Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12343 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12343 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a FONDI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/12/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto udito il difensore AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME è indagato per il reato di detenzione, a fine di cessione a terzi, di grammi 1015,65 di hashish suddivisi in dieci panetti e di grammi 333,32 di marijuana commesso in Fondi il 30 settembre 2023.
Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice per il riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha accolto l’appello proposto dal pubblico ministero del Tribunale di Latina avverso l’ordinanza emessa il 3/10/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, che aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura degli arresti domiciliari disponendo la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il Tribunale ha, dunque, applicato nei confronti di COGNOME NOME la misura degli arresti domiciliari nella abitazione di residenza in Fondi / prescrivendo all’indagato di non allontanarsi dall’abitazione senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria e di non comunicare, con qualunque mezzo, con persone diverse da quelle che con lui abitano o lo assistono.
Con l’atto di appello il pubblico ministero aveva censurato il provvedimento evidenziando che il giudice per le indagini preliminari aveva attribuito rilevanza a elementi quali la giovane età e l’incensuratezza da ritenersi non significativi, allegando che la misura cautelare non custodiale non fosse in grado di elidere il pericolo di reiterazione del reato; l’indagato si era avvalso della facoltà di non rispondere non fornendo elementi utili per poter ritenere attenuate le esigenze cautelari, per cui unica misura adeguata avrebbe dovuto ritenersi quella degli arresti domiciliari.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando l’ordinanza, con un primo motivo, per violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 282 e 283 cod. proc. pen., violazione dell’art. 606 lett.b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt.125 e 310 cod. proc. pen. Secondo la difesa, deducendo l’inadeguatezza della misura, il pubblico ministero è incorso in un errore di fatto in quanto la misura imposta è ben più complessa e afflittiva dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, imponendo l’obbligo di permanenza in casa in orario notturno, che coincide con tutto il lasso di tempo in cui il COGNOME non è al lavoro. Il Tribunale di riesame è incorso nel medesimo errore, non considerando che il giudice per le indagini preliminari aveva applicato la misura coercitiva dell’obbligo di presentazione alla polizia
giudiziaria giornaliero cumulandolo con le restrizioni previste dall’art. 283, comma 4, cod. proc. pen., motivando la scelta sulla scorta della produzione difensiva, che aveva dimostrato la condizione economica del nucleo familiare, dunque la ricorrenza delle ipotesi di cui all’art. 284, comma 3, cod. proc. pen. La misura irrogata, si assume, era assolutamente equiparabile agli arresti domiciliari chiesti dal pubblico ministero, che invece non ha individuato la portata della misura coercitiva, così incorrendo in errore nella valutazione della proporzionalità.
4.1. Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 310 cod. proc. pen. in relazione all’art. 125 cod. proc. pen., violazione art. 606 lett.e) cod. proc. pen., violazione degli artt. 275, 125 e 606 lett.b) ed e) cod. proc. pen. Il Tribunale del riesame ha ritenuto erroneamente che il Giudice per le indagini preliminari avesse applicato la misura meno gravosa valorizzando esclusivamente la giovane età e l’incensuratezza dell’indagato, già considerati nella richiesta di misura cautelare, errando nel ritenere che la misura chiesta dal pubblico ministero fosse la minima anziché la più grave richiedibile, ricorrendo al disposto dell’art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen. Contrariamente a quanto dedotto dal Tribunale del riesame, il pubblico ministero non ha fatto alcun accenno alla giovane età e all’incensuratezza dell’indagato. Inoltre, il Giudice per le indagini preliminari aveva espresso un giudizio di bilanciamento tra la tutela della collettività e la tutela delle esigenze lavorative dell’indagato ma con tale valutazione in termini di adeguatezza il Tribunale non si è confrontato.
4.2. Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 310 e 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. Sebbene il pubblico ministero non avesse enucleato le ragioni specifiche relative a eventuali contatti con fornitori, il Tribunale ha valutato l’esigenza di scongiurare tali contatti, non allegata dall’appellante, così pronunciandosi ultra petita.
4.3. Con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 284 in relazione all’art.606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., violazione dell’art. 275 cod. proc. pen. Il Giudice per le indagini preliminari aveva enucleato con estrema precisione gli elementi di segno negativo valorizzando correttamente quelli di segno positivo, posto che una diversa misura avrebbe avuto effetti devastanti sull’equilibrio economico del nucleo familiare del COGNOME. In assenza del reddito di quest’ultimo, il nucleo familiare di appartenenza resterebbe privo dei mezzi di sussistenza, ma il Tribunale non ha preso in alcuna considerazione il disposto dell’art. 284, comma 3, cod. proc. pen. la cui applicazione permetterebbe alla misura adottata di soddisfare sia l’esigenza di proporzionalità che di adeguatezza.
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt.23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegNOME le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato. Il Tribunale del riesame, lungi dall’ignorare la misura in concreto applicata, ha sottolineato che il Giudice per le indagini preliminari aveva previsto una prescrizione, quella della permanenza nell’abitazione in orario notturno, non pertinente all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, evidenziando la violazione del principio di tassatività che non consente di applicare a una misura cautelare le prescrizioni che non sono funzionali al tipo di tutela che la legge intende con essa assicurare. La decisione appare, dunque, coerente con l’esigenza di adeguare la misura alla necessità di limitare drasticamente movimenti e contatti del COGNOME, onde prevenire il rischio di reiterazione della condotta criminosa.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, a pag.3 dell’ordinanza il Tribunale ha esamiNOME il requisito della proporzione sia con riguardo alla pena che ha ritenuto presumibilmente irrogabile sia con riguardo alla non ipotizzabilità di una prognosi favorevole in funzione della sospensione condizionale della pena, dato il contesto delittuoso in cui è venuta a maturare la condotta, segnatamente considerato tale da fornire e da «assorbire» stupefacente. Non è, peraltro, specificamente allegata la ragione ostativa alla più grave misura della custodia in carcere ai sensi dell’art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen. che avrebbe reso illogica l’affermazione secondo la quale la giovane età dell’indagato e la sua incensuratezza erano state già prese in considerazione allorchè non era stata richiesta la più grave misura custodiale.
Con riguardo al terzo motivo di ricorso, la Corte di legittimità ha in più occasioni chiarito che, in tema di appello cautelare, considerata la natura devolutiva del giudizio, la cognizione del giudice è circoscritta entro il limite segNOME non solo dai motivi dedotti dall’impugnante, ma anche dal decisum del provvedimento gravato, sicché con l’appello non possono proporsi motivi nuovi
rispetto a quelli avanzati nell’istanza sottoposta al giudice di primo grado, né al giudice ad quem è attribuito il potere di estendere d’ufficio la sua cognizione a questioni non prese in esame dai giudice a quo (Sez. 1, n. 43913 dei 2/7/2012, Xu, Rv. 253786). Ma, secondo quanto ripetutamente affermato dalla Corte di legittimità (orientamento da intendersi confermato da Sez. U del 30/11/2023, COGNOME, notizia di decisione «Nel giudizio di appello cautelare, celebrato nelle forme e con l’osservanza dei termini previsti dall’art. 127 cod. proc. pen., possono essere prodotti elementi probatori “nuovi” nel rispetto del principio di devoluzione, contrassegNOME dalla contestazione, richiesta originaria e dai motivi contenuti nell’atto d’appello, e del contraddittorio»), sin dai 1997 le Sezioni Unite (Sez. U, n. 8 del 25/06/1997, Gìbilras Rv. 208313 – 01) hanno precisato che la cognizione del giudice di appello nel procedimento incidentale sulla libertà, di cui all’art. 310 cod. proc. pen., è limitata ai punti della decisione impugnata attinti dai motivi di gravame (e a quelli con essi strettamente connessi e da essi dipendenti), ma non è condizionata dalle deduzioni in fatto e dalle argomentazioni in diritto poste dal giudice della decisione impugnata a sostegno del proprio assunto, così come del resto espresso con chiarezza a pag.78 della Relazione al progetto preliminare per il nuovo codice di rito. Ciò che, conseguentemente, è precluso al giudice dell’appello de libertate, a differenza di quanto consentito al giudice del riesame, è l’esame dei «punti» della decisione di primo grado diversi da quelli oggetto di specifica censura. Nell’ambito del tema devoluto, il giudice dell’appello cautelare può, dunque, esaminare profili del fatto diversi da quelli allegati, come nel caso in esame il pericolo della reiterazione legato all’esistenza di stabili canali di collegamento con fornitori e con una rete che gestisce lo smercio al minuto. Giova, in ogni caso, sottolineare come tali elementi fossero stati già esaminati dal Giudice per le indagini preliminari (pag.2 ordinanza impugnata) escludendosi, anche per tale ragione, la violazione del principio devolutivo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il quarto motivo di ricorso è infondato in quanto l’omissione evidenziata non è tale da inficiare l’apparato giustificativo della misura sotto il profil dell’adeguatezza e proporzionalità delle esigenze cautelari.
La difesa aveva allegato l’esigenza di sostentamento del nucleo familiare che il COGNOME garantisce con il suo lavoro. Nel provvedimento impugNOME non è trascurata la valutazione della sussistenza o meno dei presupposti che consentono di riconoscere all’indagato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari l’autorizzazione ad assentarsi nel corso della giornata per esigenze lavorative, secondo quanto previsto dall’art. 284, comma 3, cod. proc. pen., come si evince da quanto affermato a pag.3 dell’ordinanza impugnata, ove si u
legge che il Tribunale ha ritenuto non attenuate le esigenze cautelari sulla base della capacità lavorativa in quanto esistente anche nel momento in cui l’indagato agiva nel mondo degli stupefacenti. Trattasi, peraltro, di condizione che può formare oggetto di specifica istanza all’autorità giudiziaria procedente.
Per tali ragioni il ricorso deve essere rigettato; segue, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 28 febbraio 2024
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Il Pre’idente