Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30076 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30076 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2002/2025
CC – 06/06/2025
R.G.N. 13482/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno del 3/4/2025
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
1.Con ordinanza in data 3.4.2025, il Tribunale di Salerno, in funzione di giudice del riesame, ha provveduto sull’appello del pubblico ministero avverso l’ordinanza in data 20.1.2025 del g.i.p. del Tribunale di Salerno, che aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di COGNOME
Il g.i.p. ha ritenuto che COGNOME, pubblico funzionario dell’Ispettorato del Lavoro di Napoli, partecipasse al meccanismo criminoso, in particolare emettendo i nulla osta al rilascio del visto per il soggiorno dei cittadini stranieri, pur consapevole della irregolarità e della falsità delle istanze di assunzione. Il g.i.p., però, ha ritenuto non piø sussistente il pericolo attuale di reiterazione nei confronti di COGNOME, in ragione dell’intervenuta modifica normativa per la quale non Ł piø previsto il parere preventivo al rilascio del nullaosta all’ingresso del territorio italiano da parte dell’Ispettorato del Lavoro: di conseguenza, non occorre piø alcun contributo causale alla realizzazione del programma illecito e non ricorrono elementi di segno contrario da cui desumere un suo perdurante coinvolgimento nell’inoltro delle istanze fittizie di nullaosta.
Il ricorso lamenta che il Tribunale del riesame abbia svilito, nella valutazione del pericolo di reiterazione del reato, la circostanza – valorizzata invece dal g.i.p. – del mutamento di mansioni dell’indagato, il quale Ł oggi assegnato a funzioni amministrative interne non connesse alle pratiche oggetto di indagine.
Il Tribunale ha, quindi, erroneamente applicato la presunzione ex art. 12, comma 4bis , d.lgs. n. 286 del 1998 senza tenere conto del mutamento intervenuto con il D.L. n. 20 del 2023, che ha eliminato il parere preventivo dell’Ispettorato del Lavoro.
Con requisitoria scritta trasmessa il 12.5.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando che l’ordinanza impugnata coglie del tutto correttamente il quadro cautelare emerso e lo dimostra con una motivazione completa, rigorosa e logica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
L’esame delle censure difensive, in quanto attinenti al solo profilo delle esigenze cautelari, deve essere preceduto da due iniziali premesse.
La prima Ł che, per effetto del combinato disposto dell’art. 12, comma 4bis , d.lgs. n. 286 del 1998 e della sentenza n. 331 del 2011 della Corte costituzionale, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati previsti dal comma 3 dello stesso art. 12, Ł applicata una misura cautelare, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.
La seconda Ł che, in tema di esigenze cautelari, opera il principio secondo cui, in sede di giudizio di legittimità, sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione (Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01; Sez. 1, n. 6972 del 7/12/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215331 – 01). Il controllo di logicità deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non Ł possibile procedere a una nuova o diversa valutazione dello spessore delle esigenze cautelari (Sez. 1, n. 1083 del 20/2/1998, COGNOME, Rv. 210019 – 01).
Alla luce di queste premesse, deve ritenersi che la motivazione del provvedimento impugnato sulle esigenze cautelari sia incensurabile, sia nella parte in cui precisa che il pericolo di reiterazione deve riguardare non necessariamente il medesimo reato ma reati che offendono lo stesso bene giuridico, sia nella parte in cui spiega con il riferimento a precise circostanze di fatto – la permanenza dell’indagato nell’ambito della pubblica amministrazione, i suoi rapporti con i coindagati, i precedenti specifici da cui Ł gravato perchØ la cessazione dallo specifico incarico nell’esercizio del quale Monti concorreva nei reati non ha fatto meno venire meno il pericolo di recidiva.
I due aspetti in questione sono strettamente legati tra loro e, nel valutarli, il tribunale del riesame ha fatto corretta applicazione dei principi da tempo affermati da questa Corte in relazione al pericolo di reiterazione dei reati attribuiti a indagati che li abbiano commessi nell’esercizio di un pubblico ufficio.
¨ stato affermato, infatti, che, in tema di misure cautelari personali, la prognosi sfavorevole circa la commissione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede non Ł impedita dalla circostanza che l’incolpato abbia dismesso l’ufficio o la funzione, nell’esercizio dei quali, abusando della sua qualità o dei suoi poteri o altrimenti illecitamente determinandosi, ha realizzato la condotta criminosa, atteso che l’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. fa riferimento alla probabile commissione di reati della stessa specie, cioŁ di reati che offendono lo stesso bene giuridico, e non già di fattispecie omologhe a quella per cui si procede (Sez. 4, n. 18851 del 10/4/2012, P.m., P.o. e COGNOME, Rv. 253861 – 01; Sez. 1, n. 33928 del 22/9/2006, COGNOME, Rv. 234801 – 01).
L’attualità del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie ex art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., può comunque ritenersi sussistente, purchØ ricorra il rischio concreto che ulteriori reati dello stesso tipo siano resi probabili da una posizione soggettiva che consenta all’agente di mantenere condotte antigiuridiche dotate dello stesso rilievo ed offensive della medesima categoria di beni (Sez. 2, n. 38832 del 20/7/2017, COGNOME, Rv. 271139 – 01) e purchØ il giudice fornisca adeguata e logica motivazione in merito alla mancata rilevanza della sopravvenuta sospensione o cessazione del rapporto, con riferimento alle circostanze di fatto che concorrono a evidenziare la probabile rinnovazione di analoghe condotte criminose da parte dell’imputato (cfr. Sez. 6, n. 55113 dell’8/11/2018, COGNOME, Rv. 274648 – 01).
Sotto questo profilo, il tribunale ha dato adeguatamente conto degli elementi in virtø dei quali si può fondatamente formulare una prognosi sfavorevole, mettendo ragionevolmente in rilievo che NOME Ł tuttora in servizio, sia pure con compiti diversi, presso lo stesso ufficio ove ha commesso i reati addebitatigli, sicchØ, anche eventualmente insieme ad altri pubblici funzionari che pure erano asserviti agli interessi dell’associazione, potrebbe seguitare a mettere illecitamente le proprie competenze a disposizione di disegni criminali, come ha fatto in maniera prolungata per circa quattro anni in occasione dei fatti oggetto di indagini e come aveva peraltro già fatto in passato.
Alla stregua di quanto appena evidenziato, le censure articolate nel ricorso, fondate innanzitutto sul mutamento delle mansioni dell’indagato e della previsione di legge secondo cui il rilascio del permesso di soggiorno temporaneo doveva essere corredato del parere dell’Ispettorato del Lavoro, non sono idonee a inficiare la nient’affatto illogica valutazione del quadro cautelare cui ha proceduto il Tribunale di Salerno sulla base dei consolidati principi affermati in materia dalla giurisprudenza di legittimità.
NØ può ritenersi che la circostanza relativa al decorso del tempo, pure sinteticamente richiamata dal ricorrente, valga a sua volta a vincere la presunzione relativa di sussistenza
delle esigenze cautelari, prevista dall’art. 12, comma 4bis , d.lgs. n. 286 del 1998.
Si tratta di presunzione speciale rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen. e, quindi, su di essa prevalente, con la conseguenza che fa ritenere sussistente i caratteri di attualità e concretezza del pericolo di reiterazione del reato, salvo prova contraria, che non Ł però desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo.
Nella materia cautelare, questa Corte ha piø volte affermato che il decorso del tempo, in quanto tale, possiede una valenza neutra ove non accompagnato da altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità (cfr., per esempio, Sez. 2, n. 6592 del 25/1/2022, COGNOME, Rv. 282766 – 02; Sez. 1, n. 21900 del 7/5/2021, COGNOME, Rv. 282004 – 01; Sez. 5, n. 57580 del 14/9/2017, COGNOME, Rv. 272435-01).
Concreti e specifici dati circostanziali di tale valenza non sono stati ravvisati dai giudici dell’ordinanza impugnata, che hanno correttamente vagliato il compendio indiziario, e nemmeno sono stati rappresentati dal ricorrente in termini adatti a superare l’effetto presuntivo dell’art. 12, comma 4bis , d.lgs. n. 286 del 1998.
Il motivo di ricorso, pertanto, Ł infondato e deve essere disatteso.
A quanto sin qui osservato, conseguono, dunque, il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
Ai sensi dell’art. 28, comma 1, reg. esec. cod. proc. pen., deve disporsi, altresì, la trasmissione al pubblico ministero, a cura della cancelleria, dell’estratto del presente provvedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 06/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME