Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44028 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44028 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Vibo Valentia 1’11/08/1979;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice del riesame, del 17/07/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito il difensore avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
sentito il difensore avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catanzaro ha accolto solo parzialmente la richiesta di riesame ex art. 309 cod. proc. pen. avanzata nell’interesse di NOME COGNOME (classe ’79) avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 4 giugno 2024 che aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere in quanto gravemente indiziato dei delitti di associazione di stampo mafioso (capo A), triplice omicidio aggravato dal metodo mafioso (capo B), lesioni aggravate (capo C) e quello di cui all’art. 513-bis cod. pen. (capo Z, illecita concorrenza con minaccia e violenza), annullando l’ordinanza genetica con riferimento al capo C) per difetto di querela e quanto al capo Z) per mancanza di gravi indizi di colpevolezza, confermandola per il resto (capi A e B della imputazione provvisoria).
Avverso la predetta ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione mediante due distinti atti di impugnazione.
L’atto di ricorso a firma dell’avv. NOME COGNOME è affidato a due motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. p con esso si insiste per l’annullamento del provvedimento impugnato.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 110, 575 cod. pen., 192 e 273 del codice di rito ed il relativo vizio di motivazione mancante e manifestamente illogica.
Al riguardo osserva che l’ordinanza ha confermato la sussistenza della gravità indiziaria a suo carico rispetto alla imputazione provvisoria sub B), vale a dire al suo concorso nella c.d. ‘strage dell’Ariola’ come mandante, senza rispettare i principi che regolano la valutazione della chiamata in correità e reità, l’individuazione dei gravi indizi di reato e senza fornire una adeguata risposta agli argomenti sviluppati dalla difesa con la memoria depositata per la udienza di riesame. In particolare, il ricorrente evidenzia che l’ordinanza impugnata non ha fornito un corretto ed esaustivo giudizio di credibilità e attendibilità d collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni sono state valorizzate a suo carico che in essa manca la corretta valutazione degli elementi investigativi rilevanti al fine di confermare o meno l’attendibilità dei propalanti stessi.
Inoltre, il Tribunale di Catanzaro non ha risposto alle specifiche eccezioni contenute nella memoria difensiva proprio rispetto alla attendibilità dei collaboratori con particolare riferimento a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ed alle discordanze esistenti tra i rispettivi narrati rispetto al pluri
omicidio oggetto della imputazione provvisoria sub B) ed alla partecipazione ad esso dell’odierno ricorrente.
3.2. Con il secondo motivo l’indagato lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione ed erronea applicazione dell’art. 416bis cod. pen. e degli artt. 192 e 273 del codice di rito ed il relativo vizio motivazione mancante e manifestamente illogica rispetto alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo (capo A della imputazione provvisoria); al riguardo osserva che il Tribunale di Catanzaro ha confermato la sussistenza della associazione di stampo mafioso ed il suo ruolo di vertice, senza tenere conto e dare risposta alle specifiche eccezioni contenute nella citata memoria difensiva.
In particolare, l’ordinanza impugnata ha omesso di valutare se – tenuto conto del precedente accertamento della sussistenza di una associazione della medesima natura avvenuto nel processo c.d. ‘Luce nei boschi’ – sussistevano elementi a suo carico anche nel periodo successivo al precedente procedimento che, nei suoi confronti, giungeva al 14 giugno 2013; al contrario, il Tribunale si è limitato a richiamare le dichiarazioni dei vari collaboratori di giustizia e le intercettazion senza accertare la concreta sussistenza di elementi di natura indiziaria circa la partecipazione dell’odierno ricorrente all’associazione di stampo mafioso nel periodo successivo a quello sopra indicato e, soprattutto, senza dare risposta alle specifiche eccezioni contenute nella memoria depositata in sede di riesame.
L’atto di ricorso a firma degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME è affidato a tre motivi, con i quali si insiste per l’annullamento dell ordinanza del Tribunale di Catanzaro.
4.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 125, comma 3, 273, 546, comma 1, lett. e) del codice di rito e 575 cod. pen. ed il relativo vizio di motivazione con riferimento al capo B) della rubrica provvisoria. In particolare sottolinea l’omessa valutazione, da parte del Tribunale, della memoria difensiva più volte citata con la quale erano state evidenziate, in modo specifico, le numerose discrasie delle dichiarazioni dei collaboratori rispetto al coinvolgimento di NOME COGNOME nel plurimo omicidio considerato che egli, all’epoca, era detenuto in carcere e, soprattutto, tenuto conto della totale mancanza di elementi di natura indiziaria a conferma della sua partecipazione al delitto in qualità di organizzatore e mandante dello stesso.
4.2. Con il secondo motivo l’indagato lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 125, comma 3, 273, 546, comma 1 lett. e). del codice di rito e 416-bis, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, cod. pen.
(capo A della imputazione provvisoria) ed il relativo vizio di motivazione; egli osserva che il Tribunale ha confermato la partecipazione al sodalizio mafioso con ruolo verticistico sulla base del triplice omicidio di cui al capo B) nonostante esso sia avvenuto nel 2003 e quindi in un periodo già coperto dal giudicato relativo al procedimento c.d. ‘Luce nei boschi’. Inoltre, evidenzia l’assoluta mancanza di elementi indiziari circa la sua partecipazione all’associazione di stampo mafioso non avendo egli prestato alcun contributo seriamente apprezzabile in termini dinamici e dato che tale inesistente contributo non era comunque essenziale ed infungibile, come invece richiesto dalla giurisprudenza in materia.
4.3. Con il terzo motivo NOME COGNOME censura, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 125, comma 3, 546, comma 1 lett e), 274 e 275, comma 3, del codice di rito ed il relativo vizio di motivazione rispetto alle ritenute sussistenti esigenze cautelari a suo carico, nonostante il fatto che gli indizi a suo carico risalgono al 2018, che il tripli omicidio risale ad oltre venti anni addietro e la mancata indicazione di concreti elementi a conferma del pericolo di reiterazione del reato.
Nel corso della udienza in camera di consiglio le parti hanno concluso nei termini sopra indicati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Preliminarmente deve ribadirsi che la verifica che viene compiuta in questa sede non riguarda la ricostruzione dei fatti, né può comportare la sostituzione dell’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e rilevanza dei dati probatori, dovendosi dirigere verso il controllo che il giudice d merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza o meno della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governar l’apprezzamento delle risultanze analizzate (Sez. U n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828), nel provvedimento genetico, purché le deduzioni difensive non siano potenzialmente tali da disarticolare il ragionamento probatorio proposto nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, non potendo in tal caso la motivazione per relationem fornire una risposta implicita alle censure formulate.
1.1. All’esito del riesame dell’ordinanza applicativa di una misura cautelare, è legittima la motivazione che richiami (o riproduca) le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato in assenza di specifiche deduzioni difensive, formulate con l’istanza originaria o con successiva memoria, ovvero articolate oralmente in udienza, tali da rendere funzionalmente inadeguata la relatio su cui
il richiamo si è basato (Sez. 1, n. 8676 del 15/01/2018, COGNOME, Rv. 272628; Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265765).
1.2. In questa prospettiva si può ritenere senz’altro legittima la riproposizione anche di parti del provvedimento applicativo nell’ordinanza resa all’esito del riesame, sempre che, tuttavia, tale tecnica espositiva sia affiancata dalla dovuta analisi dei contenuti e dall’esplicitazione delle ragioni alla base del convincimento espresso in sede decisoria (Sez. 2, n. 13604 del 28/10/2020, dep. 2021, Torcasio, Rv. 281127).
Premesso quanto sopra, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
2.1. Con riferimento alla imputazione provvisoria riguardante il sopra indicato triplice omicidio (capo B della imputazione provvisoria), l’ordinanza impugnata (come anche quella genetica) ha ricostruito i fatti nei seguenti termini; alle ore 12:10 del 25 ottobre 2003 i Carabinieri di Vibo Valentia venivano avvertiti telefonicamente da NOME COGNOME che, poco prima, in località INDIRIZZO‘ sita nella frazione INDIRIZZO del comune di Gerocarne (Vibo Valentia), ignoti avevano esploso colpi di arma da fuoco all’indirizzo suo e di altre tre persone che si trovavano con lui a bordo di un’autovettura. Due persone erano già decedute, mentre lui stesso ed un altro soggetto erano gravemente feriti.
Giunti sul posto i militari dell’Arma avevano rinvenuto la presenza, al centro della carreggiata, di un’auto fuoristrada Mitsubishi Pajero di colore bianco attinta da numerosi colpi di arma da fuoco principalmente nella parte anteriore; nell’abitacolo vi erano i cadaveri di NOME COGNOME e di NOME COGNOME seduti, rispettivamente, al lato guida e al lato passeggero. Poco prima dell’arrivo dei Carabinieri era giunta una ambulanza del servizio 118 che aveva prestato le prime cure ad un giovane sdraiato sul ciglio stradale (identificato per NOME COGNOME, il quale era gravemente ferito alla testa e che sarebbe poi deceduto nella stessa giornata presso l’ospedale civile di Catanzaro dove era stato nel frattempo portato per le cure del caso. NOME NOME COGNOME che aveva allertato le forze di polizia risultava invece ferito in modo meno grave. A seguito dei rilevamenti effettuati dagli investigatori era stato possibile accertare che all’indirizzo dell’autovettura sopra indicata (in uso a NOME COGNOME) erano stati esplosi quattordici colpi di fucile cal.12 a pallettoni; gli assalitori, nascosti all’interno della vegetazi presente sul margine sinistro della strada percorsa dal Mitsubishi Pajero, avevano dapprima esploso una serie di colpi da posizione defilata in modo che esso si fermasse al centro della carreggiata, per poi avvicinarsi ed esplodere altri colpi in direzione dei due COGNOME all’altezza del volto. I risultati scientifici evidenziavan che a fare fuoco erano stati almeno tre soggetti armati di due fucili semiautomatici
da caccia cal. 12 e di un fucile da caccia del medesimo calibro; inoltre, un altro soggetto aveva provveduto al recupero dei sicari dopo l’agguato. Successivamente (il 4 febbraio 2004) gli investigatori avevano poi rinvenuto in una fitta zona boschiva, sita in località INDIRIZZO della frazione INDIRIZZO di Girocarne, poco distante dal luogo dell’agguato, i mezzi utilizzati dai sicari (due autovetture ed un ciclomotore) occultati tra la vegetazione nel fondo di un dirupo.
2.2. Il sopravvissuto NOME NOME COGNOME aveva riferito che, mentre si trovava a bordo del fuoristrada seduto nella parte posteriore, aveva udito dei colpi di arma da fuoco e che era riuscito ad abbandonare l’auto grazie alla rottura di un finestrino posteriore da parte del COGNOME che era seduto vicino a lui. Ciò nonostante COGNOME era stato raggiunto da alcuni proiettili, ma riferiva che uno dei sicari (vestito co abiti militari e con passamontagna), sebbene si fosse accorto che egli era ancora vivo, non aveva inteso finirlo.
Tale circostanza faceva ritenere agli investigatori che l’obiettivo dell’agguato erano unicamente i due COGNOME; l’episodio doveva quindi essere inquadrato nella lotta in corso per il controllo della c.d. ‘locale di Ariola’ tra le vittime e la f COGNOME nonché per la volontà dei fratelli NOME e NOME (classe ’79) COGNOME e del loro cugino NOME COGNOME (’83) di vendicare l’uccisione dei propri genitori (NOME ed NOME COGNOME) avvenuta negli anni ’80 per mano proprio dei COGNOME. Inoltre, esso era avvenuto pochi giorni dopo il tentato omicidio in danno di NOME COGNOME (soggetto vicino ai COGNOME, poi divenuto collaboratore di giustizia), i quale preoccupato per la propria sorte – subito dopo il triplice omicidio – aveva cercato di contattare NOME COGNOME (‘zio NOME‘) per risolvere la vicenda con i COGNOME (che, tra l’altro, erano anche suoi cugini).
