Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28650 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28650 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro;
sui ricorsi proposti da nel procedimento a carico di NOME COGNOME nato a Cosenza il 20 febbraio 1962;
nonché da
COGNOME Ernesto nato a Cosenza il 20 febbraio 1962;
avverso l’ordinanza del 4 febbraio 2025 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente alla sostituzione della misura cautelare e per il rigetto del ricorso proposto dall’indagato;
uditi gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che, nell’interesse dell’indagato, hanno insistito per l’accoglimento del loro ricorso e per la dichiarazione d’inammissibilità di quello del Pubblico Ministero;
RITENUTO IN FATTO
1. Oggetto dell’impugnazione è l’ordinanza con la quale il Tribunale distrettuale di Catanzaro, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME ha sostituito, con l’interdizione dai pubblici uffici, l’originari misura degli arresti domiciliari, applicatagli dal giudice per le indagini preliminari per le esigenze cautelari di cui alle lett. a) e c) dell’art. 274 cod. proc. pen., relazione ai reati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, falso, truffa ai danni dello Stato, maltrattamento e uccisione degli animali (capo 1) e plurimi reati di falso, singolarmente contestati ai capi 17), 20), 25), 29), 36) e 37); tutte condotte, in ipotesi accusatoria, commesse dal ricorrente (nella qualità responsabile del benessere animale per lo stabulario di Roccelletta e di componente stabile dell’organismo preposto al benessere animale) in seno all’Università Magna Grecia di Catanzaro e all’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro e poste in essere con il precipuo fine di poter effettuare sperimentazioni illecite attraverso un pactum sceleris esistente tra i componenti dell’U.M.G. responsabili della gestione degli stabulari e i componenti dell’A.S.P. di Catanzaro designati ai controlli ispettivi presso le strutture, in forza del quale gli ispett omettevano totalmente l’effettuazione dei controlli (ancorché il d.lgs. n. 26 del 2014 prevedesse una cadenza almeno annuale degli stessi) o redigevano falsi verbali ispettivi, omettendo di rilevare le numerose criticità presenti.
Propongono ricorso il Procuratore della Repubblica e l’indagato.
Il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica si articola in due motivi d’impugnazione, connessi tra loro e formulati in termini di inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione, afferenti, entrambi, al solo profilo strettamente cautelare della persistenza delle esigenze e della scelta della misura da applicare.
Il Tribunale, si sostiene, avrebbe assertivamente fondato la sua valutazione sulla supposta assenza di tentativi di depistaggio e sulle sopravvenute dimissioni del Palma, omettendo, però, di valutare la specifica condotta d’inquinamento probatorio posta in essere proprio dal ricorrente (esplicitamente evidenziata nell’ordinanza applicativa), le parallele condotte poste in essere anche dagli altri associati (che davano conto di una precisa strategia dell’associazione e, quindi, della diffusività ed intensità del pericolo) e l’effettiva idoneità della misur concretamente applicata a recidere i legami con gli associati.
Il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato si compone di due motivi d’impugnazione
4.1. Il primo attiene alla sussistenza della gravità indiziaria e deduce la contraddittorietà della motivazione offerta dal Tribunale rispetto alle parallele decisioni assunte, in separati procedimenti, in relazione ad altre posizioni associative. In particolare, quella di NOME COGNOME (presidente dell’organismo preposto al benessere animale, del quale il Palma era solo componente), per la quale è stata esclusa la contestazione associativa, e quella, parallela, per la quale la misura è stata integralmente revocata, del COGNOME (con cui il COGNOME, in ipotesi accusatoria, avrebbe stretto un patto corruttivo). E venendo meno la contestazione associativa in capo al COGNOME, si sostiene, perderebbero di valenza probatoria anche le relative conversazioni intercettate (nelle quali, peraltro, il COGNOME non è mai interlocutore), sulle quali sarebbe stata fondata la sua responsabilità.
