Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6530 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6530 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Formia il 06/07/1973;
avverso l’ordinanza emessa il 22/04/2024 dal Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Roma ha accolto la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME annullando limitatamente al capo 52) l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, che in data 19 marzo 2024 ha applicato nei confronti del medesimo la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere, e l’ha confermata nel resto.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto COGNOME gravemente indiziato della
commissione dei delitti di cui all’art. 74, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 1), e di cui agli artt. 110, 629 cod. pen. (capo 40), di cui agli artt. 110, 56 e 629 cod. pen. (capo 48), di cui all’art. 648 ter.l. cod. pen. (capi 51 e 54) e di cui agi artt. 110, 512 bis cod. pen (capo 52).
L’avvocato NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME, ha proposto ricorso avverso tale ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo nove motivi e, segnatamente:
l’errata applicazione dell’art. 292, comma 2-ter, cod. proc. pen., in quanto il Giudice per le indagini preliminari non avrebbe valutato gli elementi emersi in favore del ricorrente e, segnatamente, che il collaboratore di giustizia NOME COGNOME non ha menzionato COGNOME, che NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno reso dichiarazioni esclusivamente de relato e che non vi sarebbe alcun riscontro relativamente alla posizione di COGNOME;
la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alle dichiarazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME in quanto intrinsecamente illogiche e prive di riscontri esterni;
la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 1), in quanto l’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata dal Pubblico Ministero sarebbe insussistente e, comunque, COGNOME non vi avrebbe partecipato;
la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata derubricazione del delitto di cui al capo 1) nel reato di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto COGNOME non sarebbe stato il capo di questo sodalizio. Sfragano stesso avrebbe affermato che COGNOME nulla sapeva e che si limitava a «mettere i soldi in pratica»;
il vizio di motivazione in ordine al delitto di estorsione contestato al capo 40), in quanto COGNOME non avrebbe assistito alle minacce poste in essere da COGNOME ai danni di NOME COGNOME, COGNOME non avrebbe mai chiesto danaro a COGNOME e il collaboratore NOME COGNOME non avrebbe mai menzionato COGNOME nelle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria in ordine a tale reato;
il vizio di motivazione in ordine al delitto di tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME contestato al capo 48), in quanto le dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME non sarebbero convergenti;
il vizio di motivazione in ordine al delitto di trasferimento fraudolento di valori contestato al capo 52), non sussistendone gli elementi costitutivi;
il vizio di motivazione in ordine al delitto di autoriciclaggio contestato al capo 54), mediante l’acquisto di una tabaccheria intestata alla propria compagna, NOME COGNOME in quanto la difesa avrebbe prodotto ampia documentazione atta a
confutare l’ipotesi di accusa;
la violazione degli artt. 274 e 275, comma 3, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione sul punto, in quanto il ricorrente, secondo quanto riferito da COGNOME, avrebbe agito in concorso con quest’ultimo sino al 2018 e il Tribunale del riesame non avrebbe considerato la condotta successiva al reato.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 15 novembre 2024, il Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con memoria depositata in data 4 dicembre 2024 l’avvocato COGNOME ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto i motivi proposti sono infondati.
Il difensore, con il primo motivo, ha dedotto l’errata applicazione dell’art. 292, comma 2-ter, cod. proc. pen., in quanto il Giudice per le indagini preliminari non avrebbe valutato gli elementi emersi in favore del ricorrente (e, segnatamente, che il collaboratore di giustizia NOME COGNOME non ha menzionato COGNOME, che NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno reso dichiarazioni esclusivamente de relato e che non vi sarebbe alcun riscontro relativamente alla posizione di COGNOME).
Il motivo è infondato.
Il Giudice per le indagini preliminari ha approfonditamente valutato le dichiarazioni di COGNOME, di COGNOME e di Sfragano nell’ordinanza che ha applicato la misura coercitiva nei confronti del ricorrente, in relazione a ciascun delitto contestato. Gli elementi probatori ffi favorevoli per il ricorrente asseritamente pretermessi sono, tuttavia, mere prospettazioni difensive, che non possono essere ascritte al disposto dell’art. 292, comma 2-ter, cod. proc. pen.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di misure cautelari, nella nozione di «elementi a favore» che devono essere valutati dal giudice a pena di nullità dell’ordinanza, rientrano soltanto elementi di natura oggettiva e concludente, rimanendo escluse le mere posizioni difensive negatorie, le semplici prospettazioni di tesi alternative e gli assunti chiaramente defatigatori, così come non vi rientrano le interpretazioni alternative degli elementi indiziari, che restano assorbite nel complessivo apprezzamento operato dal giudice della libertà (Sez. 3, n. 47593 del 15/10/2024, Cursano, Rv. 287275 – 01; Sez.
5, n. 44341 del 13/05/2019, Paris, Rv. 277127 – 01).
Con il secondo motivo il difensore ha censurato la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alle dichiarazioni accusatorie rese dai collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME in quanto intrinsecamente illogiche e prive di riscontri esterni.
Il motivo è inammissibile, in quanto si risolve nella prospettazione di una interpretazione alternativa di tali dichiarazioni, non consentita in sede di legittimità.
