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Misure cautelari: il tempo non elide il pericolo

La Corte di Cassazione conferma l’applicazione degli arresti domiciliari per un soggetto accusato di partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La sentenza chiarisce che, in tema di misure cautelari per reati di tale gravità, il semplice decorso del tempo non è sufficiente a far venir meno la presunzione di pericolosità sociale e il rischio di reiterazione del reato, confermando la logicità della decisione del tribunale.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Cautelari e Pericolo di Recidiva: Quando il Tempo Non Basta

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, offre un’importante chiarificazione sui presupposti per l’applicazione delle misure cautelari, in particolare per reati gravi come la partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La decisione sottolinea come il mero decorso del tempo dai fatti contestati non sia, di per sé, un elemento sufficiente a escludere l’attualità del pericolo di reiterazione del reato, soprattutto in presenza di un radicato inserimento nel tessuto criminale.

I Fatti del Caso: Partecipazione a un Sodalizio Criminale

Il caso riguarda un individuo indagato per partecipazione a un’associazione per delinquere operante nel mercato della cocaina e dell’hashish in un quartiere di Roma. Il Tribunale, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, aveva applicato nei suoi confronti la misura degli arresti domiciliari. La misura non era stata inizialmente disposta dal G.I.P. per ritenuta insussistenza delle esigenze cautelari, principalmente a causa del tempo trascorso dai fatti (risalenti al periodo 2021-2022).

Le indagini, basate su intercettazioni, videoriprese e servizi di polizia giudiziaria, avevano delineato un’associazione ben strutturata, con gerarchie, turni di lavoro, stipendi e un sistema di controllo del territorio. L’indagato, secondo la ricostruzione, avrebbe svolto ruoli diversi all’interno del sodalizio, evolvendo da ‘vedetta’ a ‘centralinista’, con il compito di indirizzare gli acquirenti verso i pusher.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso in Cassazione

L’indagato ha proposto ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione. La difesa sosteneva l’insufficienza dei gravi indizi di colpevolezza per dimostrare una stabile adesione all’associazione e, soprattutto, l’assenza di un pericolo concreto e attuale di recidiva, data la risalenza dei fatti e la sua attuale occupazione lavorativa.

Le Esigenze Cautelari e il Principio di Attualità

Il cuore della questione giuridica verte sull’interpretazione del requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, previsto dall’art. 274, lett. c), del codice di procedura penale. La difesa argomentava che, a distanza di anni, e in assenza di nuovi elementi, non si potesse più parlare di un pericolo attuale che giustificasse l’imposizione di misure cautelari.

La Valutazione delle Misure Cautelari in Cassazione

Il ricorso contestava anche la valutazione del quadro indiziario, proponendo una lettura alternativa degli elementi raccolti, tesa a declassare la partecipazione dell’indagato a un mero contributo occasionale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ribadito il proprio ruolo di giudice di legittimità, il cui compito non è rifare il processo o sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma verificare la correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento impugnato.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo in parte manifestamente infondato. In primo luogo, ha stabilito che la motivazione del Tribunale sui gravi indizi di colpevolezza era coerente e non manifestamente illogica. Il Tribunale aveva analiticamente ricostruito la struttura dell’associazione e il ruolo specifico dell’indagato, basandosi su una pluralità di elementi concordanti. Le censure della difesa sono state qualificate come un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione del merito.

Sul punto cruciale delle esigenze cautelari, la Cassazione ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale. Per reati come quello previsto dall’art. 74 d.P.R. 309/90, opera una presunzione relativa di pericolosità. La prognosi sul rischio di recidiva non si basa solo sulla data dei reati, ma su una valutazione complessiva che include la personalità dell’indagato, le modalità della condotta e il suo grado di inserimento nel contesto criminale. Nel caso di specie, il Tribunale aveva correttamente evidenziato come i diversi ruoli ricoperti dall’indagato e la sua stretta collaborazione con i vertici del sodalizio fossero indicatori di una professionalità criminale e di una pericolosità persistente. Il tempo trascorso è solo uno degli elementi da considerare e, in questo contesto, non è stato ritenuto idoneo a superare la presunzione di attualità del pericolo.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la valutazione del pericolo di recidiva deve essere concreta e basata su un’analisi complessiva della situazione. Per i reati associativi di particolare allarme sociale, il legame con l’organizzazione criminale è un fattore di pericolosità che si presume persistente. La mera rescissione formale del vincolo o il tempo trascorso non sono sufficienti, da soli, a dimostrare che il pericolo sia venuto meno. La decisione del giudice deve fondarsi su un giudizio prognostico che tenga conto della professionalità criminale espressa e del grado di inserimento dell’individuo nei circuiti illeciti.

In tema di misure cautelari per associazione a delinquere, il tempo trascorso dal reato è sufficiente a escludere il pericolo di recidiva?
No. Secondo la Corte, il tempo trascorso è solo uno degli elementi da valutare. In reati gravi come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosità si basa su una valutazione complessiva che include la professionalità criminale e il grado di inserimento dell’indagato nel sodalizio, elementi che possono giustificare la persistenza di un pericolo attuale anche a distanza di tempo dai fatti.

Cosa può valutare la Corte di Cassazione in un ricorso contro un’ordinanza cautelare?
La Corte di Cassazione non riesamina i fatti né l’attendibilità delle fonti di prova. Il suo compito è verificare la legittimità del provvedimento, controllando se il giudice di merito abbia violato specifiche norme di legge o se la sua motivazione sia manifestamente illogica o contraddittoria. Non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato il merito.

Qual è il significato di ‘attualità’ del pericolo quando si applicano le misure cautelari?
L’attualità del pericolo non significa ‘imminenza’ di commissione di un nuovo reato, ma si riferisce a una prognosi sulla continuità del ‘periculum libertatis’ nel tempo. Si tratta di una valutazione fondata su elementi concreti (personalità dell’accusato, modalità del fatto, condizioni di vita) che indicano una probabilità attuale e concreta, non meramente ipotetica, che l’indagato possa commettere ulteriori delitti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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