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Misure alternative: valutazione attuale pericolosità

Un detenuto si è visto negare le misure alternative sulla base del suo passato criminale. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo che la valutazione della pericolosità sociale deve essere attuale e concreta, considerando i progressi del condannato e non solo i reati commessi anni prima. Il provvedimento ha chiarito che anche il volontariato può essere valido per la semilibertà.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Alternative e Pericolosità Sociale: La Valutazione Deve Essere Attuale

L’accesso alle misure alternative alla detenzione rappresenta un pilastro del sistema penale moderno, orientato alla rieducazione del condannato come sancito dall’art. 27 della Costituzione. Tuttavia, la loro concessione è subordinata a un’attenta valutazione da parte del Tribunale di Sorveglianza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 5049/2024, ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio sulla pericolosità sociale non può basarsi esclusivamente sul passato criminale, ma deve essere attuale, concreto e tenere conto del percorso evolutivo del detenuto.

Il Caso: Misure Alternative Negate sulla Base del Passato

Un uomo, detenuto per reati molto gravi tra cui associazione a delinquere ed estorsione commessi tra il 2013 e il 2016, con una data di fine pena fissata per il 2026, presentava istanza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale e, in subordine, la semilibertà.
Il Tribunale di Sorveglianza respingeva entrambe le richieste. La decisione si fondava principalmente sul ‘nutrito curriculum delinquenziale’ dell’uomo e sulla gravità dei reati per i quali era stato condannato. Secondo i giudici, questi elementi indicavano un’elevata pericolosità sociale, tale da rendere prematura la concessione di un beneficio ampio come l’affidamento in prova. Anche la richiesta di semilibertà veniva rigettata, ritenendo che l’attività di volontariato proposta non fosse equiparabile a un’attività lavorativa e sottolineando la necessità di un percorso di reinserimento più graduale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa del detenuto ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando che il Tribunale di Sorveglianza avesse commesso un errore di valutazione, fornendo una motivazione carente e illogica. In particolare, il ricorrente sosteneva che i giudici si fossero concentrati unicamente sui trascorsi criminali, peraltro risalenti nel tempo, ignorando completamente gli elementi positivi emersi durante la detenzione. Tra questi, la buona condotta carceraria, la volontà di reinserimento sociale, la serietà della proposta di volontariato e le conclusioni favorevoli contenute nella relazione dell’istituto penitenziario. In sostanza, si contestava una valutazione statica, ancorata al passato, e non dinamica, cioè proiettata sul percorso di cambiamento attuale.

La Decisione della Cassazione sulle Misure Alternative

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza e rinviando il caso per un nuovo giudizio. I giudici supremi hanno censurato duramente l’approccio del tribunale di merito, ritenendolo superficiale e basato su una motivazione apodittica, ovvero affermata come vera senza una dimostrazione concreta.

Le motivazioni

La Corte ha articolato il suo ragionamento su tre punti cruciali.

In primo luogo, ha sottolineato come la valutazione sulla pericolosità sociale debba essere attuale. Non è sufficiente richiamare genericamente il curriculum criminale, soprattutto se i reati sono stati commessi in un arco temporale lontano. Il giudice deve ricercare elementi concreti che dimostrino la persistenza di tale pericolosità oggi. Nel caso di specie, il Tribunale si era basato su generiche note di polizia che ipotizzavano ‘presumibilmente’ collegamenti con la criminalità organizzata, una valutazione definita dalla Cassazione ‘meramente ipotetica e congetturale’.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito l’obbligo di una motivazione completa. Il Tribunale di Sorveglianza, pur dando atto del percorso positivo del detenuto e della serietà della sua proposta di volontariato, aveva liquidato questi elementi come insufficienti in modo sbrigativo, affermando la ‘necessità di preservare la società dal pericolo di reiterazione di reati’ senza spiegare da quali elementi concreti derivasse tale pericolo attuale. Il giudice deve sempre confrontarsi con gli elementi favorevoli e spiegare perché non sono ritenuti idonei a superare quelli sfavorevoli.

Infine, con riferimento alla semilibertà, la Cassazione ha ricordato il suo consolidato orientamento secondo cui anche un’attività di volontariato non retribuita può essere idonea per la concessione della misura. Ciò che conta non è la natura retribuita dell’impegno, ma la sua capacità di favorire la risocializzazione del condannato e il suo graduale reinserimento nella società.

Le conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza che la finalità rieducativa della pena non è un mero slogan, ma un principio che deve guidare concretamente le decisioni della magistratura di sorveglianza. La valutazione per la concessione delle misure alternative non può trasformarsi in un giudizio immutabile basato sull’etichetta del reato commesso. È necessario un esame approfondito e individualizzato della persona, che bilanci la gravità del passato con i progressi del presente, fondando ogni decisione su elementi fattuali e attuali, non su presunzioni o timori astratti.

Per concedere le misure alternative, il giudice può basarsi solo sui reati commessi in passato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione della pericolosità sociale deve essere attuale e concreta, non può fondarsi unicamente sul curriculum criminale e su reati risalenti nel tempo, ma deve considerare il percorso trattamentale e i progressi del detenuto.

Un’attività di volontariato può essere considerata valida per ottenere la semilibertà?
Sì. Secondo la giurisprudenza costante della Cassazione, anche un’attività lavorativa non retribuita, come il volontariato, è idonea per la concessione della semilibertà, a condizione che sia seria e funzionale al percorso di risocializzazione del condannato.

Cosa succede se il Tribunale di Sorveglianza ignora gli elementi positivi del percorso di un detenuto?
La sua decisione è viziata da carenza di motivazione e può essere annullata. Il giudice ha l’obbligo di motivare in modo approfondito, analizzando tutti gli elementi disponibili, sia negativi (i reati) che positivi (la buona condotta, i progressi), e spiegando perché questi ultimi non siano ritenuti sufficienti a formulare un giudizio prognostico favorevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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