Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 15841 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 15841 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Roma il 31/05/1995 avverso l’ordinanza del 01/10/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Roma r, udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con l’ordinanza del 1° ottobre 2024, ha respinto le domande di affidamento in prova al servizio sociale e di detenzione domiciliare avanzate da NOME COGNOME in relazione alla pena residua di anni 3, mesi 3 e giorni 15 di reclusione di cui al provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica di Roma n. 1303/2022 SIEP per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, spaccio, ricettazione e detenzione abusiva di armi, accertati il 13 gennaio 2021. Il fine pena è fissato al 26 settembre 2025.
Il Tribunale ha evidenziato che, ai fini dell’esecuzione della pena, il condannato era stato posto agli arresti domiciliari esecutivi; tuttavia, in data 2 ottobre 2023, egli veniva attinto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di associazione dedita allo spaccio (collocabile nel medesimo contesto temporale, dal 2018 al 2020, e delinquenziale dei fatti di cui al titolo in esecuzione), in relazione al quale egli è stato condannato in primo grado con sentenza del 23 marzo 2024 alla pena di anni 3 e mesi 10 di reclusione, previa riqualificazione nella fattispecie di cui al comma 6 dell’art. 74, DPR 309/90.
I giudici di merito hanno ritenuto insussistenti i presupposti per la concessione di una misura alternativa atteso che lo stesso, nonostante dalla relazione comportamentale emerga la buona condotta del detenuto, esente da infrazioni disciplinari, non ha dimostrato di aver avviato un percorso risocializzante.
Sotto tale profilo, d’altro canto, sarebbe indicativa la recente condanna per reati di natura associativa e della stessa specie rispetto a quelli in esecuzione che, sebbene non sia definitiva, sarebbe comunque indicativa dello stabile inserimento del soggetto nel circuito dello spaccio organizzato e di un’indole criminale radicata, per cui difetterebbero dunque i requisiti di affidabilità e capacità nel perseguimento degli obiettivi del percorso rieducativo richiesti per l’ammissione a una forma di esecuzione extra muraria.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’interessato che, a mezzo dei difensori, ha dedotto un , unico motivo con cui denuncia la violazione di legge, nonché la contraddittorietà GLYPH anifesta illogicità della motivazione in ordine l ) al solo rigetto dell’istanza di detenzione domiciliare. Nello specifico il ricorrent evidenzia, anzitutto, che in data 6 giugno 2024, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma ha sostituito la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione del padre e, di conseguenza, anche il Magistrato di sorveglianza, in data 12 giugno 2024, su impulso della Casa circondariale di Rebibbia ha autorizzato il trasferimento del luogo degli arresti donniciliari esecutivi dal precedente domicilio in detta abitazione. Si osserva altresì che, nella stessa data del 12 giugno, anche il difensore di fiducia ha avanzato al Magistrato di sorveglianza la richiesta di trasferimento del domicilio sul titolo definitivo, allegando la disponibilità del padre ad accogliere il figlio in regime di detenzione domiciliare e di mantenerlo economicamente. Ciò posto, il condannato si duole che il Tribunale di sorveglianza, nell’ordinanza del 10 ottobre 2024, abbia ritenuto che il domicilio indicato non possegga il requisito della stabilità e sia dunque inidoneo a sostenere l’ammissione al beneficio, apparendo così evidente la mancata considerazione della nuova
documentazione allegata e dell’intervenuto trasferimento del domicilio disposto dal Magistrato di sorveglianza. Tale circostanza si evincerebbe sia dal fatto che l’ordinanza gravata ha indicato che il condannato, al momento della sua redazione, è ristretto presso la casa Circondariale di Roma in quanto detenuto per altra causa, quando invece si trova agli arresti domiciliari esecutivi presso l’abitazione del padre (così come disposto anche dal Magistrato di sorveglianza), sia dal fatto che in essa non vi è alcun riferimento alla nuova abitazione. Infine, si deduce che l’esecuzione del provvedimento impugnato comporterebbe gravissimi danni al prevenuto che, come evidenziato nella medesima ordinanza impugnata, ha assunto post delictum una buona condotta, esente da sanzioni disciplinari.
In data 23 dicembre 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede l’accoglimento del ricorso e l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo la difesa denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al rigetto dell’istanza di detenzione domiciliare.
La doglianza, formulata anche nei termini della violazione di legge ma che in effetti si riferisce alla coerenza logica del provvedimento, è infondata.
Il Tribunale di sorveglianza, seppure riportando un dato difforme da quanto contenuto in atti, l’asseri mancanza di un domicilio stabile, ha comunque dato conto delle ragioni complessive della conclusione cui è pervenuto.
La motivazione del provvedimento impugnato, infatti, diversamente da quanto evidenziato nell’atto di ricorso, fonda il diniego dell’applicazione di entrambe le misure richieste, in via principale l’affidamento in prova al servizio sociale e in via subordinata la detenzione domiciliare, sulla più generale prognosi di inidoneità di ogni misura diversa dal carcere ad assicurare il pericolo di recidiva, definito molto intenso.
Sotto tale profilo, pertanto, considerato che gli elementi posti a fondamento del giudizio prognostico sono costituiti da una sopravvenuta condanna relativa a fatti diversi, ulteriori e successivi rispetto a quelli in esecuzione, la motivazione risulta coerente e logica, ciò anche rilevato che in tale valutazione l’erronea affermazione circa la stabilità del domicilio appare ininfluente.
3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 23 gennaio 2025
Il Consigli e relatore