Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3708 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3708 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOMECUI 04260N2) NOME nato a CASTIGLIONE DELLE STIVIERE il 23/03/2002
NOME COGNOME nato a CHIVASSO il 14/02/2003
NOME nata a CHIVASSO il 06/04/2004
NOME nato a VENARIA REALE il 10/05/2000
avverso l’ordinanza del 17/10/2024 del TRIBUNALE del RIESAME di TORINO
letti i ricorsi del difensore, la memoria e gli atti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del sostituto P.G. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
Ricorsi trattati in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli articoli 610, comma 5, e 611, comma 1-bis e seguenti del codice di procedura penale.
RITENUTO IN FATTO
NOME Toni (alias NOME NOME CODICE_FISCALE), COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME Maria ricorrono per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, avverso l’ordinanza del Tribunale di Torino che, nel rigettare la richiesta di riesame proposta dai ricorrenti, ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari rispettivamente applicata al primo e agli altr tre dal Gip del Tribunale di Vercelli in ordine al reato di concorso in rapina aggravata (artt. 110, 628, commi 2 e 3, n. 1 e comma 4, cod. pen.).
La difesa affida il ricorso a quattro motivi che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Il Pubblico ministero, nella persona del sostituto P.G. NOME COGNOME con requisitoria del 27 dicembre 2024, ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
Con memoria di deposito del 29 novembre 2024, la difesa dei ricorrenti, a sostegno dei motivi di ricorso, ha allegato i verbali delle dichiarazioni di persone informate sui fatti (rese da COGNOME COGNOME e da COGNOME NOME) raccolte ai sensi degli artt. 391-bis e 391-ter cod. proc. pen., che si precisa siano state già depositate alla competente Procura della Repubblica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Preliminarmente va rilevata l’inammissibilità in questa sede della produzione dei verbali di dichiarazioni raccolte dal difensore allegati alla memoria di deposito del 29 novembre 2024 – successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione – da persone informate sui fatti ai sensi degli artt. 391-bis e 391ter cod. proc. pen., depositate alla Procura della Repubblica che procede.
Si tratta, infatti, di verbali di prova il cui apprezzamento richiede una necessaria valutazione contenutistica di merito che solo il giudice della cautela può compiere e che, pertanto, è del tutto estranea al giudizio di legittimità, altrimenti trasformandosi la Corte di cassazione nell’ennesimo giudice del fatto, impedendole di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare la legittimità dei provvedimenti adottati dai giudici di merito Competerà, semmai, al Gip in prima battuta, laddove investito di un’istanza di sostituzione della misura, valutare l’incidenza di tale nuovo portato probatorio con
gli esiti cautelari raggiunti.
3. Con il primo motivo la difesa deduce, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al coinvolgimento del NOME (alias NOME) e COGNOME NOME nella rapina impropria, adducendo che l’azione predatoria, di cui entrambi gli indagati non avevano alcuna contezza, si deve, anche in ragione delle modalità del fatto, esclusivamente alle due donne, tanto che i due pagavano quanto acquistato. Con la conseguenza che la condotta dagli stessi tenuta all’esterno del supermercato e all’atto dell’intervento dell’addetto alla vigilanza – di cu sconoscevano qualifica e ragione dell’agire – non poteva, in alcun modo, ricondursi ad una reazione volta ad assicurarsi il possesso dei beni e far conseguire l’impunità alle due donne, bensì al tentativo di difendere una di esse, ritenuta ingiustamente aggredita.
Il motivo è inammissibile.
Il Tribunale del riesame, infatti, ha indicato una serie di circostanze che, sulla base dell’id plerunque accidit, appaiono logicamente espressive di un modo di agire preventivamente concordato tra i correi: il fatto che il gruppo, una volta fatto ingresso nel supermercato, si sia st,bito diviso e poi dopo pochi istanti riunito in prossimità delle casse mettendosi in fila e che, in quel frangente, le due donne si siano allontanate, non rende affatto illogica la conclusione raggiunta dal giudice della cautela secondo cui il comportamento tenuto dai due “che pagavano alcuni prodotti per pochi euro” fosse un diversivo volto a consentire alle donne di farla franca in relazione al mancato pagamento della merce occultata.
Del resto, dalla ricostruzione della vicenda emerge come le due donne non erano affatto rimaste al di fuori del supermercato ad aspettare gli uomini, ma vi avevano fatto unitariamente ingresso dirigendosi verso gli scaffali, con ciò rendendo non credibile che i due fossero all’oscuro dell’intento di prelievo dalle stesse coltivato. La circostanza, poi, che la violenza e la minaccia adoperata dal COGNOME per far desistere l’addetto alla vigilanza dall’intento di riottenere da una delle complici la riconsegna della merce sia stata accompagnata anche dall’invito a rientrare nel supermercato, avvalora come tutti gli indagati fossero ben consci del ruolo da tale soggetto rivestito e, dunque, si fosse al cospetto di un’azione predatoria previamente concertata.
A fronte di tale ricostruzione le censure difensive finiscono per prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura degli elementi probatori sottesi alla disposta cautela, estranea al sindacato di legittimità. Del resto, va ribadito che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione,
vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto o meno ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (ex multis vedi Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, COGNOME, Rv. 255460 – 01; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
Con il secondo motivo si denuncia, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, l’insussistenza del pericolo di recidiva nel reato.
Si lamenta l’assenza del requisito dell’attualità delle esigenze cautelari, tenuto conto soprattutto della risalenza temporale dei fatti per cui si procede, considerato che nell’anno trascorso dal momento della rapina all’applicazione della misura nessuno degli indagati è ricaduto nel reato e il COGNOME Leonardo è soggetto incensurato.
Il motivo è manifestamente infondato.
A fondamento del pericolo di recidiva il Tribunale del riesame ha evidenziato che COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME annoverano precedenti specifici e che nei confronti di COGNOME e COGNOME NOME la misura non risulta eseguita risultando gli stessi irreperibili.
Inoltre, circostanza che assume rilievo anche riguardo alla posizione del COGNOME Leonardo, si è precisato come questi risulti essersi portato alcuni giorni dopo la rapina, unitamente a COGNOME e COGNOME NOMECOGNOME sul luogo del reato per minacciare di morte l’addetto alla vigilanza e che, sempre al COGNOME Leonardo è attribuito il tentativo di investire, con l’auto utilizzata per darsi alla fuga e d stesso ricorrente condotta, il vigilante intervenuto.
Si è, quindi, al cospetto di comportamenti che, lungi dall’essere dimostrativi di un’occasionalità nel reato, rivelano un profilo di pericolosità molto accentuato in tutti i ricorrenti, per come anche avvalorato dalle modalità aggressive della condotta tenuta ai danni dell’addetto alla vigilanza al di fuori del supermercato.
Nessun decisivo rilievo, pertanto, assume il dato costituito dal tempo trascorso dal fatto al momento di emissione della misura anche in ossequio al principio affermato dalla Corte di legittimità secondo cui, in tema di misure coercitive, l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non deve essere concettualmente confusa con l’attualità e la concretezza delle condotte criminose,
onde il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso in cui esse siano risalenti nel tempo, ove persistano atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato (Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, Stamegna, Rv. 267785 – 01; Sez. 2, n.32899 del 13/06/2023, Mati, Rv. 285217 – 01).
5. Con il terzo motivo si lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al pericolo di inquinamento probatorio.
Si lamenta l’assenza di motivazione con riguardo all’esigenza cautelare di cui alla lett. a) dell’art. 274 cod. proc. pen. e l’inconferenza, a detti fini, delle minac che avrebbe subito la persona offesa successivamente al fatto, trattandosi di episodio prontamente denunciato ed acquisito agli atti.
Il motivo è manifestamente infondato.
Il provvedimento impugnato risulta avere dato conto della sussistenza della concorrente esigenza del pericolo di inquinamento probatorio posta dal Gip a fondamento della cautela, per come si ricava dall’espresso riferimento al detto pericula a pag. 6 ove sono condivise le argomentazioni spese sul punto dal provvedimento genetico, facendosi poi espresso richiamo dell’episodio relativo alle minacce rivolte dopo la rapina nei confronti del teste di accusa.
Peraltro, GLYPH va GLYPH osservato GLYPH che GLYPH la GLYPH valutazione GLYPH del GLYPH pericolo di inquinamento probatorio deve essere effettuata con riferimento sia alle prove da acquisire, sia alle fonti di prova già acquisite, in quanto l’esigenza di salvaguardare la genuinità della prova non si esaurisce al momento della sua acquisizione, specie nel caso in cui il pericolo sia stato in concreto correlato alla protezione delle fonti dichiarative, in vista della loro assunzione dibattimentale (in termini, Sez. 2, n. 3135 del 9/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284052 – 01).
La cautela probatoria in discorso concerne, infatti, non solo l’acquisizione della prova, ma anche la conservazione della sua genuinità al cospetto di condotte volte alla ritrattazione (Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, COGNOME, Rv. 199396 – 01). E la condotta minacciosa posta in essere dagli indagati si rivela dimostrativa di un concreto pericolo di “rinnovazione”, soprattutto se si considera che due degli autori sono indicati dal Tribunale come ancora irreperibili (COGNOME e COGNOME).
6. Con il quarto e ultimo motivo si deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al rispetto dei criteri di adeguatezza, proporzionalità e graduazione della misura della custodia in carcere applicata al COGNOME che, si precisa, è soggetto giovane e padre di tre figli di pochi anni.
Il motivo è generico, non confrontandosi specificamente il ricorrente con i molteplici pericula ed elementi di disvalore relativi alle modalità della condotta e alla personalità dell’indagato che hanno condotto i giudici della cautela a ritenere recessiva l’applicazione della misura gradata degli arresti domiciliari, financo con braccialetto elettronico, stante la motivata inaffidabilità del soggetto al verosimile rispetto delle prescrizioni.
In conclusione, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili. Consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così stabilita in ragione dei profili di colpa ravvisabili nella determinazione delle cause di inammissibilità.
Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in libertà dell’indagato NOMECOGNOME alias NOME (CUI 04260N2), deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. nei confronti di NOME COGNOME alias NOME NOME (CUI 04260N2).
Così deciso, il 16 gennaio 2025.