Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 15086 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 15086 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 16/04/1971
avverso l’ordinanza del 07/11/2024 del TRIBUNALE di ,ROMA, in funzione di giudice dell’appello cautelare;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG COGNOME nel senso dell’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni della difesa, nel senso dell’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, con il provvedimento indicato in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero, ha applicato a carico di NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di partecipazione ad associazione ex art. 74, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 1) oltre che per reati fine (capo 8). Trattasi di misura non applicata dal G.i.p. per l’insussistenza delle esigenze cautelari sostanzialmente in ragione del tempo decorso.
Avverso l’ordinanza d’appello l’indagato, tramite il difensore, ha proposto ricorso fondato su un motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), con il quale si deducendo violazione di legge (art. 273 e 274 cod. proc. pen.) e vizio cumulativo di motivazione.
2.1. Il Tribunale avrebbe ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza nonostante l’insufficienza di elementi tali da fondare un giudizio di stabile adesione dell’indagato all’associazione, risultando egli peraltro presente solo in quattro giorni nei luoghi di operatività del sodalizio.
Si tratterebbe comunque, sempre per il ricorrente, di un’associazione sussumibile nell’astratta fattispecie di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 e difettante, nell’attualità, di elementi strutturali in quanto disarticolata seguito di plurimi interventi delle forze dell’ordine culminati in sequestri d sostanze stupefacenti e in arresti di sodali.
Quella riferibile all’indagato, prosegue la censura sul punto, sarebbe una mera presenza sui luoghi «occasionale e potenzialmente legata in modo diretto alla realizzazione di un reato ben individuato, la cui realizzazione» avrebbe «esaurito l’accordo tra i correi facendo venir meno l’allarme sociale».
2.2. Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale non avrebbe motivato in merito alle situazioni di concreto e attuale pericolo di recidiva, in considerazione anche della risalenza nel tempo della fattispecie associativa (gennaio-febbraio 2022)
Non emergerebbe dall’ordinanza altresì il confronto con le specifiche deduzioni difensive circa la condotta di vita anteatta dell’indagato, non gravato da precedenti e da carichi pendenti, e in merito alla sua attuale occupazione lavorativa a tempo determinato nel settore della vigilanza.
Le parti hanno concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è inammissibile.
2. In tema di misure cautelari personali allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio del provvedimento emesso dal Tribunale in funzione di giudice del riesame o dell’appello cautelare in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a ess ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi d diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
In tali termini, ex plurimis, Sez. U, n. 110 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828-01. La richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, al pari dell’appello cautelare di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo. Premesso quanto innanzi, le dette Sezioni Unite hanno posto in evidenza che la motivazione della decisione del Tribunale, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza.
Tale orientamento, dal quale il Collegio non intende discostarsi, ha trovato conforto anche in pronunce più recenti di legittimità (ex plurimis: Sez. 4, n. 23740 del 18/04/2020, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01, nonché Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460-01). Sicché, l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. (al pari delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice) è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità non concerne dunque né la ricostruzione dei fatti né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (ex plurimis: Sez. 4, n. 23740 del 18/04/2020, COGNOME, cit.; Sez. 2, n. 27866/2019, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698).
L’ordinanza emessa in sede cautelare non può peraltro essere annullata sulla base di mere prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura orientata degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferire rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perch considerati maggiormente plausibili o perché assertivamente ritenuti dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 4, n. 23740 del 18/04/2020, COGNOME, cit.; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601-01; Sez. 6, n. 13568 del 29/11/2019, dep. 2020, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; in termini più generali, Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148-01).
2.1. In tema di limiti di sindacabilità dei provvedimenti cautelari personali, in definitiva, la Corte di cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito (Sez. 4, n. 23740 del 18/04/2020, COGNOME, cit.; Sez. 6, n. 13568/2019, dep. 2020, COGNOME, cit.).
2.2. A quanto innanzi occorre aggiungere, per il rilievo che assume nella fattispecie, che in materia di intercettazioni telefoniche costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 4, n. 23740 del 18/04/2020, COGNOME, cit.; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337-01). Ne consegue che la prospettazione di un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito (anche, come nella specie, in sede cautelare) è ammissibile in sede di legittimità solo in presenza del travisamento della prova, ossia nel caso in cui sia stato indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 4, n. 23740 del 18/04/2020, COGNOME, cit.; Sez. 3, n. 34439 del 02/07/2019, dep. 2020, COGNOME, in motivazione; Sez. n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272558-01).
Orbene, l’ordinanza impugnata è lungi dal violare norme di legge e risulta avere analizzato tutti gli elementi indiziari, averli ricondotti a unità, attesa la lo concordanza e, con motivazione coerente e non manifestamente illogica, avere ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente non solo in ordine ai reati fine, in merito ai quali non si articolano censure in ricorso, ma anche in ordine alla sua partecipazione al sodalizio di cui al capo 1
3.1. Trattasi difatti di ordinanza cautelare emessa in ragione di quanto emerso dalla valutazione degli esiti delle intercettazioni e dei servizi di polizia giudiziaria eseguiti a riscontro, con riferimento, circa la posizione del ricorrente, alla partecipazione al sodalizio di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, con esclusione della fattispecie di cui al sesto comma, operante nel mercato della cocaina e dell’hashish.
In particolare, il Tribunale (pag. 5) ha ricostruito l’associazione, nonché la condotta partecipative dell’indagato in termini oggettivi e soggettivi, facendo riferimento a specifici elementi gravemente indiziari emergenti da attività tecniche d’intercettazione e da videoriprese oltre che da servizi di polizia giudiziaria eseguiti a riscontro, con conseguenti plurimi sequestri di stupefacente e arresti anche di soggetti di vertice del sodalizio. L’articolazione è stata ricostruita come operante, con riferimento a differenti tipologie di stupefacenti, nel periodo compreso tra maggio 2021 e febbraio 2022, nel quartiere «INDIRIZZO» di Roma, nell’area compresa tra determinate vie che il sodalizio ha inteso monitorare per evitare l’intervento delle forze dell’ordine.
Nel dettaglio, dopo aver ricostruito i reati fine, tra cui (pag. 7) anche quelli commessi dall’incolpato in più giorni nel periodo 14-21 giugno 2021 (capo 8) quale vedetta per garantire l’attività di cessione da parte di NOME COGNOME, organizzatore nonché «luogotenente» del vertice del sodalizio (NOME COGNOME, il giudice di merito si è diffuso (pag. 13 e ss.) nella descrizione dell’associazione. Sodalizio, composto da ben oltre dieci soggetti, operante con particolari modalità organizzative, mediante una nutrita batteria di pusher e di vedette, tali da gestire una vera e propria piazza di spaccio sorvegliata dalla stessa associazione al fine di evitare l’intervento delle forze dell’ordine. L’ordinanza impugnata descrive il relativo organigramma oltre che: a) le concrete modalità operative caratterizzate da schemi fortemente gerarchici, tali da prevedere anche punizioni corporali dei sodali (talune immortalate dalle indagini tecniche); b) il linguaggio in codice utilizzato dagli appartenenti ed emergente delle intercettazioni; c) i turni di lavoro organizzati in modo tale da coprire l’intera giornata dalle 9:00 alle 23:00, con suddivisione in due fasce orarie (9-14 e 16-23); d) lo stipendio giornaliero garantito a ciascun appartenente (120 euro giornalieri per turno di lavoro); e) la capacità di rigenerarsi e di riadattarsi in seguito a periodi d
fibrillazione causati da interventi delle forze dell’ordine culminati in sequestri e arresti anche si soggetti di vertice. A tale ultimo riguardo si descrive il passaggio da uno schema di spaccio «statico» a un «dinamico», tramite l’utilizzo di soggetti, tra cui l’indagato, con funzioni di «centralinista» per l’indirizzannento degli acquirenti verso il luogo d’incontro con il «pusher itinerante». Diversi passaggi motivazionali descrivono la posizione dell’indagato, quale vedetta, prima, e «centralinista», dopo il riassetto associativo adottato per far fronte a momenti di fibrillazione dovuti a interventi delle forze dell’ordine. Il riferimento anche allo stipendio corrisposto al prevenuto (al pari degli altri sodali) per la sua attività, in merito al quale egli stesso interloquisce con altro associato svolgente le sue stesse mansioni (intercettazione di pag. 16 e ss.), oltre che alla sua presenza il 19 ottobre 2021 (emergente da videoriprese) nell’occasione della punizione inferta dal capo ad altro sodale che, a causa della violazione delle prescrizioni impartitegli, aveva reso possibile l’intervento delle forze dell’ordine (pag. 23). Il Tribunale (pag. 29 e s. e 48 e ss.) si diffonde in marito alla riorganizzazione del sistema di approvvigionamento e di spaccio dopo gli arresti di alcuni sodali, eseguiti in data 8 giugno 2021, con specifico riferimento anche al nuovo ruolo assunto dall’indagato minuziosamente descritto anche in ragione degli esiti delle indagini tecniche del 19 ottobre 2021, quindi anche in epoca successiva alla commissione da parte sua dei reati fine nel giugno 2021.
3.2. Rispetto all’apparato argonnentativo di cui innanzi, il motivo unico di ricorso, peraltro, si mostra inammissibile per mancato confronto con la ratio decidendi sottesa al provvedimento impugnato quanto alla sussistenza della gravità indiziaria in merito alla consapevole partecipazione dell’indagato al sodalizio, anche ove deduce l’insussistenza di un vaglio critico delle deduzioni difensive (per tale causa d’inammissibilità, ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, in motivazione, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. 254584 – 01). Il Tribunale, difatti, dopo aver ricostruito l’organizzazione del sodalizio nei termini già descritti, considerando le deduzioni difensive motiva in merito al ruolo partecipativo di NOME COGNOME quale lavoratore retribuito, come emergente dalle intercettazioni oltre che dalle videoriprese e innanzi sintetizzato.
Nei ristetti limiti in cui aggradisce la motivazione, il motivo di ricorso, nell sua manifesta infondatezza, mira infine a sostituire a quelle del giudice del riesame proprie valutazioni di merito anche sostanzialmente in termini di inammissibile alternativa lettura degli esiti delle conversazioni intercettate e delle immagini videoriprese, tale da conferire loro una valenza sostanzialmente neutra rispetto all’incolpazione in termini anche di consapevole contributo al sodalizio
Manifestamente infondato si mostra infine il profilo di censura avente a oggetto la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari (anche in termini di adeguatezza della misura), dedotto con particolare riferimento al requisito della loro attualità e in considerazione della circostanza per cui si tratterebbe di condotte risalenti nel tempo oltre che commesse da soggetto con attività lavorativa a tempo determinato e non gravato da precedenti penali.
4.1. Sul punto occorre ribadire che in tema di misure cautelari si è definitivamente chiarito che l’art. 274, lett. c), cod. proc pen., nel test introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’indagato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale. Ne deriva che non è sufficiente ritenere altamente probabile che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione ma è anche necessario prevedere che gli si presenti effettivamente un’occasione prossima per compiere ulteriori delitti della stessa specie (Sez. 3, n. 34154 del 24/4/2018, COGNOME Rv. 273674 – 01; si veda altresì Sez. 4, n. 20346 del 10/04/2024, COGNOME, in motivazione).
Il principio è stato successivamente calibrato, anche da questa stessa Sezione, affermandosi che il requisito dell’attualità deve essere inteso nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita. Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una «specifica occasione» per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice (Sez. 4, n. 47837 del 4/10/2018, C., Rv. 273994 01, si veda altresì Sez. 4, n. 20346 del 10/04/2024, COGNOME, cit.). Essa richiede difatti una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (cfr. Sez. 5 n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, Avolio, Rv. 277242 – 01; si veda altresì Sez. 4, n. 20346 del 10/04/2024, COGNOME, cit.).
Quanto sopra si pone in linea di continuità con i principi elaborati ancor prima della novella di cui alla I. n. 47 del 2015 che ha introdotto nel testo dell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., il requisito dell’attualità.
Si è infatti ritenuto, anche prima di tale modifica, che il requisito dell’attualità costituisse presupposto implicito per l’adozione della misura cautelare, in quanto necessariamente insito in quello della concretezza del
pericolo, posto che l’attualità deve essere intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati ma come prognosi di commissioni di delitti analoghi, fondata su elementi concreti, rivelatori di una continuità e effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata, al momento della adozione della misura, nella riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, non meramente ipotetiche e astratte, ma probabili nel loro vicino verificarsi (Sez. 6, n. 24779 del 10/5/2016, COGNOME, Rv. 267830 01; Sez. 2, n. 47891 del 7/9/2016, COGNOME, Rv. 268366 – 01; Sez. 2, n. 53645 del 8/9/2016, COGNOME, Rv. 268977 – 01).
4.2. Orbene, nella specie il Tribunale mostra di aver fatto corretta applicazione del doppio regime presuntivo di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (operante con riferimento all’ascritto art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990), tanto da aver ritenuto in parte superata (solo) la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, previa sostanziale valutazione del decorso del tempo con riferimento a un sodalizio ritenuto operante dal maggio 2021 al febbraio 2022 e con condotta partecipativa dell’incolpato perlomeno fino all’ottobre del 2021. Il riferimento è, in particolare, al pericolo di reiterazione ordine al quale, nonostante l’evidenziato regime presuntivo, l’ordinanza impugnata si diffonde facendo perno sull’operatività dell’indagato non solo nelle giornate di consumazione dei reti fine (di cui al capo 8) ma anche sui differenti ruoli assunti di vedetta e, in momenti di fibrillazione del sodalizio, di «centralinista», quale lavoratore stipendiato operante anche in stretta collaborazione con il luogotenente del soggetto di vertice di turno.
Argomentando nei termini di cui innanzi, peraltro, il Tribunale, sostanzialmente, ha fatto anche corretta applicazione del principio governante la materia, con il quale invece il ricorrente non si confronta con censura che, quindi, anche sotto tale aspetto di manifesta infondata.
In tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, difatti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale, come avvenuto nella specie, il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la mera rescissione del vincolo (in ipotesi anche in ragione della cessazione della permanenza del sodalizio) non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (ex
Sez. 3, n. 163 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 281293 – 01) ; Sez. 4, n.
3966 del 12/01/2021, Fusco, Rv. 280243 – 01).
Diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, che quindi sul punto non sottesa alla decisione impugnata, la
confronta il proprio dire con la ratio
sussistenza delle esigenze cautelari e la proporzionalità e adeguatezza degli applicati arresti domiciliari sono state vagliate anche in considerazione
dell’incensuratezza, a fronte della quale sono state ritenute dirimenti le modalità
di messa a disposizione per il sodalizio, e dell’attuale attività lavorativa dell’indagato che, rispetto a un’ordinanza del G.i.p. di rigetto della richiesta
cautelare del 24 maggio 2024, ha avuto inizio il solo in data 17 settembre 2024.
5. In conclusione, all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro
tremila in favore della cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost.
13 giugno 2000, n. 186).
Poiché dalla presente decisione consegue l’esecuzione del provvedimento impugnato, si manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.