Il Tribunale del riesame, in conformità al canone di giudizio sancito dall’art. 192 cod. proc. pen. e con motivazione congrua, ha ritenuto credibili le dichiarazioni dl COGNOME e di COGNOME analizzandone il significato alla luce della valenza dimostrativa degli ulteriori elementi di riscontro raccolti.
In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (ex plurimis: Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
Con il terzo motivo il difensore ha eccepito la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 1), in quanto l’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico contestata dal Pubblico Ministero sarebbe insussistente e, comunque, COGNOME non vi avrebbe partecipato; con il quarto motivo il difensore ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata derubricazione del delitto di cui al capo 1) nel reato di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto COGNOME non sarebbe stato il capo di questo sodalizio.
I motivi sono inammissibili, in quanto si confrontano con gli elementi indiziari posti dal Tribunale del riesame a fondamento del proprio apprezzamento, reinterpretandoli e confutandoli, e non con la motivazione del provvedimento impugnato.
Il Tribunale di Roma, con motivazione logica e congrua, ha ritenuto
sussistente l’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, secondo canoni interpretativi pienamente coerenti con i principi di diritto costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità.
Il Tribunale ha, inoltre, rilevato che la derubricazione della condotta associativa attribuita all’indagato non è consentita dalle dichiarazioni rese dallo COGNOME, secondo cui il COGNOME era a capo del gruppo, e da COGNOME, che ha precisato che COGNOME era in società con NOME COGNOME con cui acquistava la sostanza stupefacente e aveva costituito un fondo cassa di euro 150.000, materialmente detenuto da NOME COGNOME.
Con il quinto motivo il difensore ha dedotto il vizio di manifesta illogicità della motivazione in ordine al delitto di estorsione contestato al capo 40), in quanto COGNOME non avrebbe assistito alle minacce poste in essere da COGNOME ai danni di NOME COGNOME, COGNOME non avrebbe mai chiesto danaro a COGNOME e il collaboratore di giustizia NOME COGNOME non avrebbe mai menzionato COGNOME nelle dichiarazioni accusatorie rese in ordine a tale delitto.
Il motivo è inammissibile, in quanto, pur investendo formalmente la motivazione, è volto a pervenire ad una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito.
Esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, COGNOME, Rv. 207944).
Con il sesto motivo il difensore ha denunciato il vizio di contraddittorietà e di manifesta illogicità della motivazione in ordine al delitto di tentata estorsione ai danni di COGNOME contestato al capo 48), in quanto le dichiarazioni accusatorie non sarebbero convergenti.
Il motivo è inammissibile, in quanto non si censura la logicità della motivazione dell’ordinanza impugnata sul punto, ma si limita a confutarla nel merito.
Sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a
quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Con il settimo motivo il difensore ha eccepito il vizio di motivazione in ordine al delitto contestato al capo 52), non sussistendo gli elementi del delitto contestato.
Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, in quanto il Tribunale del riesame ha già annullato l’ordinanza relativamente a tale imputazione cautelare.
Con l’ottavo motivo il difensore ha dedotto il vizio di motivazione in ordine al delitto di autoriciclaggio contestato al capo 54), mediante l’acquisto di una tabaccheria intestata alla propria compagna, in quanto la difesa ha prodotto ampia documentazione atta a confutare l’ipotesi di accusa.
Il motivo è, tuttavia, inammissibile, in quanto si risolve in una lettura alternativa delle risultanze investigative, non consentita in sede di legittimità.
La giurisprudenza di legittimità costantemente afferma che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, con la conseguenza che sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01).
Con il nono motivo il difensore ha censurato la violazione degli artt. 274 e 275, comma 3, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione sul punto, in quanto il ricorrente, secondo quanto riferito da COGNOME avrebbe agito in concorso con quest’ultimo sino al 2018 e il Tribunale del riesame non avrebbe considerato la condotta successiva al reato.
Il motivo è inammissibile, in quanto, pur denunciando vizi di legittimità, si risolve nella sollecitazione ad una rinnovata valutazione delle risultanze probatorie con riferimento alle esigenze cautelari.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per ckssazione che deduca l’assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del
provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (ex plurimis: Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01).
Il Tribunale del riesame, del resto, con apprezzamento congruo e non manifestamente illogico, ha congruamente applicato l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. e ha ritenuto sussistente il pericolo di recidiva in ragione della gravità delle condotte accertate e del ruolo rivestito dall’indagato nell’ambito di una associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, che ha operato con continuità e professionalità per un lungo lasso temporale, e della determinazione e violenza con cui egli ha posto in essere l’attività illecita al fine di affermare il predominio del sodalizio sul territorio di Fondi.
Parimenti, l’inadeguatezza dell’applicazione di misure cautelari meno afflittive della custodia cautelare in carcere è stata congruamente motivata in ragione della necessità di recidere i contatti con il contesto criminale di Fondi e dell’indifferenza verso i provvedimenti dell’autorità mostrata dall’indagato, che ha posto in essere le condotte contestate mentre era in affidamento in prova al servizio sociale.
18. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve rigettato.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2024.