all’imputazione di cui all’art. 416-bis cod. pen. ed il richiamo al compendio indiziario sul punto non possono sostituire la motivazione in punto di esigenze cautelari; che, in ogni caso, la motivazione dell’ordinanza impugnata non tiene conto dei rilievi difensivi, che avevano evidenziato l’estraneità del COGNOME al sodalizio, il significativo decorso del tempo rispetto ai fatti ed il comportamento serbato dall’odierno ricorrente fino all’esecuzione della misura cautelare.
2.4 In data 7/3/2024 sono pervenute note difensive di replica alle conclusioni del Procuratore AVV_NOTAIO.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1 II primo motivo è manifestamente infondato. Invero, non risulta dal tenore dell’ordinanza genetica che siano state ritenute le esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett. a) cod. proc. pen., le uniche che prevedono
l’apposizione di un termine di durata. In ogni caso, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che, in tema di misure cautelari personali, l’indicazione del termine di scadenza, prescritta dall’art. 292, comma 2, lett. d), cod. proc. pen., per il caso in cui le esigenze cautelari attengano al pericolo di inquinamento probatorio, non è necessaria quando concorrono a i khe esigenze diverse (Sezione 1, n. 9902 del 28/1/2021, COGNOME, Rv. 280678 – 01; Sezione 6, n. 1094 del 18/12/2015, COGNOME NOME, Rv. 265892 – 01), come appunto nel caso che si sta scrutinando, ove sono state ritenute quelle specialpreventive.
1.2 II secondo motivo è parimenti manifestamente infondato, atteso che il Tribunale del riesame ha dato atto che il Giudice per le indagini preliminari, dopo aver richiamato i presupposti di fatto su cui si fonda la richiesta di misura cautelare, si è soffermato specificamente sulla posizione del COGNOME, prendendo in considerazione ogni singola imputazione e dando atto degli elementi a carico emergenti dagli atti, fatti oggetto di ponderata valutazione. Dunque, non si ravvisa il vizio denunciato.
1.3 Anche il ter4Vo motivo di ricorso, relativo al profilo della gravità indiziaria, è manifestamente infondato, in quanto per un verso ripropone le stesse doglianze rappresentate al Tribunale del riesame e da questo risolte con motivazione congrua ed immune da vizi logici e per altro verso si limita a prospettare una diversa valutazione di circostanze già compiutamente esaminate dai giudici di merito. Con riguardo a quest’ultimo profilo, giova evidenziare che la giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel ritenere che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sezioni Unite, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828 – 01) e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sezione 2, n. 27866 del 17/6/2019, Mazzelli, Rv. 276976 – 01). In altri termini, l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezz ex art. 273 cod. proc. pen. (ma il discorso vale anche per le esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice) è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, con la conseguenza che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e
rilevanza e concludenza dei dati probatori: sono, dunque, inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito, atteso che trattasi di censure non riconducibili alle tipologie d vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge (Sezione 2, n. 31553 del 17/5/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 – 01; Sezione 4, n. 18795 del 2/3/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sezione 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01; Sezione 7, ord. n. 12406 del 19/2/2015, COGNOME, Rv. 262948 01; Sezione Feriale, n. 47748 del 11/8/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01). Dunque, nel momento del controllo della motivazione, non si deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né si deve condividerne la giustificazione, dovendosi, invece, limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento: ciò in quanto l’art. 606, comma primo, lett. e) del cod. proc. pen. non consente alla Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dat processuali (Sezioni Unite, n. 12 del 31/5/2000, COGNOME, Rv. 216260 – 01; Sezioni Unite, n. 47289 del 24.9.2003, COGNOME, Rv. 226074 – 01).
Nel caso oggetto di scrutinio, l’ordinanza esaminata risulta avere analizzato singolarmente ed in modo adeguato tutte le doglianze difensive (dettagliatamente riassunte alle pagine 1 e 2), che risultano pedissequamente riproposte in questa sede. Dunque, sotto questo profilo il ricorso risulta anche aspecifico, in quanto non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, che ha evidenziato come dal tenore delle conversazioni intercettate emerga evidente che il COGNOME sovrintendesse, su mandato di NOME COGNOME alla gestione della coltivazione della marijuana nelle serre di NOME e NOME COGNOME, si occupasse dell’immissione dello stupefacente nelle piazze di spaccio, provvedesse alla riscossione dei proventi dell’attività di spaccio e in diverse occasioni avesse svolto anche il ruolo di corriere. Il Tribunale si è fatto carico d rispondere alle obiezioni difensive con riferimento ad ogni conversazione intercettata; ciò ha fatto con una interpretazione del dato probatorio esente da qualsivoglia vizio logico, che, dunque, non è censurabile in sede di legittimità.
1.4 Manifestamente infondato è anche il quarto motivo.
Il Tribunale del riesame ha dato conto di come il Giudice per le indagini preliminari abbia congruamente motivato in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelar’, alla loro intensità ed alle ragioni che hanno imposto l’adozione del presidio cautelare custodiale. In particolare, i giudici della cautela hanno evidenziato che il COGNOME risponde sia del reato di cui all’art. 416-bis cod.
pen. che di quello di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90, per i quali l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. prevede l’applicazione della misura custodiale intramuraria, a meno che siano acquisiti elementi dai quali risulti l’insussistenza delle esigenze cautelari, rilevando che la presunzione non può essere in alcun modo superata in assenza di elementi dai quali possa desumersi un definitivo allontanamento dell’odierno ricorrente dal sodalizio di stampo mafioso e di quello finalizzato al narcotraffico. Tale motivazione, ad avviso del Collegio, non può ritenersi illogica o meramente apparente, posto che contiene tutti i requisiti per rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il giorno 22 marzo 2024.