Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15112 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15112 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 17/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato il 10/06/1975 a Sinopoli
avverso l’ordinanza del 16/01/2025 del Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME Di NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito l’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa il 6 dicembre 2024 dalla Corte di appello di Reggio Calabria con cui era stata dichiarata estinta, per decorso del termine massimo, la misura della custodia cautelare in carcere, applicata per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. contestualmente disposte le misure non custodiali dell’obbligo di dimora nel comune di domicilio, del divieto di lasciare l’abitazione durante la notte e dell’obbligo di presentazione quotidiano alla polizia giudiziaria.
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso l’indagato censurando, con un unico motivo, il provvedimento impugnato per violazione del principio di adeguatezza ed attualità delle misure cautelari disposte fondate solo su una astratta valutazione del delitto contestato e sull’originario provvedimento restrittivo, con un esito differente rispetto a quello della posizione più grave di NOME COGNOME.
Il difensore ha depositato motivi nuovi con i quali, dopo aver valorizzato le condizioni soggettive del ricorrente, ha allegato la sentenza di questa Sezione, numero 8562 del 5 dicembre 2024, depositata successivamente al ricorso, con la quale è stata annullata con rinvio la condanna emessa nei confronti del ricorrente dalla Corte di appello di Reggio Calabria, tale da avere ridimensionato fortemente il quadro probatorio e rendendo ipotizzabile l’assoluzione di COGNOME con necessità di rivalutazione del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte nel caso di applicazione di altre misure cautelari nei confronti dell’imputato scarcerato per decorrenza dei termini, l’inciso contenuto nel primo comma dell’art. 307 cod. proc. pen. che consente l’adozione di misure sostitutive “solo se sussistano le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare”, va interpretato nel senso che occorre una verifica in positivo della persistenza delle condizioni di applicabilità della misura. Tale verifica non può consistere, pertanto, nel semplice richiamo dell’accertamento
GLYPH
P)/
originario, ma deve dar conto delle ragioni per le quali le esigenze cautelari si ritengano persistenti al momento dell’applicazione della nuova misura (Sez. 6, n. 26458 del 12/03/2014, Rv. 259975).
L’ordinanza impugnata ha fatto esplicito riferimento alla persistenza delle esigenze cautelari già evidenziate nell’ordinanza genetica emessa il 5 febbraio 2020 per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. dando atto che il quadro cautelare non può essere rivisitato alla luce dell’annullamento con rinvio della Corte di cassazione della sentenza di condanna di COGNOME a 12 anni di reclusione per il menzionato delitto.
Infatti, il Tribunale ha ritenuto persistenti le esigenze cautelari, pur in assenza delle motivazioni della sentenza rescindente e del mancato inizio del giudizio dinanzi ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria, con richiamo al precedente specifico di COGNOME per associazione di tipo mafioso sino al maggio del 1998 e alla sottoposizione alla misura di prevenzione di cui aveva violato le prescrizioni, ritenute circostanze indicative della sua persistente adesione all’articolazione di ‘ndrangheta del clan kvaro di Sinopoli e di Sant’Eufennia d’Aspromonte, storicamente radicato sul territorio calabrese ed ancora oggetto dell’imputazione a suo carico.
Sulla base di tale giudizio, solo apoditticamente criticato dal ricorso / e in assenza di indici da cui desumere una dissociazione dell’imputato da un’associazione mafiosa come la ‘ndrangheta, fortemente radicata nella zona, il provvedimento ha correttamente applicato al caso di specie la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, secondo i canoni elaborati dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 23935 del 04/05/2022, Rv. 283176), in assenza di altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità (Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, Rv. 282004).
In ordine al diverso trattamento cautelare adottato nei confronti di altro coimputato nel medesimo processo, oltre ad essere stato solo genericamente menzionato, si ricorda il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale esso non implica un vizio di motivazione salvo che si tratti di posizione identica e sia sostenuta da asserzioni irragionevoli o paradossali, in nessun modo dimostrate atteso che il ricorso non indica né il ruolo, né le imputazioni, né altro che consenta ri detto accertamento.
Con riguardo, infine, al motivo nuovo, fondato sul contenuto della sentenza rescindente di questa Sezione relativa alla posizione del ricorrente, depositata successivamente al ricorso, ai sensi dell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen. l’imprescindibile vincolo che esiste rispetto a quello su cui si fonda l’impugnazione principale comporta che il vizio radicale da cui è inficiato questo non può essere
tardivamente sanato dal successivo (tra le tante, Sez. 5, n. 8439 del 24/01/2020,
Rv.278387).
Peraltro, costituisce principio consolidato, desumibile dall’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., che i soli giudici del rinvio sono processualmente vincolati, nella
valutazione del compendio probatorio, dalla decisione di annullamento della Corte e non anche i giudici che, sia pur nel medesimo processo, siano deputati a trattare
distinte fasi o gradi dello stesso (Sez. 5, n. 28652 dell’11/05/2022, Rv. 283561;
Sez. 3, n. 23052 del 23/04/2013, Rv. 256170),
3. Dagli argomenti che precedono consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 marzo 2025
‘)