Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22520 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22520 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/11/2023 del TRIB. LIBERTA di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG ASSUNTA COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’8 novembre 2023 il Tribunale del riesame di Palermo, procedendo ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha annullato – con esclusivo riferimento al formulato giudizio di gravità indiziaria per il reato di tentat estorsione – quella emessa, il 20 ottobre 2003, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Crotone nei confronti, tra gli altri, di NOME COGNOME, che ha, invece, confermato in relazione ai reati di incendio aggravato, tentato e consumato, ed alla sussistenza di esigenze cautelari di consistenza tale da imporre l’adozione della misura cautelare della custodia in carcere.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere ritenuto, in conformità a quanto già statuito dal Giudice per le indagini preliminari, la sussistenza della circostanza aggravante dell’essere stati commessi i fati:i su navi, senza considerare che le imbarcazioni interessate dalle condotte illecite oggetto di addebito non possono essere qualificate, stanti le loro ridotte dimensioni, come vere e proprie «navi», nel senso indicato’ dal codice della navigazione e da quello della nautica da diporto.
Con il secondo motivo, lamenta, ancora, violazione cli legge e vizio di motivazione sul rilievo che il Tribunale del riesame ha condiviso il giudizio formulato dal primo giudice in ordine alla pregnanza delle esigenze cautelari di natura probatoria e specialpreventiva senza considerare, da un canto, che il compendio probatorio è già cristallizzato e, dall’altro, che egli, privo di precedenti penali, non è soggetto proclive al crimine e, nell’occasione, si è limitato ad attenersi alle indicazioni fornitegli dallo zio, onde assolutamente sproporzionata per eccesso si palesa l’applicazione della più rigorosa tra le misure coercitive in luogo di altra meno afflittiva.
Disposta la trattazione scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, il Procuratore generale ha chiesto, 1’8 febbraio 2024, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché vedente su censure manifestamente infondate.
2. In linea preliminare, è opportuno ricordare che, in tema di misure cautelari personali, il giudizio di legittimità relativo alla verifica di sussistenza meno dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari deve riscontrare, nei limiti della devoluzione, la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugNOME: in particolare, il controllo di legittimità non può intervenire nella ricostruzione dei fatti, né sostituire l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori.
Di conseguenza, non possono ritenersi ammissibili le censure che, pur formalmente investendo la motivazione, si risolvono, in realtà, nella sollecitazione a compiere una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito: ove sia, dunque, denunciato il vizio di motivazione del provvedimento cautelare in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, la Corte di legittimità deve controllare essenzialmente se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare il vaglio delle risultanze probatorie (sull’argomento, cfr. Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 1, n. 50466 del 15/06/2017, NOME, non massimata; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460).
3. Nel caso di specie, il Tribunale del riesame ha compiutamente illustrato, con motivazione ampia ed esaustiva, le ragioni che lo hanno indotto a ritenere la sussistenza, oltre che di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’odierno ricorrente in ordine ai reati ascrittigli ai capi 1) e 2), di esigenze cautelari intensità tale da imporre, a carico di NOME COGNOME, l’adozione ed il mantenimento della misura di massimo rigore.
Ha, innanzitutto, esposto che COGNOME, al pari del correo NOME COGNOME, risponde in vinculis di due incendi – consumato, uno; tentato, l’altro – posti in essere, con la collaborazione di NOME COGNOME e dell’esecutore materiale NOME COGNOME, ai danni del cantiere navale gestito da una società di proprietà per il 5% di COGNOME e per il restante 95% della di lui sorella NOME, bersaglio degli episodi criminosi, finalizzati ad orientare l’esito della diatriba familiare che li vedeva su fronti contrapposti.
Il Tribunale del riesame ha confermato la sussistenza del prescritto quadro di gravità indiziaria – sulla base delle dichiarazioni della persona offesa e di intercettazioni assai eloquenti – e, pur revocando la misura per la contestata
tentata estorsione, stimato la proporzionalità e l’adeguatezza della custodia cautelare in carcere.
Ciò posto, ha spiegato, da un canto, che la conversazione intrattenuta con il coindagato NOME COGNOME nel febbraio 2023, registrata nella sala d’attesa della caserma in cui i due si erano recati per essere escussi, quella successivamente intercorso con lo zio NOME COGNOME e, infine, le confidenze elargite, il 26 aprile 2023, a NOME COGNOME concorrono nel testimoniare della concretezza del pericolo di inquinamento probatorio.
Ha osservato, dall’altro, che la manifestata intenzione di perseverare, in forme anche più cruente ma accompagnate dall’adozione dei maggiori cautele, nell’attuazione del progetto criminoso ideato in danno della vittima dimostra che l’indagato non esiterebbe, se rimesso in libertà o sottoposto a misura meno gravosa, a reiterare condotte analoghe a quella in contestazione, ed aggiunto che inidonea, a tale scopo, è anche la misura degli arresti donniciliari assistiti da strumenti elettronici di controllo, utili a segnalare tempestivamente la violazione delle prescrizioni connesse alla misura ma non anche a prevenirle.
A fronte di un apparato motivazionale completo, coerente ed alieno da tangibili fratture razionali, il ricorrente svolge obiezioni di assoluta fragilità.
Articola, per un verso, una doglianza che, in quanto non proposta in sede di riesame, deve reputarsi, per ciò solo, preclusa e, pertanto, inammissibile (in questo senso, cfr., con specifico riferimento ai ricorsi per cassazione avverso ordinanze emesse ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., Sez. 3, n. 41786 del 26/10/2021, COGNOME, Rv. 282460 – 02; Sez. 5, n. 428:38 del 27/02/2014, COGNOME, Rv. 261243 – 01) e che si palesa, comunque, manifestamente infondata, avuto riguardo al testo dell’art. 425, che prevede, nel caso, tra gli altri, di incendio doloso, l’aumento della pena se il fatto è commesso su navi o altri edifici natanti, ciò che rende irrilevante la precisa qualificazione delle cinque imbarcazioni (uno scafo con motore fuoribordo, due cabinati con motore entrobordo e due gommoni) danneggiate in occasione del primo episodio, risalente al 21 febbraio 2023, e di quelle che sarebbero state attinte qualora l’ulteriore tentativo di incendio, posto in essere a distanza di poco più di due mesi, fosse andato a buon fine.
Propone, con riferimento alle esigenze cautelari, censure di impronta marcatamente confutativa che, nell’esprimere il dissenso rispetto alla decisione contestata, non riescono in alcun modo a mettere in luce profili di illogicità, tantomeno manifesta, o di contraddittorietà in un percorso argomentativo che, come sopra segnalato, appare perfettamente aderente alle evidenze disponibili
ed alle norme che regolano la materia, come pacificamente interpretate dalla giurisprudenza di legittimità.
Tetragone alle eccezioni difensive si rivelano, in partic:olare, le perspicue considerazioni dedicate dal Tribunale del riesame ai tentativi di COGNOME COGNOME incidere, pregiudicandola, sulla genuina acquisizione del materiale istruttorio, nonché alla necessità di porre freno all’escalation di aggressioni che egli, dichiaratamente, ha in animo di proseguire e, infine, alla concreta inidoneità di misure diverse dalla custodia in carcere – ivi compresa quella degli arresti domiciliari, accompagnata dall’apposizione del c.d. «braccialetto elettronico» (sul punto, cfr., tra le altre, Sez. 2, n. 43402 del 25/09/2019, COGNOME, Rv. 277762 01; Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017, COGNOME, Rv. 270463 – 01; Sez. 6, n. 1084 del 12/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265891 – 01) – ad elidere il pericolo di reiterazione della condotta criminosa, che, sotto altro aspetto, non è reso meno intenso dall’annullamento del titolo custodiale in relazione al reato di tentata estorsione, derivato dalla formale confezione dell’imputazione e non anche dal diverso apprezzamento della vicenda, la cui connotazione estorsiva il Tribunale del riesame ha espressamente confermato.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 05/03/2024.