Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34668 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34668 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di: COGNOME NOME, nata a Caltagirone il DATA_NASCITA, avverso la ordinanza del 02/04/2024 del Tribunale per il riesame di Catania, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte trasmesse in data 28 giugno 2024 dal Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni scritte trasmesse a mezzo p.e.c. in data 8 luglio u.s. (la data di redazione è erroneamente indicata nell’8 settembre 2024) dal difensore della ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale per il riesame delle misure coercitive di Catania respingeva l’istanza di riesame proposta, ex art. 309 cod. proc. pen., avverso l’ordinanza emessa in data 18 marzo 2024 dal GIP del Tribunale di Caltagirone, che aveva applicato anche al ricorrente la misura cautelare degli arresti domiciliari in riferimento al delitto di estorsione aggravata in concorso (familiare) contestato al capo 1 della rubrica.
Si procede per delitto di estorsione aggravata commessa in concorso, con coniuge e figlio, dalla ricorrente. La fattispecie concreta prospetta che la ricorrente, inserita in un circuito vicino al traffico di sostanze stupefacenti, sia adoperata concretamente in più occasioni ed in concorso con coniuge e figlio per costringere la persona offesa ad onorare debiti contratti dal figlio di costei con terzi per l’acquisto di sostanze stupefacenti.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’indagata, deducendo:
3.1. violazione della legge penale per essere la motivazione assente in punto di “fumus commissi delicti” (così si legge in ricorso) riferito all’ipotesi estorsiva contestata, non potendo attribuirsi alcuna credibilità alle dichiarazioni, non confortate da alcun elemento di riscontro, della persona offesa;
3.2. vizi esiziali di motivazione con riferimento alla attualità e concretezza delle esigenze cautelari, non rinvenendosi negli atti specifici sintomi della attualità di tali esigenze (pericolo di turbamento della prova in formazione e pericolo di reiterazione), tutelabili peraltro solo con la misura detentiva autocustodiale, avuto peraltro riguardo alla completa incensuratezza della ricorrente.
Il ricorso è stato trattato con contraddittorio cartolare, in mancanza di tempestiva richiesta di trattazione in presenza delle parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, giacché manifestamente infondato, meramente ripetitivo delle doglianze espresse con i motivi di riesame e tendente a prospettare alla Corte di legittimità vizi attinenti alla corretta identificazione e valorizzazion dei “gravi indizi di colpevolezza”, richiesti dal testo dell’art. 273 cod. proc. pen. quale precondizione dell’applicabilità della cautela personale; tutti aspetti che il Tribunale per il riesame ha diffusamente trattato, esaminato ed argomentato, in uno all’attuale concretezza delle esigenze cautelari di prevenzione speciale, adeguatamente tutelabili con la misura domiciliare in corso di esecuzione.
In via preliminare giova ribadire il perimetro di valutazione del giudice di legittimità in materia di misure cautelari personali. Le Sezioni Unite di questa Corte
Suprema (Sez. U, n.. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828-01).hanno già avuto modo di chiarire che “In tema di misure caute/ari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie” (In motivazione, la S. C., premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza).
Tale orientamento, dal quale l’odierno Collegio non intende discostarsi, ha trovato conforto anche in pronunce più recenti di questa Corte Suprema (Sez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460-01). Ne consegue che “L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze caute/ari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione dl specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato” (In motivazione, la Corte ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito). (Sez. F, n. 3 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698-01; Sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, Rv. 276976; Sez. 2, n. 23272, del 7/5/2024, n.m.).
2.1. Orbene, nel caso in esame, l’ordinanza esaminata risulta avere adeguatamente analizzato tutti gli elementi indiziari, averli ricondotti ad unità
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attesa la loro concordanza e, con motivazione assolutamente scevra da illogicità o contraddizioni, aver ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico della ricorrente per il delitto di estorsione aggravata commesso in concorso (con coniuge e figlio), nonché la sussistenza di concrete ed attuali esigenze cautelari, sottese alla elezione della più adeguata misura coercitiva applicata in sede genetica.
