Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26818 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26818 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME VIBO VALENTIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/01/2024 del TRIB. LIBERTA di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME
Rilevato in fatto
Il Tribunale Distrettuale di Firenze, in funzione di giudice del riesame dei provvedimenti cautelari personali, ha, con ordinanza emessa in data 30 gennaio 2024,rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso dal Gip del Tribunale di Arezzo, cori il quale era stata applicata al predetto COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere a seguito del suo avvenuto arresto nella flagranza del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4, e 80, comma 2, per detenzione e trasporto di Kg. 21 di hashish e kg 1 di marijuana, che occultava nel doppiofondo motorizzato del bagagliaio dell’auto dal medesimo condotta, in Lucignano l’11 gennaio 2024.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto per un verso sussistere a carico dell’indagato gli elementi integranti i gravi indizi di colpevolez2:a in ordine al reat a lui provvisoriamente contestato, posto che l’arresto era avvenuto nella flagranza del traporto di un considerevole quantitativo di stupefacente, che appariva perfino superfluo ritenere destiNOME alla commercializzazione, attesa l’elevata quantità e le condizioni e le caratteristiche della detenzione; il COGNOME si trovava nel legittima disponibilità dell’auto, in forza di regolare contratto di sublocazion stipulato con la RAGIONE_SOCIALE, a sua volta locataria del bene nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, proprietaria dell’auto. Non potevano, inoltre esservi dubbi sulla consapevolezza del prevenuto in merito al carico di droga, posto che l’auto era nella sua disponibilità dal settembre 2023 e la stessa risultava essere stata appositamente modificata per il trasporto occultato dello stupefacente; il COGNOME, dunque, era stato assoldato da soggetti ben inseriti nel traffico di droga per effettuarne il trasporto.
Inoltre, il Tribunale del riesame ha osservato che le esigenze cautelari, consistenti nell’opportunità di prevenire la commissione di altri reati da parte di quello della medesima specie del reato per il quale attualmente sono in corso le indagini, possono essere congruamente salvaguardate solo con la misura cautelare in carcere, posto che la incensuratezza dell’indagato e la sua giovane età sono recessive rispetto alla gravità della condotta, posto che – a prescindere dalla questione dell’aggravante della ingente quantità, legata alla determinazione del principio attivo- l’indagato aveva mostrato un inserimento professionale e non marginale nel contesto organizzativo dei soggetti criminosi dediti al traffico di sostanze stupefacenti. Inoltre, la droga avrebbe potuto provenire proprio dal luogo in cui si chiede vengano eseguiti gli arresti domiciliari.
Avverso tale ordinanza, NOME COGNOME, tramite il difensore, ha interposto ricorso per cassazione, con il quale ha fatto valere i seguenti motivi:
Con il primo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere l’ordinanza contro cui si ricorre, alla stregua di motivazione contraddittoria, confermato l’ordinanza del GIP, ritenendo gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod.proc.pen. di cui agli artt. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990, con riferimento alla detenzione e trasporto di kg. 21 di hashish e kg. 1 di marijuana, in luogo dell’ipotesi non aggravata, pur rilevando non essere nota la quantità di principio attivo presente nelle sostanze stupefacenti in sequestro, conseguentemente pervenendo ad una erronea qualificazione giuridica del fatto e determinando inosservanza ed erronea applicazione della disciplina di legge prevista in materia di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti; il ricorrente precisa che la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto l’interesse ad impugnare, quando l’indagato attraverso una diversa qualificazione del fatto può conseguire una utilità, quale il mantenimento o la modifica della misura cautelare; nel caso di specie, era ignota la quantità di principio attivo trasportata, in ordin alla determinazione del quale si sarebbero dovuti applicare i principi fissati dalle SS.UU. n. 14722 del 2020;
Con il secondo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere l’ordinanza impugnata, alla stregua di motivazione mancante e contraddittoria, confermato l’ordinanza del GIP, ritenendo sussistenti le esigenze cautelari ex art. 274 cod.proc.pen. ed inadeguata la misura degli arresti domiciliari in luogo diverso dal locus commissi delicti, sulla base di mere presunzioni sfornite di qualsivoglia elemento fattuale.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, sotto diversi profili.
In via preliminare, giova evidenziare che le Sezioni Unite di questa Corte Suprema hanno avuto modo di chiarire che “in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad ess ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie” (Sez. U., n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828). Tale orientamento, dal quale l’odierno
Collegio non intende discostarsi, ha trovato conforto anche in pronunce più recenti di questa Corte Suprema (ex ceteris: Sez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01; Sez. 4, n.26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv.255460-01). Ne consegue che “l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art, 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile i cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo dei provvedimento impugNOME” (In motivazione, la S.C. ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dat probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito). (Cfr. Sez.2, n.27886 del 17/06/2019, Rv. 276976-01; Sez. 2, n.31553 del 17/05/2017, Rv. 270628-01).
Quanto al primo motivo, incentrato sul tema dell’aggravante dell’ingente quantità, è da condividere il consolidato orientamento secondo cui “È inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione contro un provvedimento “de libertate” non rivolto a contestare la sussistenza del quadro indiziario e delle esigenze cautelari ma solo la configurabilità di determinate circostanze aggravanti, quando dall’esistenza o meno di tali circostanze non dipende, per l’assenza di ripercussioni sull'”an” o sul “quomodo” della cautela, la legittimità della disposta misura” (Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508; nello stesso senso, tra le altre, Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275028; Sez. 3, n. 36731 del 17/04/2014, COGNOME, Rv. 260256; Sez. 6, n. 50980 del 21/11/2013, Fabricino, Rv. 258502).
Nel caso di specie, tuttavia, il ricorrente non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata, la quale ha esplicitamente lasciato fuori dalla complessiva considerazione della gravità della condotta il tema del corretto richiamo all’aggravante della ingente quantità. La motivazione ha tenuto conto della professionalità che ha caratterizzato l’attività di trasporto del quantitativo, per sé notevole, di stupefacente. In ogni caso, la motivazione è logica e lineare, non suscettibile di vaglio di legittimità.
Con riferimento al secondo motivo, (avente ad oggetto le esigenze cautelari e la scelta della misura più idonea, inclusa quella degli arresti domiciliari), l decisione impugnata risulta adeguatamente giustificata alla p. 5 del provvedimento impugNOME, ove si sottolinea la gravità dei fatti, i verosimilmente mantenuti contatti con i fornitori, le emerse capacità di vettore dell’indagato, i forte radicamento dell’indagato nella sua terra di origine che gli consentirebbe di
continuare, con adeguata modifica della funzione, la medesima attività di supporto alla criminalità dedita al traffico di sostanze stupefacenti.
Essendo, in definitiva, il ricorso inammissibile e non ravvisandosi ex art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte costituzionale, sentenza n. 186 del 7 – 13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima congrua e conforme a diritto, indicata in d1ispositivo.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 12 giugno 2024.