Premesso quanto sopra, sulla questione del mancato esame delle memorie difensive depositate davanti al Tribunale del riesame e dei limiti della deducibilità del vizio in sede di legittimità va richiamato e ribadito il principio già espresso questa Corte secondo cui «l’omesso esame di una memoria difensiva da parte del Tribunale del riesame in materia di misure cautelari reali può essere dedotto in sede di ricorso per cassazione ex art. 325 cod. proc. pen. soltanto quando con la memoria sia stato introdotto un tema potenzialmente decisivo ed il provvedimento impugnato sia rimasto sul punto del tutto silente» (Sez. 2, n. 38834 del 07/06/2019, COGNOME, Rv. 277220). Si tratta di principio senz’altro suscettibile d estensione alla materia delle misure cautelari personali. Infatti, questa Corte ha, ulteriormente, precisato che «in tema di impugnazione di misure cautelari personali, l’omessa valutazione di una memoria difensiva da parte del giudice del riesame determina la nullità del provvedimento nel solo caso in cui siano in essa articolate specifiche deduzioni che non si limitino ad approfondire argomenti a
fondamento di quelle già prospettate ex art. 309, comma 6, cod. proc. pen., ma contengano autonome e inedite censure del provvedimento impugnato, che rivestano carattere di decisività» (Sez. 5, n. 11579 del 22/02/2022, Adiletta, Rv. 282972).
3.1. Altro arresto ha operato la precisazione secondo cui «in tema di ricorso per cassazione, l’omesso esame di una memoria difensiva da parte del Tribunale del riesame non può essere dedotto in sede di legittimità, salvo che introduca temi nuovi e questioni diverse potenzialmente decisive, non sussistendo un’omessa valutazione quando gli argomenti in essa sviluppati, sui quali il provvedimento impugnato sia rimasto silente, siano smentiti dal complessivo impianto motivazionale, in quanto logicamente incompatibili con la ricostruzione accertata e la valutazione formulata» (Sez. 5, n. 5443 del 18/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280670). In particolare, la seconda delle sentenze citate, alle quali si presta adesione, ha ricordato come l’omessa considerazione dei temi illustrati nella memoria difensiva, lungi da determinare una omessa pronuncia (nel quale caso il vizio sarebbe quello della nullità del provvedimento impugnato), può determinare, invece, un vizio della motivazione laddove implichi l’esame di un argomento potenzialmente decisivo che, tuttavia, sia stato pretermesso. Dalla struttura disegnata dal codice di procedura penale relativamente al procedimento di riesame è stato segnalato come la richiesta sia ammissibile anche quando venga omessa l’indicazione di alcun motivo e come sia consentita la presentazione di motivi inediti fino all’inizio della discussione.
3.2. L’art. 309, comma 9, cod. proc. pen. impone, inoltre, al Tribunale di decidere anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza. Da ciò è stato desunto che «nell’economia del giudizio di riesame le memorie tempestivamente presentate possono legittimamente assumere una funzione che trascende quella del mero sviluppo argomentativo delle deduzioni contenute nell’atto di impugnazione, traducendosi nell’effettivo strumento per veicolare queste ultime» (Sez. 5, n. 11579 del 22/02/2022, Adiletta, Rv. 282972).
Occorre, dunque, avere riguardo al contenuto delle memorie per verificare se le stesse contengano deduzioni difensive potenzialmente destrutturanti rispetto all’impostazione del provvedimento impugnato o ulteriori rispetto a quanto illustrato con l’atto introduttivo del procedimento di riesame.
Orbene, nel caso di specie la memoria (allegata al presente ricorso e parzialmente riprodotta anche nella impugnazione), come si vedrà in seguito, non sollevava censure di carattere destrutturante rispetto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai due reati sopra indicati, alle quali il Tribunale d riesame ha comunque fornito adeguata risposta.
4.1. In particolare, rispetto al primo motivo dell’atto di ricorso a firma dell’av COGNOME, deve ribadirsi che, nella valutazione della chiamata in correità o in reità, il giudice, ancora prima di accertare l’esistenza di riscontri esterni, de verificare la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità oggettiva d sue dichiarazioni, ma tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando l’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., in proposito, alcuna specifica tassativa sequenza logico-temporale. (Sez. 4, n. 34413 del 18/06/2019, Rv. 276676 – 01).
Al riguardo si osserva che le fonti conoscitive del COGNOME (che certamente riferisce un dato non corrispondente alla realtà nella misura in cui colloca sulla scena del delitto un soggetto in quel momento detenuto) sono NOME (e non NOMECOGNOME ed il COGNOME; rispetto alle dichiarazioni del propalante il ricorso si li a richiamare genericamente la memoria come parte integrante dell’atto di impugnazione, a fronte di una valutazione dell’ordinanza che si occupa delle denunciate discrasie del narrato, senza puntualmente indicare i dati oggetto delle dichiarazioni che scalzerebbero la logicità delle argomentazioni.
Invero, la ‘ratio decidendi’ della ordinanza impugnata si GLYPH fonda sulle dichiarazioni dirette di NOME COGNOME (rispetto alla cui attendibilità le criti contenute a pag. 10 del ricorso risultano del tutto generiche) ed al contesto che vede tra l’altro, NOME e NOME COGNOME – assieme a NOME COGNOME condannati in via definitiva per il tentato omicidio di NOME COGNOME.
Quest’ultimo (parente dei COGNOME, ciò che razionalmente spiega rapporti conservati nonostante le tensioni criminali che emergono nelle vicende nel presente procedimento), nell’immediatezza del triplice omicidio sub B), aveva correlato tale episodio al tentato omicidio ai suoi danni ed aveva chiesto l’intervento dei parenti dei COGNOME (in particolare di ‘zio NOME‘) in un’ottica di ricomposizione e di rasserenamento dei rapporti; tutto ciò determina la ragionevolezza di ciò che altrimenti parrebbe singolare, vale a dire il fatto che il COGNOME (vicino ai COGNOME, antagonisti dei COGNOME) aveva parlato con NOME COGNOME classe ’83. Rispetto poi alla attendibilità di NOME COGNOME, il Tribunale, in modo non manifestamente illogico, ha evidenziato che egli era comunque a conoscenza del calibro del fucile utilizzato e che aveva riferito rispetto all posizione di NOME COGNOME (fratello dell’odierno ricorrente); in tale contesto, inoltre, la mancata menzione delle dichiarazioni di NOME COGNOME, quanto al luogo nel quale i COGNOME avrebbero trovato rifugio dopo il triplice omicidio, in disparte ogni altro rilievo ritraibile dal puntuale esame dell’ordinanz
genetica, riveste un ruolo assolutamente secondario dato che, in ogni caso, riguarda una fase successiva alla strage anzidetta.
Del tutto genericamente nel ricorso si accenna poi all’omessa valutazione della memoria rispetto al contenuto dell’intercettazione che avrebbe dovuto confermare la disposizione di NOME COGNOME (classe ’79) – per mezzo della compagna – al fratello NOME di accelerare l’esecuzione dell’agguato in questione; infatti, i ricorrente non tiene conto del fatto che gli elementi indiziari a suo carico non sono stati fondamentalmente desunti dal contenuto della predetta conversazione telefonica, ma piuttosto da quanto riferito in modo convergente da NOME COGNOME (rispetto a quanto da lui appreso direttamente da NOME COGNOME) e da NOME COGNOME circa il ruolo di mandante ricoperto da NOME COGNOME classe ’79, di talché il contenuto della conversazione telefonica – quale che ne sia l’interpretazione nel contesto della vicenda – non riveste carattere scardinante rispetto alle argomentazioni adottate dal Tribunale di Catanzaro sul punto.
4.2. In ordine alle censure contenute nell’atto di ricorso a firma degli avv.ti COGNOME e COGNOME occorre poi aggiungere che non vi sono dichiarazioni di collaboratori di giustizia ‘sostanzialmente’ liberatorie nei confronti dell’odiern ricorrente in ordine al reato sub B).
Invero, l’indagato si sofferma su quanto riferito da NOME COGNOME senza, però, tenere conto che quest’ultimo, come detto sopra, non è in possesso di fonti dirette di conoscenza, rappresentando piuttosto un elemento del gruppo opposto a quello dei COGNOME e privo degli specifici legami (parentali) che aveva il COGNOME. D’altra parte, nello stesso ricorso viene riconosciuta la inattendibilità delle notiz ricevute dal COGNOME, dato che egli aveva indicato NOME COGNOME classe ’79 come uno degli esecutori materiali della strage dell’Ariola, nonostante egli all’epoca si trovasse in carcere.
Quanto poi ai dubbi sollevati (a pag. 6 del ricorso) rispetto alla attendibilità d NOME COGNOME si osserva che essi non sono specifici e che, comunque, riguardano un differente episodio (omicidio di NOME COGNOME); rispetto al cambio di versioni, in ordine al fatto che nel 2021 COGNOME dubita dell’estraneità di NOME COGNOME classe’ 83 all’omicidio sub B), si osserva che si tratta, appunto, di congetture che possono acquisire rilievo solo nella ipotesi in cui i dati obiettivi s cui esse si fondano possono avere rilievo dimostrativo. Pertanto, non si tratta di una progressione dichiarativa, quanto piuttosto dell’esposizione di una valutazione personale che, di per sé, non riveste valore.
Con riferimento alla circostanza che NOME COGNOME sia andato a trovare il COGNOME in ospedale (dopo avere preso parte al tentato omicidio in danno di quest’ultimo), non si comprende perché tale racconto sarebbe incompatibile con il
fatto che il primo, secondo NOME COGNOME si sarebbe rifugiato in Puglia non emergendo, neppure sul piano delle deduzioni, dal ricorso in quale momento ciò era avvenuto.
Rispetto alla telefonata intercorsa tra NOME COGNOME e la compagna dell’odierno ricorrente si richiama quanto esposto, al riguardo, in precedenza con riferimento all’atto di ricorso a firma dell’avv. COGNOME.
Parimenti infondate sono le censure riguardanti l’imputazione provvisoria sub A), vale a dire la partecipazione – con ruolo di vertice – alla associazione di stampo mafioso denominata locale dell’Ariola, ‘ndrina COGNOME a partire dal 14 giugno 2013, come segmento successivo a quello giudicato con sentenza irrevocabile che aveva riconosciuto i fratelli NOME e NOME (classe ’79) COGNOME colpevoli, mentre aveva assolto NOME COGNOME (classe ’83).
5.1. Al riguardo deve ricordarsi che ai fini dell’integrazione della condotta di partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso, l’investitura formale o la commissione di reati-fine funzionali agli interessi dalla stessa perseguiti non sono essenziali, in quanto rileva la stabile ed organica compenetrazione del soggetto rispetto al tessuto organizzativo del sodalizio, da valutarsi alla stregua di una lettura non atomistica, ma unitaria, degli elementi rivelatori di un suo ruolo dinamico all’interno dello stesso (Sez. 5, n. 4864 del 17/10/2016, dep. 2017, Rv. 269207 – 01).
5.2. A quanto sopra deve aggiungersi che, nell’ambito del processo ‘RAGIONE_SOCIALE‘ l’odierno ricorrente è stato riconosciuto (con sentenza irrevocabile) colpevole del reato ex art. 416-bis cod. pen., con condanna ad anni otto e mesi quattro di reclusione, per avere fatto parte della medesima associazione per delinquere di stampo mafioso sino al 14 maggio 2013 (data della sentenza di primo grado del relativo procedimento, per il quale vi era stata una contestazione c.d. ‘aperta’).
Come noto in tema di associazione mafiosa, i gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare possono dedursi dalla precedente condanna del soggetto per l’adesione al medesimo sodalizio e dal ruolo assunto all’interno dell’organizzazione, valutati congiuntamente agli ulteriori elementi acquisiti a sostegno della perdurante partecipazione relativamente al periodo successivo a quello cui è riferita la condanna (Sez. 6, n. 3508 del 24/10/2019, dep. 2020 , Rv. 278221 01).
5.3. Orbene, il Tribunale di Catanzaro ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico di NOME COGNOMEclasse ’79) dando risalto, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, alla sua precedente condanna per Io stesso reato, per le dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia che lo hann
concordemente indicato come soggetto posto al vertice del sodalizio criminoso unitamente al fratello NOME.
Inoltre, il Tribunale del riesame, in modo non contraddittorio, ha valorizzato le varie captazioni ambientali dalle quali è risultato che l’odierno ricorrente dava indicazioni all’ omonimo cugino rispetto alla corresponsione di cinquemila euro alla moglie di uno degli associati (NOME COGNOME) a dimostrazione del ruolo di rilievo da lui assunto; analogamente i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato sono stati desunti dalla vicenda (di cui al capo C della imputazione provvisoria) verificatasi nel settembre 2018, nella quale NOME COGNOME non aveva esitato a picchiare violentemente un giovane di un altro paese che, recatosi in Arena, aveva rifiutato il suo invito a consumare qualcosa al bar mancando, in tal modo, di rispetto alla figura dei due fratelli COGNOME che, in tal modo, hanno inteso ribadire la propria autorità ed il loro controllo sul territorio.
5.4. Il ricorrente quindi, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, suggerisce una non consentita differente lettura degli elementi indiziari rispetto a quella coerentemente svolta dal giudice a quo per confermare il ruolo funzionale dell’indagato per la realizzazione del programma criminoso a conferma proprio del suo inserimento nell’associazione con un ruolo di vertice.
Infine, risultano infondate le censure relative alla contestata sussistenza delle esigenze cautelari che, in considerazione dei reati oggetto di imputazione provvisoria, sono presunte per legge come ampiamente e logicamente motivato nel provvedimento impugnato. È opportuno rammentare che l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. pone una presunzione di pericolosità sociale che può essere superata solo quando sia dimostrato che l’associato ha stabilmente rescisso i suoi legami con l’organizzazione criminosa, con la conseguenza che al giudice di merito incombe l’esclusivo onere di dare atto dell’inesistenza di elementi idonei a vincere tale presunzione. Ne deriva che la prova contraria, costituita dall’acquisizione di elementi dai quali risulti l’insussistenza delle esigenze cautelari, si risolve nell ricerca di quei fatti che rendono impossibile (e perciò stesso in assoluto e in astratto oggettivamente dimostrabile) che il soggetto possa continuare a fornire il suo contributo all’organizzazione per conto della quale ha operato, con la conseguenza che, ove non sia dimostrato che detti eventi risolutivi si sono verificati, persiste la presunzione di pericolosità (Sez. 5, n. 48430 del 19/11/2004, COGNOME, Rv. 231281; Sez. 2, n. 45525 del 20/10/2005, P.M. in proc. Russo, Rv. 232781; Sez. 2, n. 305 del 15/12/2006, dep. 10/1/2007, Comisso, Rv. 235367; Sez. 6, n. 46060 del 14/11/2008, COGNOME, Rv. 242041; Sez. 5, n. 24723 del 19/5/2010, COGNOME Rv. 248387).
Si rammenta, inoltre, che l’elemento “decorso del tempo” può essere utilmente valutato ai fini di superare la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari solamente se e da quando risulti che l’indagato è receduto dall’associazione o che la stessa si è sciolta; in applicazione di tali principi, il Tribunale di Catanzaro h correttamente concluso circa l’inesistenza di dati storici rivelatori del recesso, da parte dell’ odierno ricorrente, del vincolo che lo lega al clan illustrando, nei termini sopra riportati, le ragioni a conferma della idoneità della sola custodia in carcere.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen; la cancelleria curerà gli adempimenti di cui alli art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’ art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2024.