La difesa ha di fatto sollecitato questa Corte ad effettuare una diversa e inammissibile ricostruzione dei fatti, offrendo una lettura alternativa degli elementi probatori.
Il motivo di ricorso si appunta specificamente sulla valutazione di non attendibilità della persona offesa, che ha reso dichiarazioni gravemente indizianti a carico della ricorrente, rappresentando elementi univoci e gravi (anche confortati da dati esterni di osservazione digitale), atti a consentire l’applicazione del provvedimento cautelare personale di natura detentiva. Sul punto, non sussistono oscillazioni giurisprudenziali tali da indurre a ritenere modificato il quadro ermeneutico di riferimento in tema di valutazione degli indizi in materia cautelare, secondo cui la deposizione della persona offesa, anche se rappresenta l’unica prova del fatto da accertare e manchino riscontri esterni, può legittimare l’adozione di un provvedimento restrittivo, conformemente al seguente principio di diritto che occorre ribadire: «In tema di misure cautelari personali, le dichiarazioni accusatorie della persona offesa possono integrare i gravi indizi di colpevolezza richiesti per l’applicazione della misura, senza necessità di acquisire riscontri oggettivi esterni ai fini della valutazione di attendibilità estrinseca» (Sez. 5, n. 5609 del 20/12/2013, COGNOME, Rv. 258870; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 5, n. 27774 del 26/04/2010, M., Rv. 247883). In questo contesto processuale, occorre ulteriormente considerare la giurisprudenza di questa Corte che esclude l’applicazione della regola AVV_NOTAIO dell’art. 192 cod. proc. pen. alle dichiarazioni delle persone offese, affermando: «Le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone» (Sez. U, n. 4161 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, Rv. 253214). A tali dirimenti considerazioni occorre aggiungere che le dichiarazioni effettuate dalla COGNOME – di per sé sole idonee a consentire l’adozione di un provvedimento cautelare nei confronti dell’indagata – venivano supportate dalle intercettazioni telefoniche e dalle attività di videoripresa, eseguite mediante l’installazione di una telecamera all’ingresso della abitazione della medesima, che Corte di Cassazione – copia non ufficiale
ha registrato le visite insistenti dei suoi estorsori, emergendo l’assoluta coincidenza tra le date indicate in querela dalla COGNOME e quelle nelle quali effettivamente la COGNOME e i coindagati sono stati ripresi mentre accedevano all’abitazione della persona offesa. Ulteriore riscontro è stato individuato nelle produzioni documentali relative al finanziamento bancario ottenuto dalla COGNOME e di cui la stessa aveva ampiamenti riferito nel corso delle sue dichiarazioni e nelle annotazioni di p.g. Il Tribunale ha anche affrontato il tema di alcune incongruenze del narrato della persona offesa, ritenendo del tutto credibili le giustificazioni fornite dalla persona offesa ed evidenziando lo stato di terrore in cui versava la vittima. Ne discende che, sui profili valutativi concernenti il giudizio di gravità indiziaria espresso nei confronti dell’indagata, la ricostruzione compiuta dal Tribunale del riesame di Catania risulta ineccepibile. Il Collegio ha posto in evidenza che la natura della pretesa creditoria era relativa alla cessione di sostanza stupefacente di cui il COGNOME, figlio della COGNOME, faceva uso e il gruppo familiare agiva quale intermediario tra il COGNOME e i fornitori di droga, avanzando pretese estorsive per ottenere il pagamento del debito derivante dalla fornitura di stupefacenti. La sussistenza di crediti collaterali derivanti dalla cessione della vettura o dalle contravvenzioni che il COGNOME avrebbe contratto non intacca il costrutto accusatorio relativo alle pretese estorsive che con elevato grado di probabilità i COGNOME hanno avanzato nei confronti del COGNOME e della di lui madre. Se il COGNOME NOME era colui che avanzava le pretese estorsive con minaccia di morte e usando anche violenza fisica, la COGNOME ed il figlio COGNOME NOME si adoperavano per riscuotere il denaro, recandosi con cadenza costante presso l’abitazione della COGNOME, effettuando insistenti chiamate telefoniche e spingendosi pure a costringere la COGNOME a prelevare la somma di 5000,00 euro che le veniva subito sottratta proprio dalla COGNOME.
