Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10439 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10439 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Caivano il 15/9/1970
avverso l’ordinanza del 21/10/2024 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; udito per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21 ottobre 2024 il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del 12 settembre 2024 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale era stata applicata allo stesso la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione al reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 di cui al capo a) e a tre contestazioni di reati fine ex art. 73 d.P.R. 309/90 di c ai capi 32), 34) e 36).
Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo ha prospettato la violazione degli artt. 125, terzo comma, 192, primo comma, e 273 cod. proc. pen. e un vizio della motivazione, con riferimento alla valutazione del quadro indiziario, costituito da conversazioni intercettate e dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, in quanto dal conversazione tra COGNOME e COGNOME emergeva una sfiducia reciproca, come pure tra lo stesso COGNOME e COGNOME.
2.2. Con un secondo motivo ha lamentato la violazione degli artt. 125, terzo comma, 192, terzo comma, e 273 cod. proc. pen., nonché 73 e 74 d.P.R. 309/90, con riferimento agli indizi di partecipazione alla associazione di cui al capo a), desunta dagli indizi di realizzazione dei reati fine, senza considerare la mancanza di stabilità di tali cessioni, tuttavia ritenute funzionali alla attività del sodali consistenza qualitativa e quantitativa delle stesse, la loro rilevanza economica e l’incidenza sulla operatività del sodalizio, posto che dagli elementi indiziari relati a tali cessioni non erano desumibili elementi idonei a far ritenere che in tali occasioni e mediante le stesse il ricorrente avesse partecipato attivamente alla vita dell’ente, anche perché dalle conversazioni intercettate emergeva la possibilità per il ricorrente di rifiutare le cessioni proposte dal capo del sodalizio, NOME COGNOME e, da parte di quest’ultimo, di non dar corso alle cessioni in caso di inaffidabilità dei pagamenti da parte degli acquirenti. Quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia a tale riguardo sarebbe, poi, generico, soprattutto con riferimento alla partecipazione del ricorrente COGNOME al Clan Gallo.
2.3. Con il terzo motivo ha lamentato la violazione degli artt. 125, terzo comma, 273 e 274 cod. proc. pen., nonché 73 e 74 d.P.R. 309/90, con riferimento alla adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere, confermata senza valutare sufficientemente la possibilità di salvaguardare le esigenze cautelari mediante la misura degli arresti domiciliari da eseguire in un’altra regione, presso l’abitazione della madre del ricorrente, idoneità che era stata esclusa sulla base di un generico riferimento alla possibilità di proseguire l’attivit
illecita utilizzando dei telefoni, modalità della quale, però, non aveva riferit nessuno dei collaboratori di giustizia.
Ha censurato anche il giudizio di attualità delle esigenze cautelari, tenendo conto della cessazione dell’attività del sodalizio nell’agosto 2020, della commissione dell’ultimo reato nel 2016 e del successivo svolgimento da parte del ricorrente di attività lavorativa.
2.4. Con memoria del 16 gennaio 2025 il ricorrente ha ribadito la denuncia di violazione degli artt. 125, terzo comma, 192, terzo comma, e 273 cod. proc. pen. e 73 e 74 d.P.R. 309/90, con riferimento alla gravità indiziaria della partecipazione al sodalizio criminale di cui al capo a), sottolineando la mancata dimostrazione della stabilità del rapporto di fornitura e anche della sua funzionalità agli scopi de sodalizio, e anche la mancata dimostrazione della consapevolezza da parte del ricorrente di far parte di detto sodalizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo e il secondo motivo, esaminabili congiuntamente in considerazione della sovrapponibilità delle censure con essi formulate, tutte relative alla valutazione degli elementi indiziari a carico e alla loro concludenza in ordine alla gravità indiziaria riguardo al reato associativo di cui al capo a), sono inammissibili, essendo entrambi volti a censurare l’apprezzamento e la valutazione degli elementi indiziari a carico, in particolare il contenuto delle conversazioni intercettate.
Premesso che le doglianze concernenti le conversazioni intercettate, riportate alle pagine da 4 a 7 del ricorso, non riguardano il ricorrente COGNOME va rammentato che le Sezioni Unite, con la sentenza Sebbar, hanno chiarito che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01; conf. Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, COGNOME, Rv. 267650 – 01; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01), e che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263714 – 01).
· GLYPH Entrambi i motivi sollecitano, invece, una rilettura degli elementi indiziari considerati e posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, però, riservata in via esclusiva ai giudici del merito, senza che possa integrare alcun vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente pi adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944), senza neppure concretamente confrontarsi con l’ordinanza impugnata, che ha evidenziato puntualmente i molteplici, e invero univoci, elementi dimostrativi del rapporto di stabile fornitura di droga dal clan COGNOME a favore del ricorrente e come tale rapporto fosse funzionale alla attività del sodalizio, determinando, di conseguenza, l’inserimento nello stesso anche del ricorrènte COGNOME.
Nell’ordinanza impugnata, dopo aver ricostruito la genesi e lo svolgimento dell’indagine e illustrato la nascita del sodalizio facente capo ad NOME COGNOME e NOME COGNOME, divenuto egemone nel territorio di Caivano, sono state illustrate le modalità di funzionamento di tale associazione, caratterizzata dal controllo da parte del Clan COGNOME – COGNOME delle varie “piazze di spaccio” già esistenti in Caivano, sulle quali tale clan aveva assunto l’egemonia e il controllo, fornendo ai gestori protezione da altri clan rivali o concorrenti e pretendendo da essi l’acquisto della sostanza stupefacente da rivendere solamente attraverso i canali del clan (che, in tal modo aveva la garanzia di uno stabile mercato di smercio dello stupefacente, garantendosi, così, prospettive certe di operatività).
In tale contesto è stata evidenziata la posizione del ricorrente, indicando gli elementi dimostrativi della sua intraneità, quale stabile acquirente, al sodalizio.
In particolare, il Tribunale ha evidenziato il contenuto di alcune conversazioni intercettate (di cui sono stati riportati gli estratti più significativi e di un valenza dimostrativa alle pagg. 14 e 15 della motivazione dell’ordinanza impugnata), dalle quali è stato ricavato, in modo non illogico, l’inserimento del ricorrente nel sodalizio, in quanto da tali conversazioni è stata desunta la stabilità e la regolarità del rapporto di fornitura di stupefacenti (tanto da minacciarne l’interruzione a causa della indisponibilità del COGNOME a vendere i quantitativi d stupefacente richiesti e la sospensione in caso di mancato pagamento di forniture precedenti), sottolineando che da tali conversazioni si ricava anche che lo stupefacente veniva consegnato senza previo pagamento del relativo prezzo, che veniva versato solo dopo che i gestori delle piazze di spaccio (tra cui il COGNOME) avevano avuto modo di venderlo al minuto, traendone ulteriore conferma del rapporto stabile esistente tra l’attività svolta dal ricorrente e il clan e anch soprattutto, della funzionalità di tale rapporto alla operatività del sodalizio.
Inoltre, è stato evidenziato che dalle conversazioni intercettate emerge che il ricorrente COGNOME contrattava con NOME COGNOME i quantitativi di stupefacente che doveva rivendere per suo conto, sottostando alle richieste dello stesso COGNOME a
· GLYPH proposito dei quantitativi da acquistare e rivendere e dei relativi prezzi, traendone, anche a questo riguardo in modo logico, la dimostrazione della consapevolezza da parte del ricorrente di agire (acquistando e smerciando sostanze stupefacenti) non solo nel proprio interesse ma anche per attuare il programma criminoso del sodalizio, che tramite i suoi vertici procurava le sostanze stupefacenti, ne imponeva il prezzo e stabiliva anche il volume di affari, con la minaccia che se questo non fosse stato raggiunto il ricorrente (come gli altri titolari o gestor sarebbe stato privato della gestione della “piazza di spaccio”.
Tali considerazioni, non certamente illogiche, ma, anzi, pienamente razionali, alla luce dell’univoco contenuto delle conversazioni intercettate, anche per come riportate nella motivazione dell’ordinanza impugnata, e, soprattutto, idonee a dar conto degli elementi ritenuti dimostrativi della consapevole partecipazione del ricorrente al sodalizio di cui al capo a), sono state censurate dal ricorrente esclusivamente sul piano dell’apprezzamento e della valutazione degli elementi a carico, in particolare delle conversazioni intercettate, proponendone una lettura alternativa, non consentita, come ricordato, nel giudizio di legittimità, nel quale è esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità dell fonti di prova (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575; Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il terzo motivo, relativo alla attualità e concretezza delle esigenze cautelari e alla adeguatezza e proporzionalità della custodia in carcere, è manifestamente infondato.
Va, dunque, anzitutto rammentato che, in tema di misure cautelari personali, la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze di cautela sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. può essere superata a condizione che si dia conto dell’avvenuto apprezzamento di elementi, evidenziati dalla parte o direttamente enucleati dagli atti, significativi in tal senso, afferenti, in specie, alla tipolog delitto in contestazione, alle concrete modalità del fatto e alla sua risalenza, non essendo sufficiente, a tal fine, il mero decorso del cosiddetto “tempo silente”, posto che è escluso, in materia, qualsiasi automatismo valutativo (Sez. 2, n. 24553 del 22/03/2024, COGNOME, Rv. 286698 – 01).
· GLYPH La presunzione relativa di pericolosità sociale posta dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. determina la necessità che il giudice, senza dover dar conto della ricorrenza dei “pericula libertatis”, si limiti ad apprezzare le ragioni della sua esclusione, ove queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti, tra le quali, in particolare, rilevano sia il fattore ” trascorso dai fatti”, che deve essere parametrato alla gravità della condotta, sia la rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza, desumibile da indicatori concreti, quali le attività risocializzanti svolte in regime carcerario, volte reinserimento nel circuito lavorativo lecito, nonché l’assenza di comportamenti criminali (Sez. 5, n. 806 del 27/09/2023, dep. 2024, S., Rv. 285879 – 01; Sez. 5, n. 36891 del 23/10/2020, Quaceci, Rv. 280471 – 01; Sez. 5, n. 57580 del 14/09/2017, Lupia, Rv. 272435 – 01).
Ora, nel caso in esame, in presenza della doppia presunzione relativa di cui all’art. 275, terzo comma, cod. proc. pen., di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, il ricorrente si è limitato ad allegare il decorso di un apprezzabile arco di tempo dalla cessazione della operatività del sodalizio (che sarebbe cessata nell’agosto 2020), la mancata commissione di altri reati e la possibilità di esecuzione degli arresti domiciliari i luogo distante da quello nel quale vennero realizzate le condotte illecite.
Si tratta, indubbiamente, di allegazioni generiche e, soprattutto, insufficienti, a fronte della personalità negativa del ricorrente, della sua pericolosità, della evidenziata gravità dei reati e del contesto criminale conseguente alla costituzione della associazione della quale era stabile partecipe anche il ricorrente.
Al riguardo il Tribunale ha rimarcato sia la pericolosità del ricorrente, noto come spacciatore inserito da anni in contesti camorristici a Caivano, già condannato per reati in materia di stupefacenti, sia il suo inserimento nel sodalizio, sottolineando la stabile e risalente contiguità del ricorrente con ambienti criminali dediti allo spaccio di stupefacenti (sin dall’ano 2005) e la sistematica prosecuzione di tale attività nel corso degli anni, rapportandosi con i vari clan succedutisi nell’egemonia e nel controllo del territorio, indipendentemente dalla loro composizione, ribadendo quindi la sussistenza delle esigenze cautelari, la loro concretezza e attualità, stante la risalenza nel tempo e la stabilità dei collegamenti del ricorrente con ambienti criminali, e la adeguatezza della custodia in carcere, in ragione della pericolosità del ricorrente e della commissione delle condotte di cessione di stupefacenti anche con l’uso del telefono (come riferito dai collaboratori COGNOME e COGNOME), con la conseguente inadeguatezza degli arresti domiciliari.
Si tratta di motivazione idonea a dare conto della persistenza delle esigenze cautelari e della adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere, che il ricorrente ha censurato in modo generico, omettendo di confrontarsi con tutti gli aspetti evidenziati dal Tribunale e senza allegare, oltre al tempo trascorso, fatti
· GLYPH specifici indicativi della rescissione dei legami con gli ambienti criminali nei quali lo stesso era stabilmente e da tempo inserito e dai quali è stata ricavata la sua pericolosità e la conseguente inadeguatezza di misure cautelari diverse, con la conseguente inammissibilità anche di tale motivo di ricorso, che risulta generico e manifestamente infondato.
Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, a cagione della genericità e della manifesta infondatezza di tutti i motivi ai quali è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 19/2/2025