Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44540 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44540 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nata a Policoro il 02/02/1993
avverso l’ordinanza del 16/05/2024 del Tribunale del riesame di Potenza visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso. udito il difensore, avvocato NOME COGNOME in sostituzione dell’avvocata NOME COGNOME NOME COGNOME che si riporta ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Potenza, in parziale riforma dell’ordinanza cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza nei confronti di NOME COGNOME ha annullato la stessa limitatamente al reato provvisoriamente contestato di cui al capo 16), ha riqualificato l’associazione dedita al narcotraffico di cui al capo 31) ai sensi dell’art. 74, commi 4 e 6, d.P.R. n. 309 del 1990 e i reati-fine, in materia di stupefacenti
(capi 64 e 86), ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, confermando la misura cautelare degli arresti domiciliari, in detti termini sostituita l’originari custodia cautelare in carcere da parte del Giudice delle indagini preliminari.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso COGNOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce ex art. 606, comma 1, lett: c) ed e), cod. proc. pen., vizi di motivazione e violazione di legge nella parte in cui il Tribunale ha omesso di rendere logica risposta in ordine alla dedotta mancata indicazione della data in cui si sarebbe costituita l’associazione dedita al narcotraffico, evenienza che ha impedito alla ricorrente di svolgere un’adeguata difesa per assenza del perimetro cronologico dell’accusa.
La motivazione dell’ordinanza – si assume – non dà conto delle ragioni in merito alla sussistenza delle esigenze cautelari anche a causa del lungo tempo trascorso (tre anni) tra i reati fine contestati, l’ultimo dei quali in data 3 maggio 2021, e la data dell’esecuzione della misura cautelare.
In ordine ai reati-fine contestati in via provvisoria ai capi 64) e 86), non è dato comprendere la consistenza quantitativa e qualitativa della sostanza stupefacente oggetto di detenzione e cessione; l’assenza di sequestri e, più in generale, di elementi indiziari non consente di comprendere in cosa si esplicasse l’attività dell’associazione dedita al narcotraffico, la cui gravità indiziaria è stat ritenuta in capo alla ricorrente sol perché convivente di NOME COGNOME e a conoscenza del possesso della sostanza stupefacente da parte di costui.
Dal tenore delle conversazioni tra NOME COGNOME e la ricorrente non emergono i gravi indizi di colpevolezza in merito ai fatti di cui al capo 64) della contestazione provvisoria. Analoghe lacune sussistono in ordine alla gravità indiziaria per i fatti riconnpresi nel capo 86), che hanno riguardato solo NOME COGNOME che venne arrestato, ma non anche la COGNOME.
L’ordinanza del Tribunale si è limitata – si deduce – a riprodurre numerose intercettazioni ed il contenuto dell’informativa di polizia giudiziaria, a sua volta ripresa dal Pubblico Ministero nella sua richiesta poi fatta propria dal Giudice delle indagini preliminari, senza però evidenziare in cosa sia consistita l’attività che ha fondato la ritenuta partecipazione della ricorrente al sodalizio illecito.
2.2. Con il secondo motivo si deducono ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. vizi di motivazione e violazione di legge in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Si rileva l’assenza della concretezza ed attualità delle esigenze cautelari visto che il Tribunale ha confuso la posizione della ricorrente con quella di NOME
Mitidieri, omettendo di valorizzare l’assenza di coinvolgimenti di natura penale nel periodo successivo alla contestazione dei fatti di reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibilità.
2. Il primo motivo attraverso il ·quale, in maniera perplessa, si rivolgono critiche all’ordinanza, tentando di attingere sia la sussistenza dei gravi indizi quanto all’esistenza dell’associazione dedita al narcotraffico – riqualificata ai sensi dell’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 – ed alla partecipazione della ricorrente, sia in ordine alla sussistenza dei reati fine – riqualificati ai sensi dell’a 73, comma 5, d.P.R. cit., senza far mancare critiche alla sussistenza delle esigenze cautelari ed all’adeguatezza della misura in concreto applicata è generico in quanto privo di specifica censura, risultando anche eccentrico rispetto al titolo del motivo assegnato dal ricorrente, ove si accenna ai soli vizi ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. per omessa indicazione della data in cui sarebbe costituita l’associazione.