2.2. Col secondo motivo, del tutto asimmetrico rispetto al contenuto dell’ordinanza impugnata, il difensore deduce ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., violazione di legge in relazione all’art. 274, lett. a) cod. proc. pen..
Non sarebbe stata fornita “alcuna motivazione” sulla sussistenza di tale esigenza cautelare.
La censura è inammissibile, in quanto nell’ordinanza genetica ed in quella di riesame non è richiamato il pericolo di inquinamento della prova in formazione.
2.3. Col terzo motivo, il difensore deduce violazione di legge, ex art. 606, comma 1, lett. c) ed e) c.p.p., in relazione all’art. 274, lett. c) cod. proc. pen.
Il motivo è generico. Il Tribunale per il riesame, con motivazione immune da vizi logici, ha ritenuto sussistente il concreto pericolo di recidiva specifica desunto dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, denotanti l’abilità e la spregiudicatezza del ricorrente nella perpetrazione di reati contro il patrimonio e già significative
della propensione alla reiterazione degli illeciti. In.particolare, la ricorrente non ha esitato a sottrarre alla vittima una somma di denaro (5000,00 euro) appena prelevata dalla COGNOME, pur essendo ben consapevole delle difficoltà economiche della donna, la quale non aveva assunto direttamente alcun debito.
Tali elementi appaiono, contrariamente a quanto rilevato dalla difesa, estremamente significativi, in quanto connotano la personalità dell’indagata ed integrano una giustificazione non manifestamente illogica della concretezza e attualità del pericolo di recidiva. Conseguentemente appare del tutto giustificata la misura applicata, volta a far fronte all’esigenze cautelari così come determinate, e ad assicurare il contenimento dell’indagata e l’allontanamento dai fattori causativi dei suoi comportamenti illeciti, sì da impedire la ricaduta nel delitto. Il Tribunale del riesame ha dato specificamente atto dell’inidoneità di misure meno afflittive a contenere le esigenze cautelari, in quanto esse presuppongono un particole affidamento nel soggetto di colui che vi si è sottoposto, condizione che non sussiste nel caso in esame. Solo la misura autocustodiale è stata correttamente ritenuta idonea ad impedire alla ricorrente di riprendere contatti con la persona offesa, recidendo in modo concreto i legami che la stessa aveva con ambienti fortemente delinquenziali. Tali legami si ricollegano congruamente alla ricostruzione accusatoria secondo cui la famiglia della COGNOME agiva quale intermediaria con i fornitori di stupefacente al figlio della persona offesa.
Il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate (Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, Stamegna, Rv. 267785-01). I giudici del riesame hanno adeguatamente formulato un giudizio prognostico che, sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., si riconnette alla realtà emergente dagli atti del procedimento ed alle valutazioni della persistente pericolosità che è dato trarne, con evidente esclusione di una considerazione di possibile adeguatezza della diversa modalità di applicazione ed esecuzione della misura cautelare per come indicata dalla difesa (Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 277242-01; Sez. 4, n. 47837 del 04/10/2018, C., Rv. 273994-01; Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, COGNOME, Rv. 271216-01; Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, COGNOME, dep. 2017, Rv. 269684-01; Sez. 2, n. 44946 del 13/09/2016, COGNOME, Rv. 267965-01; Sez. 2, n. 53645 del 08/09/2016, COGNOME, Rv. 268977-01).
L’ordinanza impugnata non soffre pertanto di alcuno dei vizi sindacabili in sede di legittimità, in assenza di alcuna violazione di legge, né sussistendo profili di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione, non potendo, per il resto, la Corte sostituirsi ai giudici di merito nella valutazione della permanenza delle esigenze cautelari e dell’individuazione della misura cautelare adeguata.
Per le considerazioni or ora esposte, dun.que, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12/07/2024.