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Misure alternative: ricorso inammissibile con pericolosità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato contro il diniego di misure alternative alla detenzione. Nonostante una relazione positiva e un’attività lavorativa, i numerosi precedenti penali e la persistente pericolosità sociale hanno reso la richiesta manifestamente infondata, confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Alternative: Quando il Passato Criminale Blocca il Percorso di Reinserimento

L’ordinanza in esame offre un chiaro spaccato su come la giustizia valuta la concessione di misure alternative alla detenzione, evidenziando il peso determinante della personalità del condannato e della sua pericolosità sociale. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo a cui erano state negate la detenzione domiciliare e l’affidamento in prova, nonostante la presenza di alcuni elementi apparentemente favorevoli.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Misure Alternative

Un uomo, condannato in via definitiva, avanzava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere la detenzione domiciliare o, in subordine, l’affidamento in prova ai servizi sociali. A sostegno della sua richiesta, presentava elementi significativi: una relazione positiva redatta dall’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) e la prova di un’attività lavorativa in corso, che gli permetteva di sostenere economicamente sé stesso e la propria famiglia.

Tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza di Palermo respingeva le sue richieste, dichiarando inammissibile quella per la detenzione domiciliare e rigettando quella per l’affidamento in prova. Questa decisione ha spinto il condannato a rivolgersi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

L’Impugnazione Davanti alla Suprema Corte

Il ricorrente, tramite il suo difensore, sosteneva che il Tribunale non avesse adeguatamente ponderato gli elementi positivi emersi, in particolare la relazione dell’UEPE e la stabilità lavorativa, che indicavano un percorso di reinserimento sociale già avviato. La difesa riteneva che questi aspetti avrebbero dovuto orientare la decisione verso la concessione di una misura alternativa al carcere.

Le Motivazioni della Cassazione: Pericolosità Sociale e Limiti del Giudizio di Legittimità

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, aspecifico e, soprattutto, finalizzato a una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità. Gli Ermellini hanno sottolineato che il Tribunale di Sorveglianza aveva condotto una valutazione corretta e completa degli elementi a disposizione, formulando un giudizio logico e adeguato sulla personalità del condannato.

La motivazione della Suprema Corte si fonda su tre pilastri principali:
1. I Precedenti Penali: Il Tribunale aveva dato giusto peso ai numerosi precedenti penali del soggetto e alla pendenza di altri procedimenti per reati commessi in epoca molto recente. Questo quadro indicava una persistente tendenza a delinquere.
2. Mancanza di Revisione Critica: Era emerso che il condannato non aveva avviato alcun percorso di reale revisione critica del proprio passato criminale. Questo elemento è considerato fondamentale per valutare la sincerità del proposito di reinserimento.
3. Pericolosità Sociale: Di conseguenza, il profilo che ne emergeva era quello di un individuo con una pericolosità sociale non compatibile con la concessione di un’ampia misura come l’affidamento in prova. La Corte ha specificato che il ricorso si limitava a contestare nel merito questa valutazione, chiedendo di fatto ai giudici di legittimità di sostituire il proprio giudizio a quello del Tribunale di Sorveglianza, operazione preclusa in quella sede.

Le Conclusioni: L’Inammissibilità delle Misure Alternative

Per queste ragioni, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La decisione della Cassazione conferma un principio cardine nell’esecuzione penale: la concessione delle misure alternative non è un automatismo derivante da singoli elementi positivi, come un lavoro o una relazione favorevole. È il risultato di una valutazione complessiva della personalità del condannato, in cui l’assenza di pericolosità sociale e un’autentica revisione critica del passato giocano un ruolo cruciale. La decisione del Tribunale di Sorveglianza, se logicamente motivata e priva di vizi giuridici, è insindacabile nel merito dalla Corte di Cassazione. Come conseguenza diretta, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Un lavoro stabile e una relazione positiva dei servizi sociali sono sufficienti per ottenere le misure alternative alla detenzione?
No. Secondo questa ordinanza, elementi positivi come un’attività lavorativa non sono sufficienti se il giudice di merito valuta che il soggetto presenta ancora una significativa pericolosità sociale, basata su numerosi precedenti penali e sulla mancanza di una revisione critica del proprio passato.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare i fatti del caso, come l’interpretazione di una relazione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo compito non è rivalutare gli elementi di fatto, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Contestare la valutazione del giudice di merito sulla personalità del condannato equivale a una richiesta di riesame dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Inoltre, come stabilito in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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