Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28648 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28648 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro;
nel procedimento a carico di
COGNOME NOME nato a Catanzaro il 5 agosto 1984;
avverso l’ordinanza del 4 febbraio 2025 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente alla sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari con la misura dell’interdizione dai pubblici uffici; uditi l’avv. NOME COGNOME sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME che conclude per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è l’ordinanza con la quale il Tribunale distrettuale di Catanzaro, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta
da NOME COGNOME ha sostituito, con l’interdizione dai pubblici uffici, l’originari misura degli arresti domiciliari, applicatagli dal giudice per le indagini preliminari per le esigenze di cui alle lettere a) e c) dell’art. 274 cod. proc. pen. e in relazione ai reati, contestati nel capo d’incolpazione provvisoria, di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, falso, truffa ai danni dello Stato, maltrattamento e uccisione degli animali (capo 1) e plurimi reati di falso (singolarmente contestati ai capi 17, 20, 25, 29, 36 e 37); tutte condotte, in ipotesi, commesse dal ricorrente (nella qualità di veterinario designato per lo stabulario di Germaneto) in seno all’Università Magna Grecia di Catanzaro e all’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, poste in essere con il precipuo fine di poter effettuare sperimentazioni illecite attraverso un pactum sceleris esistente tra i componenti dell’U.M.G. responsabili della gestione degli stabulari e i componenti dell’A.S.P. di Catanzaro designati ai controlli ispettivi presso le strutture, in forza del quale gli ispettori omettevano totalmente l’effettuazione dei controlli (ancorché il d. Igs. n. 26 del 2014 prevedesse una cadenza almeno annuale degli stessi) o redigevano falsi verbali ispettivi, omettendo di rilevare le numerose criticità presenti.
Il ricorso, proposto dal Procuratore della Repubblica, si articola in due motivi d’impugnazione, connessi tra loro e formulati in termini di inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione, attiene al solo profilo strettamente cautelare della scelta della misura da applicare e censura l’ordinanza del Tribunale nella parte in cui avrebbe ritenuto scemate le esigenze cautelari, valutando il solo tempo trascorso e l’avvenuto accertamento dei fatti contestati.
Il Tribunale, si sostiene, a) avrebbe omesso di motivare sulla sussistenza o meno del pericolo di inquinamento probatorio e, conseguentemente, sull’adeguatezza della misura interdittiva rispetto all’esigenza di salvaguardia del quadro probatorio; tanto più alla luce degli esiti delle analisi del dispositivo in uso all’indagato, che avrebbero dato riscontro delle attività di falsificazione concretamente poste in essere e, con esse, della concretezza e dell’attualità del pericolo di ulteriori condotte di inquinamento probatorio; b) avrebbe valutato circostanze (“l’aver arrestato e disvelato l’associazione”) del tutto illogiche (perché imporrebbero sempre l’immediata scarcerazione degli associati proprio in conseguenza del loro arresto) ed inconferenti rispetto al dato da accertare (la sussistenza del pericolo), dipendente dal diverso dato della perdurante esistenza ed operatività dell’associazione e della persistente partecipazione dell’indagato (non interrotta, in sé, dall’applicazione della misura cautelare).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorrente, per come si è detto, censura esclusivamente il profilo dell’adeguatezza della misura applicata e la valutazione di attualità e concretezza del pericolo di recidiva.
Il Tribunale distrettuale ha, infatti, ritenuto che le pur sussistenti esigenze cautelari (di cui all’art. 274 lett. A e C cod. proc. pen.) fossero scemate (in ragione “del tempo trascorso e dell’aver disvelato ed arrestato l’associazione”) e, nella scelta della misura, pur ritenendo sussistente il pericolo di reiterazione del reato (in considerazione delle specifiche modalità e circostanze del fatto nonché della particolare tenacia e professionalità dimostrata dall’indagato), ha valorizzato la veste di pubblico ufficiale che ha caratterizzato le condotte assunte e, a tale dato, ha ancorato la misura da applicare (l’interdizione dai pubblici uffici), ritenuta proporzionata ed idonea a recidere i rapporti con i sodali.
2. La motivazione è, in parte, assente e, in altra parte, illogica.
È assente nella parte in cui omette ogni valutazione in ordine all’adeguatezza della misura scelta rispetto al pur prospettato pericolo d’inquinamento probatorio; pericolo ricollegato a condotte che possono prescindere dall’effettivo svolgimento delle funzioni pubbliche (la cui interdizione, quindi, non ne impedisce la consumazione).
È illogica nella parte in cui giustifica il ritenuto affievolimento delle esigenze cautelari alla luce del tempo trascorso (semplicemente allegato) e dell’aver “arrestato e disvelato l’associazione”.
Sotto il primo profilo, il tempo trascorso che il Tribunale avrebbe dovuto valutare non è quello intercorrente dalla commissione del reato (che, a norma dell’art. 292, comma 1, lett. c, cod. proc. pen., deve essere valutato dal giudice che emette l’ordinanza che dispone la misura cautelare), ma quello trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della misura in poi, unico qualificabile, in presenza di ulteriori elementi, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l’attenuazione delle originarie esigenze cautelari (Sez. 2, n. 12807 del 19/02/2020, Rv. 278999). E, in concreto, il tempo trascorso dall’applicazione della misura è di soli ventotto giorni (dal 7 gennaio al 4 febbraio 2025) e, a fronte di tale consistenza, Il Tribunale avrebbe dovuto indicare, specificamente, le ragioni per cui. in appena ventotto giorni, il quadro cautelare risulta essersi modificato; tanto più alla luce degli esiti investigativi emers dall’analisi del dispositivo in uso al ricorrente e della considerazione per ui, all’interno di una necessaria valutazione complessiva degli elementi raccolti, il tempo di detenzione, pur non essendo elemento “neutro”, non è di per sé stesso decisivo (Sez. 2, n. 213 del 17/12/2019, dep. 2020, Caci, non massimata).
Quanto alla circostanza che le indagini avrebbero “disvelato l’associazione ed arrestato i componenti”, il dato fattuale valorizzato dal Tribunale non incide né sul
(pur ritenuto) pericolo di inquinamento probatorio, né su quello (ugualmente ipotizzato come sussistente) della reiterazione di reati della stessa specie,
logicamente indifferenti rispetto allo svolgimento delle indagini e allo stato del procedimento e dipendenti dalla concreta materiale possibilità di condotte
reiterative o di alterazione delle fonti di prova.
3. L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata, con rinvio al
Tribunale di Catanzaro, in diversa composizione fisica, per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, sezione riesame.
Così deciso il 24 giugno 2025
•gliere estensore
COGNOME Il Presidente