Seppure debba darsi atto che il Tribunale ha riprodotto le plurime intercettazioni contenute nell’ordinanza genetica per ciascun aspetto fatto oggetto di censure in sede di gravame cautelare, si osserva, nondimeno, come l’ordinanza dia conto delle ragioni per cui ha ritenuto esistente l’associazione dedita narcotraffico; ciò ha fatto attraverso l’enunciazione dei profili che hanno condotto il Tribunale a riqualificare l’ipotesi associativa nella fattispecie lieve ex art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990, al contempo mettendo in risalto gli elementi caratterizzanti l’esistenza dell’associativa eminentemente dedita alla detenzione e cessione di modiche quantità di sostanza stupefacente, la rudimentale struttura prevalentemente fondata sul fattore personale e familiare dei partecipi, dotata di propri canali di approvvigionamento ai quali si attingeva anche attraverso metodi tesi a raggirare i fornitori, il comune linguaggio utilizzato e la condotta finalizzata al perseguimento dello scopo del sodalizio (da pag. 189 a pag. 193) secondo le indicazioni fornite da COGNOME NOME e, in seguito alla sua morte, da COGNOME NOME (sintesi alle pagine 195 e 196).
Proprio il valorizzato contesto organizzato, di natura solidaristica tra i partecipi, la struttura gerarchica tra gli stessi e l’incessante attività di cessione portata avanti durante il tempo interessato dalle investigazioni hanno portato Collegio della cautela a circoscrivere logicamente l’origine dell’organizzazione attraverso la datazione dei singoli reati fine (a partire dal 2018, v. pagg. 193 e 194), così fornendo adeguata risposta alla dedotta violazione del diritto di difesa.
Quanto al contributo fornito dalla ricorrente al sodalizio (sintesi a pag. 196), il Tribunale ha valorizzato, ritenendole significative, le risultanze emerse in occasione dell’accertata sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati-fine (pagg. da 25 a 29, fatti poi evocati a pag. 195 e 196 dell’ordinanza), allorché è stata messa in risalto la collaborazione data dalla ricorrente al convivente, condotta non costituente mera connivenza, come pure ipotizzato dalla difesa nell’istanza di riesame, ma significativa della perfetta conoscenza dell’ambito criminale nel quale la donna svolgeva la propria opera e del ruolo che in esso assumevano i singoli partecipi con i quali intratteneva rapporti caratterizzati da autonoma valenza rispetto a quelli del convivente.
Inammissibile risulta il tentativo della difesa di confutare la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati fine facendo diretto riferimento ad atti di indagine nonché ad atti di altri procedimenti, sull’assunto di una meramente enunciata insussistenza di elementi indiziari, operazione preclusa in sede di legittimità, specie quando la Corte di cassazione deve valutare la legittimità del provvedimento del Tribunale del riesame. In tal senso sussiste ormai pacifico principio di diritto secondo cui, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di cassazione spetta solo il compito di verificare se la decisione impugnata abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto il collegio ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460).
Il Collegio della cautela ha, altresì, dimostrato di avere apprezzato, con motivazione priva di palesi vizi logici, il compendio indiziario che ha portato a ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di detenzione e cessione di sostanza stupefacente di cui ai capi 64 e 86.
Anche alla luce della medio tempore intervenuta sostituzione della misura custodiale con quella degli obblighi di dimora nel comune di residenza (in tal senso il provvedimento del Giudice delle indagini preliminari del 18 luglio 2024 richiesto dalla Cancelleria di questa Corte) e del venir meno di ogni interesse della ricorrente all’esame delle censure rivolte alla parte della decisione che aveva ritenuto adeguata la misura custodiale applicata, completa e logica risulta la motivazione del Tribunale che ha fatto riferimento ad elementi concreti ed attuali al fine di ritenere sussistenti le esigenze cautelari.
In tal senso depone il valorizzato riferimento al contesto associativo, nell’ambito del quale la ricorrente operava e, pur avendo il Tribunale della cautela ritenuto non applicabili, in ipotesi di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. cit., l presunzioni di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (cfr., Sez. U, n. 34475 del 23/06/2011, Valastro, Rv. 250351 – 01, secondo cui la presunzione di adeguatezza esclusiva della misura della custodia cautelare in carcere di cui all’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen. non opera in relazione al reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti costituita al fine di commettere fatti di lieve entità), ha comunque apprezzato i precedenti penali anche specifici della Gallo, nella cui abitazione veniva rinvenuto dello stupefacente sequestrato al compagno NOME COGNOME in occasione dell’esecuzione della misura cautelare, elementi che rendono palese il corretto vaglio operato dal Collegio della cautela in ordine alla sussistenza dei necessari presupposti di cui all’art. 275 cod. proc. pen.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19/11/2024.