Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15906 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15906 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
nelle cessioni di sostanze stupefacenti di cui ai capi 9), 10), 11) con il solo riguardo al rinvenimento dei timbri contraffatti, non si avvede che questa condotta Ł formalmente contestata esclusivamente al capo 10) dell’addebito cautelare, non anche rispetto agli altri.
2.3 Con il terzo motivo, in riferimento al reato associativo ex art. 74 d.P.R. n. 309/1990 ed ai reati di cessione di sostanze stupefacenti ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990, deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 192, 273, 125, comma 3, cod. proc. pen., 73, 74 e 80 d.P.R. n. 309/1990, 416-bis.1 cod. pen., omessa motivazione e sua illogicità per contraddittorietà intratestuale ed extratestuale riferita alle seguenti informazioni processuali: attestazione della autorità portuale di Gioia Tauro del 18/10/2023, consulenza del dott. COGNOME s.i.t. di NOME NOME COGNOME NOME ed NOME NOME acquisite nella fase di espletamento delle indagini difensive del 28/10/2022, estratto della O.C.C., pagg. 241 e 242, da 1036 a 1044.
Denuncia la difesa, quanto alla aggravante ex art. 80 d.P.R. n. 309/1990, vizio di omessa motivazione, non essendo dato sapere come e perchØ il ricorrente fosse stato a compiuta conoscenza delle effettive consistenze della droga di cui ai capi 9), 10) e 11) della rubrica. Quanto alla aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen., deduce il ricorrente di essersi trovato in una chat di gruppo preconfezionata da altri ed a lui abilitata dal fratello, senza aver rapporti con nessuno degli individui inseriti nella chat.
2.4 Con il quarto motivo, in riferimento al reato associativo ex art. 74 d.P.R. n. 309/1990 ed ai reati di cessione di sostanze stupefacenti ex art. 73 d.P.R. n. 309/1990, deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 125, 192, 274, 275, comma 3, cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., insufficienza della motivazione e sua illogicità per contraddittorietà extratestuale in riferimento alle seguenti informazioni processuali: attestazione della autorità portuale di Gioia Tauro del 18/10/2023, consulenza del dott. COGNOME s.i.t. di NOME NOME COGNOME NOME ed NOME acquisite nella fase di espletamento delle indagini difensive del 28/10/2022.
Deduce la difesa inadeguatezza della motivazione della ordinanza impugnata sull’attualità delle esigenze di pericolosità sociale rispetto alle argomentazioni contenute nell’atto di appello e nella memoria depositata.
Sono state depositate memorie degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori del ricorrente.
3.1 Con memoria del 07/01/2025 Ł stato sollevato un motivo nuovo, a sostegno del primo e del quarto motivo di ricorso, con il quale si deduce che era stato definito il giudizio abbreviato richiesto da alcuni dei coimputati del ricorrente, con dispositivo che aveva escluso le circostanze aggravanti di cui agli artt. 74, comma 4, d.P.R. n. 309/1990, 416-bis.1 e 61-bis cod. pen.
3.2 Con memoria del 24/01/2025 si ribadisce, innanzitutto, la inesistenza delle preclusioni connesse al giudicato cautelare, per poi affermare che il ricorrente non potrà essere ritenuto responsabile della condotta finalizzata alla individuazione dei container ed alla esfiltrazione della droga dal porto di Gioia Tauro, come contestata ai capi 9, 10 ed 11 della rubrica, dovendosi invece limitare la contestazione dei reati-fine al solo episodio sub 10, non anche agli episodi sub 9 e 11, giacchŁ questi ultimi addebitano al ricorrente attività – di individuazione del container da svuotare della cocaina contenuta al suo interno e di consegna ai committenti – mai compiuta dal ricorrente; limitazione che poi dovrebbe anche far ritenere inidonea la adesione al sodalizio criminale per difetto della stabilità del suo contributo di partecipazione.
La difesa richiama, in proposito, i nuovi elementi prodotti nel presente incidente cautelare, vale a dire la attestazione della autorità portuale del 18/10/2023 secondo cui il ricorrente non era mai stato in possesso di badge elettronico di accesso all’area portuale, nonchØ la consulenza Zonaro del 24/06/2024 finalizzata a dimostrare che, nel periodo 14-21/12/2020, il telefonino utilizzato dal ricorrente non avrebbe agganciato celle prossime all’area portuale di Gioia Tauro; risultanze conformi al dichiarato di tre dipendenti dalla ditta RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, Aricò), assunti a s.i.t. in sede di indagini difensive. Detti nuovi elementi comprovavano che al ricorrente non potevano essere attribuite attività di identificazione dei container dove era custodita la droga e di esfiltrazione dal porto di Gioia Tauro, poichØ dette attività avrebbero imposto l’ingresso di costui nel porto di Gioia Tauro.
La difesa richiama, inoltre, il dispositivo di sentenza allegato al motivo nuovo, con il quale sono state escluse, nei confronti degli originari coimputati che avevano optato per il rito abbreviato, la circostanza aggravante della transnazionalità e quella di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Quanto all’attualità delle esigenze cautelari, la difesa richiama, oltre alla emissione del decreto che dispone il giudizio, l’intervenuto sequestro della ditta del fratello del ricorrente, ormai inattiva dal 2022, sicchŁ non potevano riproporsi le condizioni che avevano indotto il ricorrente alla commissione di condotte costituenti reato, per cui sostiene che il regime di presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. ben potrebbe essere derogato nel caso in esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł manifestamente infondato.
Giova innanzitutto premettere che il Tribunale di Palmi, nella ordinanza ex art. 299 cod. proc. pen., dà atto dell’intervenuto rinvio a giudizio del ricorrente, per i reati in ordine ai quali si procede. Si deve allora ricordare, sul punto, come al giudice – chiamato a decidere in ordine alla richiesta di riesame di una misura cautelare personale – non sia preclusa la valutazione circa la sussistenza della necessaria gravità indiziaria, a causa della sopravvenienza del rinvio a giudizio dell’imputato, per il reato in ordine al quale tale misura Ł stata applicata. E ciò anche all’esito delle successive modificazioni, apportate alla disciplina dell’udienza preliminare, non risultando alterata l’ampiezza della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 309 cod. proc. pen., affermata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 71/1996 (Sez. U, n. 39915 dei 30/10/2002, Vottari, Rv. 222602).
Occorre, inoltre, delimitare l’ambito entro il quale deve essere effettuato il giudizio da parte del giudice di appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di revoca di misura cautelare personale.
¨ principio ormai consolidato quello secondo cui la decisione del giudice investito del gravame avverso l’ordinanza con la quale Ł stata rigettata la richiesta di revoca della misura cautelare Ł vincolata, oltre che dall’effetto devolutivo proprio di questo tipo di impugnazione, anche dalla natura del provvedimento impugnato, del tutto autonomo rispetto a quello impositivo della misura stessa; con la conseguenza che il Tribunale non Ł tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o ad escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (tra le altre, Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282292; Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Antignano, Rv. 266676).
La sua cognizione, quindi, non può superare i confini tracciati dai motivi, anche dalla natura del provvedimento impugnato, che Ł del tutto autonomo rispetto all’ordinanza genetica, non dovendo riesaminare la questione della sussistenza delle condizioni dì applicabilità della misura, ma stabilire se il provvedimento gravato sia immune da violazioni di legge ed adeguatamente motivato in relazione all’eventuale allegazione di fatti nuovi, fermo restando il dovere di revocare la misura al venir meno delle condizioni di sua applicabilità (Sez. 2, n. 1134 del 22/02/1995, COGNOME, Rv. 201863).
Alla luce di tali condivise premesse ermeneutiche, deve rilevarsi che, rispetto ai primi tre motivi del ricorso, da valutarsi congiuntamente perchØ connessi, l’ordinanza impugnata non presta il fianco a censure di irragionevolezza e di omessa motivazione.
4.1 Diversamente da quanto sostenuto in ricorso, il Tribunale rileva che l’elemento di novità sottoposto dalla difesa, vale a dire la consulenza di parte secondo la quale il cellulare in uso al ricorrente non avrebbe agganciato, nei giorni e nelle ore antecedenti alla esfiltrazione della sostanza stupefacente, l’area portuale, da porre in relazione alla attestazione dell’Autorità portuale di Reggio Calabria del 18/10/2023 e alle s.i.t. in atti, non rappresenta elemento idoneo ad incidere sul quadro cautelare, richiamando in proposito le affermazioni contenute nell’ordinanza genetica e in quella del Tribunale, in sede di riesame, su cui si era formato il giudicato cautelare, in forza delle quali il ricorrente, in cooperazione con il fratello NOME e sfruttando la ditta di quest’ultimo impegnata nella organizzazione del ritiro dei containers in uscita dal porto di Gioia Tauro, provvedeva alla contraffazione dei sigilli da apporre ai containers in uscita dal porto carichi di sostanza stupefacente del tipo cocaina. In proposito, il Tribunale richiama, nel dettaglio, i contenuti delle chat relativamente ai capi 9, 10 e 11 contestati al ricorrente, laddove quest’ultimo, con il soprannome di ‘Gladiatore’, rappresentava il referente per la predisposizione dei sigilli da apporre sui containers, ai fini della buona riuscita delle operazioni di trasbordo della droga, evitando di essere scoperti nella fase di controllo dei containers, comunicando, di volta in volta, a tutti i partecipanti della chat, l’ultimazione dei sigilli. Il Tribunale, a questo punto, senza cadute logiche, spiega come un’attività del genere non richieda l’accesso all’interno del porto di Gioia Tauro e che, del resto, la mancanza di un adeguato controllo e di un’attenta gestione dell’area portuale, come riscontrate a seguito dell’attività di indagine, non avrebbe potuto escludere l’accesso al porto del Papalia, senza formale registrazione del suo accesso. NØ può sostenersi, come fa il ricorrente, che, relativamente ai capi 9 e 11, l’ordinanza impugnata risulterebbe lesiva degli artt. 516 ss. cod. proc. pen., dal momento che l’attività materialmente svolta dal ricorrente era finalizzata ad assicurare l’uscita dei carichi di cocaina dal porto di Gioia Tauro, sicchŁ egli contribuiva in modo significativo proprio a consentire che i containers contenenti le partite di stupefacente superassero indenni la fase dei controlli per la buona riuscita delle operazioni di trasbordo: in altri termini, il fine ultimo della condotta del ricorrente, unitamente a quella del fratello, al di là delle azioni materialmente compiute, era quello che la
sostanza stupefacente, giunta a bordo delle navi nel porto di Gioia Tauro, fosse condotta all’esterno del porto attraverso containers muniti di sigilli appositamente predisposti e, infine, consegnata ai destinatari finali.
4.2 Quanto alla doglianza relativa alla mancanza di stabilità dell’apporto del ricorrente al sodalizio criminoso, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, le affermazioni del Tribunale sono pienamente congrue, laddove precisano non solo che proprio la contraffazione dei sigilli era dimostrativa, oltre che del ruolo svolto nei reati-fine contestati, anche del contributo fornito all’intera organizzazione, in maniera consapevole e sistematica, in plurimi episodi di trasbordo di ingenti quantità di cocaina proveniente dal Sud America, essendo peraltro inserito nelle chat con soggetti che rivestivano un ruolo significativo nell’associazione; ma ribadiscono anche che proprio tale funzione rivestiva carattere di stabilità, ricevendo specifiche sollecitazioni dagli altri soggetti inseriti nella chat, segnatamente da NOME COGNOME il quale, al fine di velocizzare la produzione di sigilli relativamente alla vicenda di cui al capo 11, consigliava al ricorrente di incentivare la produzione dei sigilli stessi da parte del soggetto che il ricorrente stesso aveva incaricato, garantendogli che avrebbe ricevuto settimanalmente incarichi dello stesso tipo. NØ, prosegue il Tribunale, il ristretto arco temporale in cui emerge il suo intervento nelle chat poteva far ritenere il suo contributo marginale o privo di stabilità, poichØ ciò non rappresentava un elemento di novità e, in ogni caso, rimarcando come, nella complessa e articolata macchina organizzativa finalizzata all’importo di ingenti partite di stupefacente, il ruolo svolto dal ricorrente era da reputarsi determinante, in ragione del compito affidatogli e riconosciutogli dai sodali.
4.3 Quanto alla doglianza relativa alla circostanza di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., che il ricorrente documenta essere stata esclusa, unitamente alle circostanze aggravanti di cui all’art. 74, comma 4, d.P.R. n. 309/1990 e 61-bis cod. pen., dal dispositivo di sentenza emesso dal G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria in ordine a quelle posizioni che avevano chiesto di procedere con il rito abbreviato, il Tribunale cautelare, oltre ad aver argomentato sulla configurabilità dell’aggravante, aveva comunque osservato carenza di interesse nel ricorrente ad ottenere l’esclusione della circostanza aggravante, considerato che l’eventuale esclusione di detta circostanza, in ragione delle imputazioni cautelari mosse, non avrebbe inciso sul termine massimo relativo alla fase successiva al decreto che dispone il giudizio.
Quest’ultima affermazione del Tribunale Ł in linea con la giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508), secondo cui sussiste l’interesse dell’indagato a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame che abbia ritenuto sussistente una circostanza aggravante ad effetto speciale, sempre che da questa conseguano immediati riflessi sulla valutazione della gravità del fatto ovvero sul computo della durata massima della custodia cautelare (Sez. 6, n. 7203 del 08/02/2013, Vuocolo, Rv. 254507; nello stesso senso, piø di recente, Sez. 5, n. 26561 del 17/05/2021, COGNOME, Rv. 281655). Va allora precisato che, nel caso di specie, l’interesse a stabilire se le aggravanti contestate sussistano o meno non sarebbe rinvenibile con riferimento ai termini di durata della custodia cautelare, in considerazione del fatto che, in fase, la semplice contestazione del reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/1990, rimasta inalterata, comporta il ricorso al termine piø lungo; nØ il ricorrente ha fornito deduzioni in merito. Per altro verso, l’affermazione del ricorrente, contenuta in memoria, secondo cui l’esclusione di detta aggravante, unitamente a quella della transnazionalità, abbia compresso il quadro di gravità indiziaria a suo carico Ł smentita dal Tribunale cautelare che, anche indipendentemente dalla circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., ha rimarcato la sussistenza di un quadro cautelare rilevante posto a fondamento del trattamento cautelare in corso, sul quale si Ł formato il giudicato cautelare. Del resto, la circostanza aggravante di cui all’art. 61-bis cod. pen. non Ł stata esclusa con riferimento ai reati-fine contestati al ricorrente.
Non risulta, infine, che le doglianze di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309/1990, sulla base del non contestato riepilogo dei motivi dell’appello cautelare, abbiano formato oggetto di specifica censura di fronte al Tribunale in funzione di giudice di appello.
Manifestamente infondata Ł pure l’ulteriore doglianza nella parte in cui lamenta la sussistenza dell’attualità delle esigenze di pericolosità sociale e la possibilità di deroga alla disposizione di cui all’art. 275 cod. proc. pen. sulla base della intervenuta emissione del decreto che dispone il giudizio, nonchØ dell’intervenuto sequestro della ditta del fratello del ricorrente, ormai inattiva dal 2022, avendo l’ordinanza impugnata, con motivazione logica e completa, dato atto della emersione di un significativo apparato organizzativo criminale, in territorio nazionale ed europeo, dedito al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, con la conseguenza che persisteva il pericolo attuale e concreto di reiterazione del reato, non scalfito dalla circostanza che la RAGIONE_SOCIALE, sottoposta a sequestro, non svolgesse piø attività all’interno del porto di Gioia Tauro, nØ dalla incensuratezza del ricorrente, ben potendo quest’ultimo, in caso di applicazione di misura non carceraria, riprendere i contatti con i sodali o con soggetti operanti nel medesimo settore, in tal modo reinserendosi in contesti criminosi e ponendo in essere condotte delittuose analoghe. Pertanto, il Tribunale di Reggio Calabria logicamente conclude ribadendo l’operatività della duplice presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in un quadro cautelare immutato e coperto dal giudicato cautelare, con l’unico elemento di novità costituito dal decorso del tempo dal momento di applicazione della misura cautelare, elemento di per sØ neutro ove non accompagnato da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità (Sez. 3, n. 46241 del 20/09/2022, V., Rv. 283835), nella fattispecie assenti.
6. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
Alla cancelleria spettano gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 31/01/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME