LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Misure cautelari: la difesa tardiva è inammissibile

La Corte di Cassazione conferma un’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa ed estorsione. Nel respingere il ricorso, la Corte chiarisce i termini perentori per il deposito di memorie difensive nel procedimento di riesame, sottolineando che il mancato rispetto rende gli atti inammissibili e non lede il diritto di difesa. Il caso riguarda complesse misure cautelari applicate a un presunto sodalizio criminale operante nel nord Italia.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Cautelari e Diritto di Difesa: I Limiti Temporali nel Giudizio di Riesame

L’applicazione di misure cautelari personali rappresenta uno dei momenti più delicati del procedimento penale, incidendo sulla libertà dell’individuo prima di una condanna definitiva. Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre spunti cruciali sul bilanciamento tra le esigenze cautelari e il diritto di difesa, in particolare riguardo ai termini perentori per la presentazione di memorie e documenti nel giudizio di riesame. La Corte ha rigettato il ricorso di un indagato, confermando la custodia in carcere per associazione di tipo mafioso ed estorsione e stabilendo che le produzioni difensive tardive sono inammissibili.

Il caso in esame: un’associazione criminale ‘federata’

La vicenda processuale ha origine da un’indagine su un complesso sodalizio criminale operante prevalentemente in una regione del nord Italia. Secondo l’accusa, l’organizzazione era una sorta di ‘federazione’ tra esponenti di diverse matrici mafiose (cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra), uniti per la gestione di affari illeciti, tra cui il riciclaggio di denaro, l’emissione di fatture false e l’estorsione.

Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva respinto la richiesta di custodia cautelare. Tuttavia, il Pubblico Ministero ha impugnato tale decisione e il Tribunale del Riesame, in riforma del primo provvedimento, ha disposto la misura della custodia in carcere per l’indagato. Quest’ultimo, tramite il suo difensore, ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

Le doglianze del ricorrente: violazione del diritto di difesa e carenza di prove

Il ricorso si fondava principalmente su due ordini di motivi:

1. Violazione delle norme processuali: La difesa lamentava una lesione del diritto al contraddittorio. Il Pubblico Ministero aveva depositato una memoria a ridosso dell’udienza di riesame e la difesa, a sua volta, aveva replicato con delle note. Il Tribunale aveva dichiarato inammissibili queste ultime perché presentate fuori termine, senza concedere un rinvio per preparare un’adeguata contro-deduzione.
2. Vizio di motivazione: Il ricorrente contestava la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari. Sosteneva che la motivazione del Tribunale fosse illogica, insufficiente e basata su elementi non adeguatamente verificati, come intercettazioni di dubbia autenticità e dichiarazioni non riscontrate. Inoltre, evidenziava il lungo tempo trascorso dai fatti contestati, a suo dire incompatibile con l’attualità del pericolo di recidiva.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. L’analisi dei giudici si è concentrata sui due aspetti sollevati dalla difesa.

La questione processuale e i termini perentori

Sul primo punto, la Cassazione ha chiarito la rigorosa disciplina che regola il deposito di memorie nel procedimento di riesame. L’art. 127 del codice di procedura penale, richiamato dall’art. 310, stabilisce che le memorie devono essere depositate almeno cinque giorni prima dell’udienza. Questo termine è finalizzato a garantire un effettivo contraddittorio scritto tra le parti.

Nel caso specifico, il Pubblico Ministero aveva rispettato tale termine, mentre la difesa aveva depositato le proprie note oltre il limite. La Corte ha sottolineato che, in una simile situazione, la difesa avrebbe dovuto chiedere un termine a difesa (un rinvio dell’udienza) per poter replicare, cosa che non è avvenuta. Pertanto, la decisione del Tribunale di dichiarare inammissibili le note tardive è stata ritenuta corretta e non lesiva del diritto di difesa. Le produzioni documentali avvenute dopo l’udienza sono state considerate, a maggior ragione, del tutto estranee al procedimento.

La valutazione dei gravi indizi e delle esigenze cautelari

Per quanto riguarda il merito, la Cassazione ha ribadito che il suo compito non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la logicità e la coerenza della motivazione del provvedimento impugnato. Sotto questo profilo, la decisione del Tribunale del Riesame è stata giudicata ineccepibile.

Il quadro indiziario a carico dell’indagato è stato considerato solido, basato su intercettazioni, accertamenti su un’articolata rete societaria e la partecipazione dell’indagato a ‘summit’ strategici per risolvere controversie interne al sodalizio. La Corte ha ritenuto congrua la ricostruzione di un’associazione criminale autonoma, nata dalla fusione di interessi di diverse organizzazioni storiche, capace di esercitare un forte potere intimidatorio.

Anche riguardo alle esigenze cautelari, la Corte ha confermato la valutazione del Tribunale. La presunzione di pericolosità prevista dall’art. 275 c.p.p. per i reati di mafia è stata ritenuta non superata. Il tempo trascorso, da solo, non è stato considerato un elemento sufficiente a far ritenere cessato il vincolo associativo e il pericolo di reiterazione dei reati, data la natura permanente e strutturata del gruppo criminale.

Le conclusioni

La sentenza in commento ribadisce due principi fondamentali. Il primo è di natura processuale: il rispetto dei termini nel procedimento di riesame delle misure cautelari è essenziale per la tutela del contraddittorio e la difesa non può lamentare una violazione dei propri diritti se non rispetta le scadenze previste dalla legge. Il secondo principio attiene al merito: la valutazione dei gravi indizi per reati di criminalità organizzata si basa su un’analisi complessiva di molteplici elementi, e la pericolosità sociale derivante dall’appartenenza a tali sodalizi è un fattore preponderante nella decisione sulla necessità delle misure cautelari, che non viene meno per il solo decorso del tempo.

È possibile presentare memorie difensive dopo il termine di cinque giorni prima dell’udienza di riesame per le misure cautelari?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che il termine previsto dall’art. 127 c.p.p. è perentorio. Le memorie depositate oltre tale scadenza sono inammissibili, a meno che la difesa non chieda e ottenga un rinvio dell’udienza per poter controdedurre.

Come valuta la Cassazione i gravi indizi di colpevolezza per un’associazione mafiosa?
La Cassazione non effettua una nuova valutazione delle prove, ma controlla la coerenza e la logicità della motivazione del giudice di merito. Nel caso specifico, ha ritenuto che il quadro indiziario, basato su intercettazioni, analisi di società e partecipazione a riunioni strategiche, fosse sufficientemente grave e coerente per giustificare la misura.

Il tempo trascorso dai fatti contestati può far venir meno le esigenze cautelari per reati di mafia?
Non necessariamente. La Corte ha stabilito che, per i reati di associazione mafiosa, vige una presunzione di pericolosità. Il solo decorso del tempo, in assenza di altri elementi concreti che dimostrino un allontanamento dell’indagato dal contesto criminale, non è sufficiente a far ritenere cessate le esigenze cautelari, come il pericolo di reiterazione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati