Misure Alternative: Quando il Passato Criminale Blocca il Percorso di Reinserimento
L’ordinanza in esame offre un chiaro spaccato su come la giustizia valuta la concessione di misure alternative alla detenzione, evidenziando il peso determinante della personalità del condannato e della sua pericolosità sociale. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo a cui erano state negate la detenzione domiciliare e l’affidamento in prova, nonostante la presenza di alcuni elementi apparentemente favorevoli.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Misure Alternative
Un uomo, condannato in via definitiva, avanzava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere la detenzione domiciliare o, in subordine, l’affidamento in prova ai servizi sociali. A sostegno della sua richiesta, presentava elementi significativi: una relazione positiva redatta dall’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) e la prova di un’attività lavorativa in corso, che gli permetteva di sostenere economicamente sé stesso e la propria famiglia.
Tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza di Palermo respingeva le sue richieste, dichiarando inammissibile quella per la detenzione domiciliare e rigettando quella per l’affidamento in prova. Questa decisione ha spinto il condannato a rivolgersi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.
L’Impugnazione Davanti alla Suprema Corte
Il ricorrente, tramite il suo difensore, sosteneva che il Tribunale non avesse adeguatamente ponderato gli elementi positivi emersi, in particolare la relazione dell’UEPE e la stabilità lavorativa, che indicavano un percorso di reinserimento sociale già avviato. La difesa riteneva che questi aspetti avrebbero dovuto orientare la decisione verso la concessione di una misura alternativa al carcere.
Le Motivazioni della Cassazione: Pericolosità Sociale e Limiti del Giudizio di Legittimità
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, aspecifico e, soprattutto, finalizzato a una rivalutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità. Gli Ermellini hanno sottolineato che il Tribunale di Sorveglianza aveva condotto una valutazione corretta e completa degli elementi a disposizione, formulando un giudizio logico e adeguato sulla personalità del condannato.
La motivazione della Suprema Corte si fonda su tre pilastri principali:
1. I Precedenti Penali: Il Tribunale aveva dato giusto peso ai numerosi precedenti penali del soggetto e alla pendenza di altri procedimenti per reati commessi in epoca molto recente. Questo quadro indicava una persistente tendenza a delinquere.
2. Mancanza di Revisione Critica: Era emerso che il condannato non aveva avviato alcun percorso di reale revisione critica del proprio passato criminale. Questo elemento è considerato fondamentale per valutare la sincerità del proposito di reinserimento.
3. Pericolosità Sociale: Di conseguenza, il profilo che ne emergeva era quello di un individuo con una pericolosità sociale non compatibile con la concessione di un’ampia misura come l’affidamento in prova. La Corte ha specificato che il ricorso si limitava a contestare nel merito questa valutazione, chiedendo di fatto ai giudici di legittimità di sostituire il proprio giudizio a quello del Tribunale di Sorveglianza, operazione preclusa in quella sede.
Le Conclusioni: L’Inammissibilità delle Misure Alternative
Per queste ragioni, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La decisione della Cassazione conferma un principio cardine nell’esecuzione penale: la concessione delle misure alternative non è un automatismo derivante da singoli elementi positivi, come un lavoro o una relazione favorevole. È il risultato di una valutazione complessiva della personalità del condannato, in cui l’assenza di pericolosità sociale e un’autentica revisione critica del passato giocano un ruolo cruciale. La decisione del Tribunale di Sorveglianza, se logicamente motivata e priva di vizi giuridici, è insindacabile nel merito dalla Corte di Cassazione. Come conseguenza diretta, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Un lavoro stabile e una relazione positiva dei servizi sociali sono sufficienti per ottenere le misure alternative alla detenzione?
No. Secondo questa ordinanza, elementi positivi come un’attività lavorativa non sono sufficienti se il giudice di merito valuta che il soggetto presenta ancora una significativa pericolosità sociale, basata su numerosi precedenti penali e sulla mancanza di una revisione critica del proprio passato.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare i fatti del caso, come l’interpretazione di una relazione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo compito non è rivalutare gli elementi di fatto, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Contestare la valutazione del giudice di merito sulla personalità del condannato equivale a una richiesta di riesame dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Inoltre, come stabilito in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11534 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11534 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ERICE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/06/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha dichiarato inammissibile l’istanza di detenzione domiciliare ed ha rigettato l’istanza di affidamento i prova, avanzate da NOME COGNOME.
Avverso tale ordinanza NOME COGNOME ricorre, tramite il proprio difensore, per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: non è stato adeguatamente considerata la relazione positiva dell’UEPE, nonché la circostanza che il COGNOME avesse un’attività lavorativa in corso, che stava consentendo allo stesso di mantenersi economicamente unitamente alla propria famiglia.
Il ricorso è inammissibile, essendo manifestamente infondato, aspecifico, oltre che finalizzato ad una rivalutazione di elementi fattuali non consentita in questa sede.
Il Tribunale di sorveglianza di Palermo risulta aver correttamente valutato gli elementi emergenti dagli atti, formulando un giudizio adeguato sulla personalità del COGNOME; si evidenziano in particolare i numerosi precedenti penali, e la pendenza di altri procedimenti penali per fatti commessi fino ad epoca molto recente. Il Tribunale ha inoltre evidenziato come non risulti avviata alcuna forma di rivisitazione critica e che il condannato risulta portator pericolosità sociale non compatibile con l’accesso all’ampia misura richiesta.
A fronte di dette argomentazioni non manifestamente illogiche e scevre da vizi giuridici, il ricorrente si limita a contestarle nei termini sopra riportati, richiedendo una rivalutazi in fatto, dei presupposti della concessione della misura alternativa, non consentita in questa sede.
Per queste ragioni, il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, in data 22 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente