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Misure cautelari: la Cassazione annulla con rinvio

Un pubblico ufficiale, accusato di associazione per delinquere e falso in relazione a sperimentazioni illecite su animali, aveva ottenuto la sostituzione degli arresti domiciliari con l’interdizione dai pubblici uffici. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’indagato, confermando la solidità degli indizi a suo carico. Ha però accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando l’ordinanza limitatamente alla scelta delle misure cautelari. Il caso è stato rinviato al Tribunale per una nuova valutazione, ritenendo la motivazione per l’attenuazione della misura non sufficientemente approfondita.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Cautelari e Reati contro la P.A.: La Cassazione Annulla la Sostituzione degli Arresti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28650/2025, è intervenuta su un complesso caso riguardante le misure cautelari applicate a un pubblico ufficiale indagato per gravi reati. La decisione fornisce importanti chiarimenti sui criteri di valutazione del pericolo di recidiva e di inquinamento probatorio, anche a seguito delle dimissioni dell’indagato dal proprio incarico. La Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza che sostituiva gli arresti domiciliari con una misura meno afflittiva, accogliendo il ricorso del Pubblico Ministero.

Il Contesto: Le Accuse di Associazione e Falso

L’indagine riguarda un presunto sodalizio criminale operante all’interno di un’università e dell’azienda sanitaria locale, finalizzato a commettere reati di corruzione, falso, truffa ai danni dello Stato e maltrattamento di animali. Al centro della vicenda vi era la gestione di stabulari per la sperimentazione animale. L’indagato, in qualità di responsabile del benessere animale e membro dell’organismo preposto a tale funzione (OPBA), è accusato di aver partecipato a un pactum sceleris per consentire sperimentazioni illecite.

Nello specifico, l’accusa contesta la falsificazione di verbali ispettivi e di pareri retrospettivi allegati a progetti di ricerca, attestando falsamente il rispetto delle normative sul benessere animale, la riduzione della sofferenza e il numero di animali impiegati. Tali condotte avrebbero garantito copertura a numerose irregolarità.

La Valutazione delle Misure Cautelari da parte del Tribunale

Inizialmente, all’indagato erano stati applicati gli arresti domiciliari. Successivamente, il Tribunale del Riesame, in parziale accoglimento dell’istanza difensiva, ha sostituito la misura con l’interdizione dai pubblici uffici. La motivazione si basava sulla presunta attenuazione delle esigenze cautelari, dovuta all’assenza di tentativi di depistaggio e alle dimissioni rassegnate dall’indagato dal suo ruolo di responsabile del benessere animale. Tuttavia, sia il Pubblico Ministero che la difesa dell’indagato hanno proposto ricorso in Cassazione avverso tale ordinanza.

Il Ricorso dell’Indagato

La difesa ha contestato la sussistenza della gravità indiziaria, in particolare per il reato associativo, e ha messo in dubbio la qualificazione dei pareri dell’OPBA come atti pubblici. Sosteneva inoltre che, a seguito delle dimissioni, non potesse più sussistere un concreto pericolo di reiterazione del reato.

Il Ricorso del Pubblico Ministero

Il PM, al contrario, ha sostenuto che il Tribunale avesse errato nel sottovalutare il pericolo di inquinamento probatorio e di recidiva. Ha evidenziato come la condotta dell’indagato e degli altri associati rivelasse una precisa strategia criminale e che la misura dell’interdizione non fosse sufficiente a recidere i legami con il sodalizio.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso dell’indagato. Ha confermato la solidità del quadro indiziario, fondato su documentazione, rapporti con altri indagati e la pluralità di falsi commessi. Ha ribadito che il ruolo ricoperto dall’indagato lo qualificava come pubblico ufficiale e che i pareri da lui vidimati, pur essendo interni, costituivano atti pubblici in quanto presupposti necessari di procedimenti successivi.

Di contro, la Corte ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero. La motivazione del Tribunale del Riesame sulla sostituzione delle misure cautelari è stata giudicata carente. Secondo la Cassazione, il Tribunale non ha adeguatamente considerato che il pericolo di recidiva non viene meno automaticamente con le dimissioni. Un soggetto può mantenere condotte antigiuridiche anche al di fuori di uno specifico incarico pubblico, sfruttando la sua posizione e le sue relazioni. Il semplice fatto di aver lasciato l’incarico non esclude la possibilità di commettere reati dello stesso tipo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia riafferma principi fondamentali in materia di misure cautelari per i reati contro la Pubblica Amministrazione. In primo luogo, le dimissioni da un incarico non sono di per sé sufficienti a neutralizzare il pericolo di recidiva se la posizione soggettiva dell’indagato e la rete di relazioni illecite rimangono intatte. In secondo luogo, la valutazione del giudice deve essere concreta e approfondita, non basata su automatismi, ma su un’analisi complessiva della condotta e del contesto in cui si inserisce. La Cassazione ha quindi annullato l’ordinanza, limitatamente alla scelta della misura, e ha rinviato gli atti al Tribunale di Catanzaro per un nuovo esame che tenga conto di questi principi.

Le dimissioni di un pubblico ufficiale indagato eliminano automaticamente il pericolo di recidiva?
No. La Corte ha stabilito che, anche dopo le dimissioni, può sussistere un rischio concreto che ulteriori reati dello stesso tipo siano resi probabili da una posizione soggettiva che consenta all’agente di mantenere, pur fuori dall’ambito di funzioni o incarichi pubblici, condotte antigiuridiche.

Un parere interno a un organismo pubblico è considerato un atto pubblico?
Sì. La sentenza conferma che qualsiasi documento compilato da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni per documentare la regolarità di adempimenti o circostanze di fatto è un atto pubblico, a prescindere dalla sua rilevanza esterna immediata, se offre un contributo di conoscenza o valutazione e si pone come presupposto di momenti procedurali successivi.

Perché la Cassazione ha annullato la decisione sulla misura cautelare pur confermando la gravità degli indizi?
La Corte ha ritenuto insufficiente e illogica la motivazione del Tribunale nel sostituire gli arresti domiciliari con una misura più lieve. Ha contestato la superficiale valutazione sull’affievolimento del pericolo di inquinamento probatorio e di recidiva, ordinando una nuova e più approfondita valutazione della misura più adeguata a recidere i legami con gli altri associati e a soddisfare le esigenze cautelari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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