D’altronde, si continua, il titolo cautelare non spiega in alcun modo le ragioni della partecipazione del ricorrente al presunto sodalizio, non essendo il Palma colloquiante in alcuna conversazione intercettata rilevante ai fini investigativi e non avendo un ruolo specifico nei progetti di ricerca indicati nei capi di imputazione: non è veterinario e quindi non può prescrivere i relativi farmaci, è un medico che non partecipa ai progetti di ricerca e non fa sperimentazione su animali; né può essere ritenuto responsabile di pretesi malfunzionamenti dei sistemi, verifica estranea al ruolo ricoperto dal Palma di responsabile del benessere animale.
4.2. Il secondo attiene alla qualificazione in termini di atto pubblico del parere dell’OPBA (che completa la scheda di valutazione retrospettiva redatta dal Responsabile scientifico del progetto) e alla sussistenza delle (pur ritenute) esigenze cautelari, non potendosi logicamente ipotizzare che l’attività d’insegnamento (all’esito delle dimissioni rassegnate dall’organismo) sia una concreta possibilità di reiterazione del reato.
Il 7 e 22 giugno 2025, gli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato, ciascuno, una memoria difensiva con la quale, ulteriormente argomentando, insistono per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato è, complessivamente, infondato.
1.1. Il primo profilo in contestazione attiene, per come detto, alla sussistenza della gravità indiziaria in relazione al reato associativo e ai singoli reati di falso oggetto dell’incolpazione provvisoria.
La contestazione associativa viene fondata, dal Tribunale, sulla documentata partecipazione alle “riunioni” (effettuate sul balcone per non essere intercettati), sui rapporti intrattenuti con i veterinari dell’ASP e sulla pluralità delle condotte d falso (oggetto di separate contestazioni e commesse in coerenza con il ruolo assegnato), attraverso le quali venivano coperte le irregolarità realizzate dal gruppo per gli scopi prefissati ed aventi per oggetto la documentazione relativa ai progetti ministeriali (nn. 956 e 957 del 2017 e 368 e 747 del 2018) e le relative attestazioni ivi contenute (quanto all’adozione di tutte le procedure necessarie per ridurre al minimo qualsiasi tipo di sofferenza e dolore, all’applicazione dei protocolli di valutazione del benessere degli animali, per i progetti nn. 956 e 957, e al numero di animali effettivamente utilizzato, per i progetti 368 e 747 del 2018). E, nell’economia complessiva delle vicende, NOME COGNOME risponde delle condotte oggetto del capo d’incolpazione provvisoria per aver vidimato in quanto RBA (responsabile per il benessere animale) nonché membro dell’OPBA (organismo preposto al benessere animale) il parere retrospettivo che accompagna (ai sensi dell’art. 32 del d. Igs. n. 26 del 2014) la relazione redatta dal responsabile del progetto scientifico, che viene inviata al Ministero della Salute. Pareri che sono risultati falsi essendo stato accertato, nelle procedure afferenti ai progetti 956 e 957, la palese violazione della normativa vigente (e dalle conversazioni intercettate è stata desunta la piena consapevolezza che di tanto avevano gli associati e, in particolare, il COGNOME, che di tali condizioni veniva notiziato espressamente dal COGNOME, dipendente dell’UMG) e, nei progetti del 2018, invece, la falsa attestazione in ordine al numero di animali coinvolti.
Ciò premesso, le censure sollevate dalla difesa dell’imputato sono tutte infondate. Analizzandole partitannente:
il ruolo è esplicitamente individuato nelle singole contestazioni: NOME COGNOME risponde dei delitti ascrittigli non in quanto medico, ma in quanto RBA (responsabile per il benessere animale) nonché membro dell’OPBA (organismo preposto al benessere animale); in queste vesti ha reso il parere retrospettivo allegato alla relazione da inviare al Ministero e nello svolgimento di tali funzioni ha partecipato all’associazione, assicurando copertura alle irregolarità commesse nello svolgimento del progetto;
la diversa decisione assunta nei confronti del coindagato, concorrente nei reati contestati al Palma, non solo non è vincolante nel diverso procedimento a carico di quest’ultimo (in assenza, peraltro, dell’allegazione delle relative motivazioni), ma non incide neanche sulla valenza processuale delle intercettazioni utilizzate, che prescinde dalla posizione processuale dei conversanti e che, anche se intervenute tra terzi, ben possono fondare un accertamento di responsabilità, senza necessità di riscontro (ai sensi dell’art. 192 comma terzo,
cod. proc. pen.), fatto salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato dell conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica (Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, COGNOME, Rv. 268414), circostanza neanche dedotta dall’indagato.
Né, d’altronde, può richiedersi a questa Corte una diversa valutazione del dato fattuale attraverso la prospettazione una pluralità di circostanze (il ruolo svolto dal Palma o i suoi rapporti con gli altri indagati) che non evidenziano carenze o vizi logici della decisione impugnata, ma si limitano a prospettare una nuova valutazione del compendio probatorio, fondata diversi parametri di ricostruzione dei fatti contestati, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa; rivalutazione, per come è noto, preclusa nel giudizio di legittimità.
1.2. Il secondo motivo è in parte infondato, quanto alla natura dei verbali oggetto di contestazione, e in parte indeducibile, quanto ai profili afferenti alle esigenze cautelari.
Per come si è detto, NOME COGNOME risponde dei reati di falso per aver vidimato in quanto RBA (responsabile per il benessere animale) nonché membro dell’OPBA (organismo preposto al benessere animale) il parere retrospettivo che accompagna (ai sensi dell’art. 32 del d. Igs. n. 26 del 2014) la relazione redatta dal responsabile del progetto scientifico, da inviare, successivamente, al Ministero della Salute per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza.
Ebbene, L’Organismo Preposto al Benessere degli Animali (OPBA), istituito con il d. Igs. n. 26 del 2014 e al cui interno è costituita la figura del responsabile, è un organismo istituito presso le istituzioni accademiche e di ricerca (come università e istituti zooprofilattici) per garantire il benessere degli animali utilizz per scopi scientifici e di ricerca e svolge funzioni pubbliche, in quanto il suo scopo principale è quello di vigilare sul rispetto delle normative e fornire consulenza sul benessere animale. Cosicché non può dubitarsi che il COGNOME, componente dell’OPBA e responsabile per il benessere, nell’esercizio delle sue funzioni (che sono quelle proprie dell’organismo), sia pubblico ufficiale
Parallelamente, è atto pubblico, ai sensi dell’art. 476 cod. pen., qualsiasi documento che, benché non imposto dalla legge, è compilato da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni per documentare la regolarità degli adempimenti ai quali è obbligato ovvero circostanze di fatto cadute sotto la sua percezione diretta o, comunque, ricollegabili a tali adempimenti (Sez. 5, n. 9368 del 19/11/2013, dep. 26/02/2014, Budetta, Rv. 258952). E ciò a prescindere dalla natura interna o esterna dell’atto stesso, ben potendo anche l’atto privo di immediata rilevanza esterna essere ritenuto un atto pubblico (ai fini dell’art. 476 cod. pen.), purché, funzionalmente, offra un contributo di conoscenza o di valutazione e, strutturalmente, si ponga quale necessario presupposto di momenti
procedurali successivi (Sez. 6, n. 11425 del 20/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254866); caratteri entrambi propri del parere retrospettivo oggetto delle contestazioni.
Le censure sollevate dall’indagato con riferimento alle ritenute esigenze cautelari sono, invece, per come detto, indeducibili, mentre sono fondate (in parte) quelle proposte dal Procuratore ricorrente.
Il Tribunale distrettuale ha ritenuto che le pur sussistenti esigenze cautelari (di cui all’art. 274 lett. A e C cod. proc. pen.) fossero scemate, in ragione della mancanza di effettivi tentativi di depistaggio (pur avendo il Palma tentato di prendere contatti con le persone sentite a sommarie informazioni) e delle sopravvenute dimissioni del Palma dal ruolo di RBA. Ha, quindi, sostituito la misura degli arresti domiciliari, originariamente applicata, con quella dell’interdizione dai pubblici uffici, ritenendo quest’ultima necessaria per recidere i legali con gli altri associati, ma proporzionata alle esigenze da soddisfare.
