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Misure cautelari bancarotta: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione annulla con rinvio un’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva aggravato le misure cautelari per reati di bancarotta fraudolenta. La sentenza critica la motivazione del provvedimento, in particolare sulla scelta della custodia in carcere e sulla valutazione della gravità indiziaria. Viene ribadita la necessità di una giustificazione rigorosa per le misure cautelari, soprattutto riguardo all’attualità del pericolo di reiterazione e alla proporzionalità della misura scelta.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Cautelari Bancarotta: la Cassazione richiede rigore nella motivazione

Le misure cautelari in materia di bancarotta rappresentano un tema delicato, in cui si bilanciano l’esigenza di tutela della collettività e la libertà personale dell’indagato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 12745/2024, interviene proprio su questo punto, annullando un’ordinanza che aveva inasprito le misure per alcuni indagati per bancarotta fraudolenta. La decisione sottolinea un principio fondamentale: l’aggravamento di una misura cautelare, specialmente il passaggio alla custodia in carcere, deve essere supportato da una motivazione specifica, logica e non apparente, che dimostri l’inadeguatezza di ogni altra opzione meno afflittiva.

I Fatti del Caso

Il caso origina da un’indagine complessa su diverse procedure fallimentari. Al centro della vicenda vi è un commercialista, accusato di essere la ‘mente’ di un sistema volto a spogliare le società del loro patrimonio a danno dei creditori. Secondo l’accusa, il professionista si avvaleva della collaborazione di un ‘prestanome’ di fiducia e di altri imprenditori per gestire le società in crisi, sottrarre beni e distrarre fondi.

Inizialmente, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva applicato misure interdittive sia per il professionista che per il suo collaboratore. La Procura, ritenendo tali misure insufficienti, ha proposto appello al Tribunale del Riesame, che ha accolto la richiesta, disponendo la custodia in carcere per il commercialista e gli arresti domiciliari per il prestanome e altri due imprenditori coinvolti.

Contro questa decisione, gli indagati hanno presentato ricorso in Cassazione, lamentando vizi di motivazione sia sulla sussistenza delle esigenze cautelari (in particolare l’attualità del pericolo di commettere nuovi reati) sia sulla scelta delle specifiche misure, ritenute sproporzionate.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente i ricorsi, annullando l’ordinanza del Tribunale del Riesame e rinviando gli atti per un nuovo giudizio. La Corte non ha messo in discussione l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza, ma ha censurato duramente l’iter logico-giuridico seguito dal Riesame per giustificare l’aggravamento delle misure cautelari.

Le motivazioni della Corte sulle misure cautelari bancarotta

La sentenza si articola su tre punti principali, corrispondenti alle posizioni dei diversi ricorrenti.

1. La posizione del professionista

Per quanto riguarda il commercialista, la Cassazione ha evidenziato un ‘salto logico’ nella decisione di applicare la custodia in carcere. Il Tribunale del Riesame, pur avendo ampiamente descritto la gravità dei fatti e la pericolosità del soggetto, non ha spiegato adeguatamente perché la misura degli arresti domiciliari (eventualmente con prescrizioni aggiuntive) non fosse sufficiente a contenere il pericolo di reiterazione del reato. L’argomento secondo cui i reati potevano essere commessi anche da casa tramite ‘home banking’ è stato ritenuto insufficiente, poiché gli arresti domiciliari, se correttamente prescritti, dovrebbero azzerare il rischio di comunicazioni con terzi e l’uso di tali strumenti. La Corte ha ricordato che la custodia in carcere è una misura di extrema ratio e la sua applicazione deve essere motivata in modo stringente.

2. La posizione del ‘prestanome’

Anche per il collaboratore, ritenuto un mero ‘prestanome’ eterodiretto dal professionista, la motivazione è stata giudicata carente. Il Riesame non ha valorizzato a sufficienza il suo ruolo ‘servente’ nel valutare l’adeguatezza della misura. La Corte ha ritenuto illogico giustificare l’aggravamento della misura per il collaboratore basandosi sulla violazione di una precedente misura da parte del professionista. La valutazione sulla pericolosità e sulla misura da applicare deve essere strettamente individuale.

3. La posizione degli altri imprenditori

Infine, per gli altri due imprenditori, la Cassazione ha riscontrato una motivazione apparente e insufficiente riguardo alla stessa gravità indiziaria. Il provvedimento impugnato si limitava a elencare una serie di elementi fattuali senza collegarli in modo logico e specifico alle condotte materiali attribuite ai singoli indagati. Mancava, in sintesi, ‘l’abbinamento delle condotte agli autori’, rendendo la base indiziaria troppo generica per giustificare una misura cautelare personale.

Le conclusioni

La sentenza n. 12745/2024 della Corte di Cassazione riafferma con forza il principio di proporzionalità e adeguatezza nella scelta delle misure cautelari, specialmente in contesti complessi come la bancarotta fraudolenta. La gravità dei reati contestati non è di per sé sufficiente a giustificare la misura più afflittiva. Il giudice deve compiere una valutazione concreta e individualizzata del pericolo di reiterazione, spiegando con un percorso logico stringente perché misure meno invasive non siano idonee a fronteggiare tale rischio. Questo pronunciamento serve da monito per i giudici di merito, richiamandoli a un dovere di motivazione rafforzato quando si tratta di limitare la libertà personale, un bene costituzionalmente garantito.

Quando è attuale il pericolo di reiterazione del reato per applicare le misure cautelari in caso di bancarotta?
Secondo la Corte, l’attualità del pericolo richiede una valutazione prognostica sulla concreta possibilità di commissione di nuovi reati. Questa valutazione deve basarsi su elementi concreti come la personalità del soggetto, il contesto e le modalità dei fatti, e deve essere tanto più approfondita quanto maggiore è la distanza temporale dai reati contestati. Non si basa sulla data del fallimento, ma sull’epoca delle condotte illecite.

È sufficiente affermare l’inadeguatezza di una misura meno grave per giustificare la custodia in carcere?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che esiste un ‘salto logico’ se il giudice non spiega compiutamente le ragioni per cui una misura meno afflittiva, come gli arresti domiciliari con specifiche prescrizioni (ad es. divieto di comunicare con terzi o usare internet), non sia sufficiente a contenere il pericolo di reiterazione. La custodia in carcere deve essere motivata come l’unica soluzione possibile, essendo una misura di extrema ratio.

Quale livello di dettaglio è richiesto per dimostrare la gravità indiziaria a carico di un indagato in un reato societario complesso?
Non è sufficiente un’elencazione di fatti e circostanze. La motivazione deve essere specifica e individuale, collegando in modo logico e chiaro le singole condotte materiali contestate a ciascun autore. Deve essere comprensibile quali azioni concrete l’indagato abbia realizzato per contribuire al meccanismo illecito. Un quadro indiziario generico e assertivo non è sufficiente a sostenere una misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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