Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 847 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 847 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 23/03/1976
avverso l’ordinanza del 02/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Roma udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale del riesame di Roma ha rigettato l’appello, ai sensi dell’art. 310 cod.proc.pen., proposto da NOMECOGNOME avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di revoca delle misure cautelari congiuntamente applicate dell’obbligo di dimora e dell’obbligo di presentazione alla PG, anche con riduzione di quest’ultimo, resa dal Tribunale di Roma, nell’ambito di un procedimento nel quale è imputato del reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, quale partecipe.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, deducendo, due motivi di ricorso
Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’erronea applicazione dell’art. 275 comma 3 cod.proc.pen. per non avere considerato, il tribunale, il decorso del tempo quale elemento rilevante per la revoca/sostituzione della misura cautelare.
Osserva il ricorrente che il Tribunale cautelare, pur avendo sostenuto che il pericolo di reiterazione sarebbe sempre rivalutabile, avrebbe ritenuto immutato il suddetto pericolo, in un contesto di presunzione relativa di cui all’art. 275 comma 3 cod.proc.pen., tenuto conto della personalità del ricorrente gravato da precedenti anche specifici.
Il Tribunale avrebbe reso una motivazione errata in diritto nella parte in cui non avrebbe considerato il tempo trascorso dall’applicazione della misura (pari a tre anni e tre mesi) parametrandolo ad altri fattori, quali ad esempio la gravità delle condotte nonché tutti quegli elementi che forniscono un indice di affidabilità come le rinserimento nel circuito lavorativo lecito, nonché l’assenza di comportamenti criminali secondo quanto ritenuto, nei più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema d misure cautelari, pur se per i reati di cui all’art. 275 comma 3 cod.proc.pen. per cio è prevista una presunzione relativa di sussistenza le esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma della legge n. 47 del 2015 e di un’eseges costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulterior condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari cui s riferisce lo stesso articolo 275 comma 3 cod.proc.pen.
Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione alla carenza di motivazione in relazione alla rilevanza dello svolgimento di attività lavorativa lecita limitandosi a richiamare per relationem il provvedimento di rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
Va, innanzitutto, premesso che il COGNOME è tutt’ora sottoposto a misura cautelare non detentiva, applicata in sostituzione della custodia cautelare in carcere, in relazione al reato di cui all’art. 74, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, quale partecipe.
Il Tribunale cautelare ha rigettato l’appello cautelare, rilevando l’assenza di elementi di novità indicati nell’istanza, e ritenendo il carattere neutro del decorso del tempo e la doverosità dell’osservanza delle prescrizioni, in un contesto di ricorrenza della presunzione relativa di cui all’art. 275 comma 3 cod.proc.pen.
La decisione assuntkè immune da censure.
Fermo il principio secondo cui le esigenze cautelari sono sempre rivalutabili, e che un nuovo e successivo giudizio può intervenire a seguito della ricorrenza di fatti o avvenimenti nuovi o non valutati nemmeno implicitamente dalle pregresse decisioni, per cui si presenti necessario, ai fini della persistenza dei gravi indizi di colpevolezza e dell esigenze cautelari, anche sotto l’aspetto della individuazione della misura cautelare più
idonea, rivalutare la posizione dell’indagato (Sez. 2, n. 18645 del 03/12/2002, COGNOME, Rv. 224619 – 01), e poi il principio secondo cui la doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, valevole per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., trova applicazione anche ove sia richiesta la sostituzione della misura, come dispone l’art. 299 comma 2 cod.proc.pen. (Sez. 3, n. 46241 del 20/09/2022, V., Rv. 283835 – 01), l’ordinanza impugnata ha rilevato che l’istanza avanti al Tribunale di Roma di sostituzione della misura non custodiale, in atto applicata, chiedeva una rivalutazione del quadro cautelare in ragione del tempo trascorso dall’applicazione della misura, dell’osservanza delle prescrizioni (da riferirsi all’evidenza alla misura come sostituita), e che l’ordinanza reiettiva del Tribuna di Roma si fondava sull’assenza di elementi nuovi, non potendo ritenersi tali né il decorso del tempo né l’osservanza delle prescrizioni, tali da giustificare una rivalutazione del quadro cautelare. Tali elementi erano parimenti posti a fondamento dell’ordinanza impugnata che, a fronte della presunzione relativa di cui all’art. 275 comma 3 cod.proc.pen., non erano significativi di un mutamento del trattamento cautelare del soggetto gravato da precedenti penali anche specifici.
Ora il ricorrente censura la decisione, ma non allega elementi positivi e ulteriori che avrebbero dovuto essere valutati dai giudici della cautela, ai fini di una rivalutazione del quadro cautelare, non potendo assurgere a elemento di novità, né il decorso del tempo, si per sé neutro, e l’osservanza della prescrizioni, doverosa potendo al contrario giustificare l’aggravamento, né il perdurante svolgimento di attività lavorativa tenuto conto che la costituzione della società RAGIONE_SOCIALE, di cui è amministratore, e che gestisce un punto vendita ove il COGNOME svolge attività lavorativa era coeva ai fatti, come aveva del resto già evidenziato l’ordinanza reiettiva del Tribunale di Roma.
Si impone il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 26/11/2024