Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2360 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2360 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a BITONTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/02/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/sefrt-ite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
NOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 21 febbraio 2023 del Tribunale di sorveglianza di Bari, che ha rigettato la richiesta di applicazione delle misure alternative alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, della detenzione domiciliare e della semilibertà, ai sensi degli artt. 47, 47-ter e 50 legge 26 luglio 1975, n. 354, con riferimento alla pena di anni uno, mesi tre e giorni ventisette di reclusione di cui al provvedimento di esecuzione di pene concorrenti della Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bari del 4 maggio 2022.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 47-ter, comma 1, 50 Ord. pen., 125 e 178 cod. proc. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe del tutto omesso di rispondere alle richieste subordinate di applicazione delle misure alternative della detenzione domiciliare e della semilibertà.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato. Col provvedimento impugNOME il Tribunale di sorveglianza ha respinto l’istanza di concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale proposta dall’interessato, con una motivazione adeguata.
L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione al caso di specie del principio di diritto, affermato da questa Corte con riferimento all’affidamento in prova in casi particolari ma valido – stante l’identità di ratio e di presupposti – per tutte le misure alternative alla detenzione in carcere previste dagli artt. 47 e segg. ord. pen., secondo cui, con tale istituto, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa.
I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali e nelle pendenze processuali (Sez. 1, n. 1812 del 04/03 1999,
COGNOME, Rv. 213062), nelle informazioni di polizia (Sez. 1, n. 1970 del 11/03/1997, COGNOME, Rv. 207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, posto che in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra.
Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che non vi erano i presupposti per accordare al condanNOME tutte e tre le misure alternative alla detenzione richieste: dopo aver sottolineato i numerosi precedenti penali e procedimenti pendenti, anche recenti, di COGNOME (tra i quali, anche condotte di evasione), il giudicante ha evidenziato che, dalla lettura della nota della Polizia di Stato di Bitonto, si evinceva che lo stesso COGNOME veniva descritto come persona di pessima condotta morale e civile, propensa al crimine, che aveva iniziato la sua attività delinquenziale sin dalla giovane età.
Secondo il giudice di merito, pertanto, anche considerando il fatto che, dalla lettura della relazione dell’UEPE non erano emersi elementi favorevoli per la concessione delle misure alternative alla detenzione richieste, era necessario un ulteriore periodo di trattamento intramurario con relativa osservazione per permettere al detenuto di essere guidato verso un adeguato percorso di riflessione critica di quanto commesso.
Il Tribunale di sorveglianza, infatti, anche quando siano emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare l’attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre, specie se il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere e sussista una verosimile contiguità con ambienti delinquenziali di elevato livello (Sez. 1, n. 22443 del 17/01/2019, Froncillo, Rv. 276213).
Il criterio di gradualità nella concessione di benefici penitenziari, pertanto, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un ra-ionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario, tanto più quando il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere e della propensione a delinquere del condanNOME.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26/10/2023