La difesa ha dedotto l’illogicità della motivazione nella parte in cui il Tribunale, pur escludendo l’esistenza di concreti depistaggi, avrebbe ritenuto ugualmente esistente il pericolo di recidiva, nonostante le intervenute dimissioni e l’assenza di concrete possibilità di reiterazione di condotte analoghe (non potendosi l’insegnamento considerare una concreta possibilità di reiterazione).
Le censure, per come detto, sono tutte indeducibili. Da un canto, il Tribunale non ha escluso il pericolo d’inquinamento probatorio, ma ne ha solo ritenuto l’affievolimento; dall’altro, alcuna incoerenza logica esiste tra la valutazione di sussistenza di un concreto ed attuale pericolo di recidiva e le sopravvenute dimissioni dell’indagato. Se è pur vero, infatti, che la prognosi sfavorevole sulla pericolosità sociale dell’indagato sia di per sé impedita dalla circostanza che quest’ultimo abbia dismesso la carica o esaurito l’ufficio nell’esercizio del quale aveva posto in essere la condotta addebitata, proprio per l’intrinseca immanenza delle funzioni rispetto alla consumazione dei reati contestati, ben può sussistere un rischio concreto che ulteriori reati dello stesso tipo siano resi probabili da una posizione soggettiva che consenta all’agente di mantenere, pur fuori dall’ambito di funzioni o incarichi pubblici, condotte antigiuridiche dotate dello stesso rilievo ed offensive della medesima categoria di beni (Sez. 2, n. 38832 del 20/07/2017, Rv. 271139; Sez. 6, n. 1238 del 03/12/2019, dep. 2020, Rv. 278338).
Ebbene, il Tribunale facendo corretta applicazione di tali principi, ha ritenuto che il periculum libertatis fosse da individuare nel rischio di abuso dei pubblici poteri e, in applicazione del principio di proporzionalità che regola l’applicazione delle misure cautelari comporta ha ritenuto l’adeguatezza della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, misura espressamente preordinata alla finalità cautelare che si è inteso prevenire (Sez.
6, n. 40529 del 14/10/2021, COGNOME, Rv. 282181: principio dettato in tema di reati contro la pubblica amministrazione, ma, all’evidenza sovrapponibile alla
fattispecie in esame, alla luce della identità del contesto fattuale, essendo tutti i reati contestati stati commessi nell’esercizio delle funzioni proprie).
2. Fondate, in parte, le censure sollevate dal Procuratore ricorrente. Se è vero che le superiori considerazioni danno conto della logicità della motivazione offerta
con riferimento al pericolo di recidiva, esse stesse danno parimenti conto del vizio motivazionale che interessa la valutazione della parallela esigenza di genuinità
delle fonti di prova: da un canto si omette ogni valutazione in ordine all’adeguatezza della misura scelta rispetto al pur prospettato pericolo
d’inquinamento probatorio (pericolo ricollegato a condotte che possono prescindere dall’effettivo svolgimento delle funzioni pubbliche, la cui interdizione,
quindi, non ne impedisce la consumazione); dall’altro, non si tiene conto della specifica condotta d’inquinamento probatorio posta in essere proprio dal ricorrente
(esplicitamente evidenziata nell’ordinanza applicativa) e delle parallele condotte poste in essere anche dagli altri associati (che davano conto di una precisa strategia dell’associazione e, quindi, della diffusività ed intensità del pericolo).
L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata, con rinvio al Tribunale di Catanzaro, in diversa composizione fisica, per nuovo esame, limitatamente alla scelta della misura da applicare.
P.Q. M.
In accoglimento del ricorso del Pubblico Ministero, annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, sezione riesame.
Rigetta il ricorso di NOME COGNOME e lo condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24 giugno 2025
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Il Presidente