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Misure cautelari: il rischio di recidiva nei reati fiscali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di tre professionisti indagati per una maxi-frode su crediti d’imposta. La sentenza conferma la legittimità delle misure cautelari applicate, sottolineando come il pericolo di recidiva vada valutato in base alla concreta gravità dei fatti, alle modalità sistematiche della condotta e alle competenze professionali sfruttate per commettere il reato, elementi che dimostrano una spiccata propensione a delinquere. Il sequestro dei crediti illeciti non è stato ritenuto sufficiente a neutralizzare tale pericolo.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Cautelari e Rischio di Recidiva: la Cassazione sui Reati Fiscali

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9961/2024, ha fornito importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione di misure cautelari personali, in particolare riguardo alla valutazione del rischio di recidiva nei reati finanziari complessi. Il caso riguardava una presunta maxi-frode perpetrata attraverso la creazione e cessione di crediti d’imposta fittizi legati a bonus edilizi, per un valore di oltre 200 milioni di euro. La Corte ha ritenuto inammissibili i ricorsi degli indagati, confermando le misure disposte dal Tribunale di Brescia.

I Fatti di Causa

Il procedimento nasce da un’indagine su un gruppo di professionisti, tra cui commercialisti e rappresentanti legali di società, accusati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, autoriciclaggio e riciclaggio. Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero messo in piedi un sistema per generare crediti d’imposta inesistenti (relativi a “bonus facciate”, “sisma bonus” e “bonus locazioni”) per poi cederli a terzi.

Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) di Brescia aveva riconosciuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ma aveva rigettato la richiesta di applicazione di misure detentive avanzata dal Pubblico Ministero, non ravvisando esigenze cautelari attuali.

Il Pubblico Ministero ha impugnato tale decisione e il Tribunale di Brescia, in riforma dell’ordinanza del G.i.p., ha applicato a tutti gli indagati la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, aggiungendo per alcuni anche misure interdittive come il divieto di esercitare la professione e di ricoprire cariche in società per dodici mesi. Contro questa decisione, gli indagati hanno proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso e le Misure Cautelari Applicate

I ricorsi degli indagati si fondavano su diversi motivi, tra cui:

* Incompetenza territoriale del Tribunale di Brescia: si sosteneva che la competenza dovesse essere radicata altrove, in base a procedimenti connessi pendenti a Milano.
* Carenza di motivazione sui gravi indizi di colpevolezza: i ricorrenti lamentavano che il Tribunale si fosse limitato a richiamare l’ordinanza del G.i.p. senza una valutazione autonoma.
* Insussistenza delle esigenze cautelari: questo era il punto centrale dei ricorsi. Gli indagati sostenevano che il pericolo di recidiva fosse stato valutato in modo astratto e non concreto, senza considerare il tempo trascorso dai fatti e l’effetto deterrente del sequestro preventivo già disposto sui crediti.

Il Tribunale aveva invece ritenuto che le misure cautelari fossero necessarie per fronteggiare un pericolo di reiterazione di reati concreto e attuale, desunto dalla gravità e sistematicità della condotta.

La Valutazione del Rischio di Recidiva secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto tutte le doglianze, confermando la correttezza del ragionamento del Tribunale di Brescia. I giudici hanno sottolineato che il pericolo di recidiva non può essere escluso solo sulla base del tempo trascorso dai fatti. La valutazione deve basarsi su un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto di:

1. Modalità della condotta: La realizzazione di una frode così ingente e strutturata, che ha sfruttato complesse normative fiscali, è indice di una notevole capacità criminale e spregiudicatezza.
2. Personalità del soggetto: L’aver piegato le proprie competenze professionali (in questo caso, di commercialisti) a scopi illeciti dimostra una propensione al crimine che non può essere considerata occasionale.
3. Contesto socio-ambientale: La capacità di operare su tutto il territorio nazionale attraverso una rete di società evidenzia una pericolosità sociale elevata.

La Corte ha specificato che la gravità del fatto, intesa non come astratto titolo di reato ma nelle sue concrete manifestazioni, è un elemento imprescindibile per comprendere se la condotta illecita sia sintomatica di un’incapacità del soggetto di autolimitarsi.

L’Irrilevanza del Sequestro Preventivo

Un punto cruciale della sentenza riguarda l’effetto del sequestro preventivo. Secondo i ricorrenti, avendo bloccato i crediti fittizi, lo Stato aveva neutralizzato il pericolo. La Cassazione ha sposato la tesi del Tribunale, secondo cui il sequestro, impedendo la monetizzazione dei profitti illeciti, potrebbe addirittura incentivare gli indagati a ricercare nuove fonti illecite di guadagno, commettendo reati della stessa specie. Pertanto, il sequestro non solo non esclude il pericolo, ma può renderne più urgente la neutralizzazione attraverso misure cautelari personali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendo la motivazione dell’ordinanza impugnata logica, coerente e in linea con i principi giurisprudenziali consolidati. Sulla competenza territoriale, ha confermato che questa è stata correttamente individuata nel luogo di consumazione del reato più grave (riciclaggio), ossia dove si era perfezionata la prima cessione dei crediti. Per quanto riguarda il rischio di recidiva, la Corte ha ribadito che la sua valutazione è una prognosi basata su elementi concreti. Nel caso di specie, la sistematicità della frode, l’ingente valore economico, le competenze professionali sfruttate e l’indifferenza per le conseguenze sono stati ritenuti elementi sufficienti a fondare un giudizio di pericolosità sociale attuale e concreta, giustificando pienamente le misure cautelari applicate.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale in materia di misure cautelari: la valutazione del pericolo di recidiva, specialmente nei reati dei “colletti bianchi”, deve essere ancorata a un’analisi approfondita della condotta concreta e della personalità dell’indagato. La gravità del fatto e la professionalità impiegata nell’illecito sono indicatori potenti di una propensione a delinquere che il semplice trascorrere del tempo o un sequestro patrimoniale non sono sufficienti a scalfire. La decisione del Tribunale, pertanto, non è stata un’applicazione automatica della legge, ma una valutazione ponderata e specifica del caso, che la Cassazione ha ritenuto immune da vizi logici o giuridici.

Come si valuta il pericolo di reiterazione del reato per applicare le misure cautelari?
La valutazione deve essere concreta e attuale, basata su un’analisi approfondita della fattispecie che consideri le modalità realizzative della condotta, la personalità del soggetto e il contesto socio-ambientale. La gravità del fatto, nelle sue concrete manifestazioni, è un elemento fondamentale per comprendere se la condotta sia occasionale o sintomatica di una stabile propensione a delinquere.

Il sequestro preventivo dei beni illeciti esclude automaticamente il rischio di commettere nuovi reati?
No. Secondo la sentenza, il sequestro preventivo, impedendo all’indagato di monetizzare i profitti illeciti, non solo non esclude il pericolo di recidiva, ma potrebbe addirittura incentivarlo a cercare nuove fonti illecite di guadagno per commettere reati della stessa specie. Pertanto, può rendere ancora più necessaria l’applicazione di misure cautelari personali.

Come viene determinata la competenza territoriale in caso di reati connessi come truffa e riciclaggio?
La competenza territoriale viene determinata in base al reato più grave. In questo caso, il reato più grave è stato identificato nel riciclaggio e autoriciclaggio. Il luogo di consumazione di tali reati, e quindi il foro competente, è stato individuato nel luogo in cui si sono perfezionate le prime cessioni dei crediti illeciti, ovvero presso la sede della società che li ha ricevuti, poiché tale operazione ostacola l’identificazione della loro provenienza delittuosa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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