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Misure cautelari: il tempo non basta per la revoca

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un imputato che chiedeva la revoca delle misure cautelari basandosi sul lungo tempo trascorso e sulla sua buona condotta. La Corte ha ribadito che, per reati gravi con presunzione di pericolosità, il tempo è un elemento neutro e servono fatti nuovi e concreti per giustificare una rivalutazione delle esigenze cautelari.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Cautelari: Il Tempo che Passa Non Sempre Annulla il Pericolo

Quando una persona è sottoposta a misure cautelari, la domanda più comune è: per quanto tempo? La recente sentenza n. 847/2025 della Corte di Cassazione offre una risposta chiara e rigorosa, specialmente in relazione a reati di grave allarme sociale. Il semplice trascorrere del tempo, anche se unito a una condotta impeccabile, non è un argomento sufficiente per ottenere la revoca automatica delle restrizioni. Questa decisione ribadisce la centralità della valutazione del pericolo concreto e la necessità di elementi nuovi per modificare un quadro cautelare.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un imputato accusato di partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, un reato previsto dall’art. 74 del d.P.R. 309/1990. Inizialmente sottoposto a custodia in carcere, aveva ottenuto la sostituzione della misura con quelle, meno afflittive, dell’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria.

Dopo oltre tre anni dall’applicazione di queste misure cautelari, l’imputato ne chiedeva la revoca o un’ulteriore attenuazione. A sostegno della sua richiesta, adduceva il considerevole tempo trascorso, il suo reinserimento lavorativo e l’assenza di comportamenti criminali successivi. Il Tribunale del riesame di Roma, tuttavia, rigettava la sua istanza, ritenendo immutato il quadro di pericolosità sociale. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte sulle Misure Cautelari

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale. Gli Ermellini hanno stabilito che, per i reati gravi come quello contestato, opera una presunzione relativa di pericolosità che non può essere superata dal solo decorso del tempo.

La Corte ha sottolineato come la rivalutazione delle esigenze cautelari richieda la presenza di “fatti o avvenimenti nuovi”, non considerati nelle decisioni precedenti. Né il tempo trascorso né il rispetto delle prescrizioni imposte possono essere considerati tali. Il primo è un elemento neutro; il secondo è un comportamento doveroso, la cui violazione, al contrario, potrebbe portare a un aggravamento della misura.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della sentenza si articola su alcuni principi cardine del diritto processuale penale:

1. La Neutralità del Decorso del Tempo: La Corte ha affermato che il tempo, di per sé, non attenua né elimina le esigenze cautelari. Non è un fattore che, automaticamente, dimostra una diminuzione della pericolosità del soggetto, specialmente a fronte di una presunzione legale rafforzata come quella prevista dall’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale.

2. L’Irrilevanza della “Buona Condotta”: Rispettare l’obbligo di dimora o di firma è un dovere imposto dalla legge. Non può essere invocato come merito o come prova di un cambiamento positivo. La logica del sistema cautelare prevede che il rispetto delle regole sia la normalità, non un’eccezione che giustifichi un alleggerimento.

3. La Necessità di Elementi di Novità: Per ottenere una modifica delle misure cautelari, la difesa deve presentare elementi concreti e nuovi, capaci di smentire la valutazione di pericolosità originaria. Nel caso specifico, anche l’attività lavorativa svolta dall’imputato non è stata considerata una novità, in quanto già esistente all’epoca dei fatti contestati.

4. La Persistenza della Presunzione di Pericolosità: Per i reati di particolare gravità, la legge presume la sussistenza delle esigenze cautelari. Sebbene questa presunzione sia “relativa” (cioè superabile da prova contraria), richiede elementi di forte impatto per essere vinta, che non sono stati individuati nel caso di specie.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento rigoroso in materia di misure cautelari per i reati più gravi. Stabilisce che la libertà non si riconquista con la semplice attesa o con il mero rispetto delle regole imposte, ma dimostrando un cambiamento sostanziale e documentato della propria condizione personale e sociale. Per la difesa, ciò significa che le istanze di revoca o sostituzione devono essere fondate su elementi concreti e sopravvenuti, come un percorso di recupero certificato o un radicale e positivo mutamento delle condizioni di vita, che vadano oltre il semplice trascorrere dei mesi o degli anni.

Il solo decorso del tempo è sufficiente per ottenere la revoca di una misura cautelare?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il decorso del tempo è un elemento neutro e, da solo, non è sufficiente a giustificare la revoca o la sostituzione delle misure cautelari, specialmente per reati gravi dove opera una presunzione di pericolosità.

L’osservanza delle prescrizioni imposte da una misura cautelare può essere considerata un elemento a favore della revoca?
No. Secondo la sentenza, l’osservanza delle prescrizioni è un comportamento doveroso e non costituisce un elemento di novità tale da giustificare una rivalutazione del quadro cautelare. Anzi, la sua violazione potrebbe portare a un aggravamento della misura.

In quali casi si può chiedere una rivalutazione delle esigenze cautelari?
Una rivalutazione può essere richiesta solo in presenza di fatti o avvenimenti nuovi, non valutati in precedenza, che siano in grado di incidere sulla persistenza degli indizi di colpevolezza o delle esigenze cautelari. La semplice buona condotta o il trascorrere del tempo non sono considerati, di per sé, elementi nuovi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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