Misure Alternative: Perché la Cassazione Dichiara Inammissibile un Ricorso Generico
L’accesso alle misure alternative alla detenzione rappresenta un pilastro del sistema penale orientato al recupero e al reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la possibilità di ottenere tali benefici è subordinata a una valutazione rigorosa da parte del Tribunale di Sorveglianza e, in caso di impugnazione, a un corretto approccio processuale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso, sottolineando come censure generiche e di fatto non possano trovare accoglimento in sede di legittimità.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso
Il caso in esame riguarda un individuo condannato a una pena di due mesi di reclusione per il reato previsto dall’art. 388 del codice penale. A seguito della condanna definitiva, l’interessato presentava istanza per l’ammissione a misure alternative quali l’affidamento in prova ai servizi sociali o la detenzione domiciliare. Il Tribunale di Sorveglianza di Messina respingeva tali richieste. Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.
Le Argomentazioni della Difesa
La difesa del ricorrente basava il proprio appello su diversi punti. In primo luogo, sosteneva che il giudice di sorveglianza non avesse adeguatamente considerato il suo ruolo di amministratore di sostegno della madre. In secondo luogo, contestava la valutazione della portata dei suoi precedenti penali. Infine, criticava la conclusione del Tribunale secondo cui un percorso di recupero fosse impossibile a causa della breve durata della pena da scontare, pari a soli due mesi.
Le Motivazioni della Decisione: il perimetro delle Misure Alternative
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo motivazioni che delineano chiaramente i limiti del sindacato di legittimità in materia di misure alternative. La Suprema Corte ha innanzitutto qualificato le censure della difesa come mere doglianze versate in fatto
, ovvero contestazioni che miravano a un riesame del merito della vicenda, attività preclusa alla Corte di Cassazione. Il ricorso, infatti, non presentava una critica specifica e puntuale alla struttura logico-giuridica dell’ordinanza impugnata, ma si limitava a riproporre argomentazioni già valutate dal giudice di sorveglianza.
La Corte ha inoltre validato l’operato del Tribunale, definendo la sua motivazione lineare, esaustiva e del tutto logica
. Il giudice a quo
, nell’esercizio del suo potere discrezionale, aveva correttamente sottolineato come dagli atti emergesse il mancato avvio, da parte del condannato, di un percorso di elaborazione di una progettualità futura
. A questo si aggiungevano i diversi pregiudizi penali e le ulteriori pendenze a suo carico, elementi che, nel loro complesso, giustificavano il rigetto delle istanze. La decisione del Tribunale di Sorveglianza non era quindi né illogica né contraddittoria, ma frutto di una ponderata valutazione di tutti gli elementi a disposizione.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio dove ridiscutere i fatti. Per avere successo, l’impugnazione deve concentrarsi su precise violazioni di legge o su vizi di motivazione manifesti e decisivi, come l’illogicità o la contraddittorietà. Le argomentazioni aspecifiche e reiterative
sono destinate all’inammissibilità.
Per chi richiede l’accesso a misure alternative, la lezione è chiara: è cruciale dimostrare al Tribunale di Sorveglianza, con elementi concreti, l’avvio di un percorso di revisione critica e la presenza di una progettualità di vita futura orientata alla legalità. La sola breve durata della pena o la presenza di legami familiari, se non inserite in un quadro complessivo di cambiamento, potrebbero non essere ritenute sufficienti per ottenere i benefici richiesti.
Perché il ricorso per ottenere le misure alternative è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate erano considerate mere doglianze di fatto, non consentite in sede di legittimità. La difesa non ha mosso critiche specifiche alla struttura logica della decisione impugnata, ma ha tentato di ottenere un riesame del merito della valutazione effettuata dal Tribunale di Sorveglianza.
Quali elementi ha considerato il Tribunale di Sorveglianza per negare le misure alternative?
Il Tribunale di Sorveglianza ha basato la sua decisione sul fatto che il condannato non aveva avviato un processo di elaborazione di una progettualità futura. Inoltre, ha tenuto conto dei suoi precedenti penali e di altre pendenze a suo carico, ritenendo che questi elementi, nel complesso, non giustificassero la concessione delle misure.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione discrezionale del giudice di sorveglianza?
Sì, ma solo se si dimostra che la motivazione della sua decisione è manifestamente illogica, contraddittoria o basata su un’errata applicazione della legge. Non è possibile, invece, chiedere alla Corte di Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito semplicemente perché non si è d’accordo con le sue conclusioni.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17125 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17125 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CARMAGNOLA il 26/07/1971
avverso l’ordinanza del 23/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Messina ha rigettat l’opposizione proposta avverso il provvedimento del 20/07/2024, che aveva disatteso le istanze di affidamento in prova ai servizi sociali e di detenzione domiciliare, presentate da NOME COGNOME soggetto in espiazione della pena di mesi due di reclusione, inflitta con sentenza d Tribunale di Patti del 25/02/2022, passata in giudicato il 05/05/2023, relativa al reato di all’art. 388 cod. pen., commesso il 24/09/2024 ed al quale è stata concessa la misura alternativa della detenzione domiciliare di cui all’art. 47-ter comma 1-bis legge 26 luglio 1975, n. 354.
Ricorre per cassazione l’interessato, a mezzo del difensore avv. NOME COGNOME deducendo cumulativamente i vizi di violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606 comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., per inosservanza o erronea applicazione della legg nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Non è stato adeguatamente considerato, in primo luogo, come il soggetto sia amministratore di sostegno della madre; non è stata ben valutata, inoltre, la portata dei pregiudizi penali annoverati ricorrente. La difesa ha depositato memoria tardiva. Errato è, infine, il passaggio in cui si r non possibile che venga intrapreso un percorso di recupero, in ragione della esiguità della pena da espiare, che è pari a soli due mesi.
Vengono articolate censure non consentite in sede di legittimità, in quanto costituit da mere doglianze versate in fatto e non scandite da specifica critica del complesso dell argomentazioni poste a base dell’ordinanza, che ha motivato il rigetto compiutamente, oltre che in maniera non manifestamente illogica o contraddittoria. Invero, il giudice a quo, nell’esercizio del potere discrezionale di cui è titolare (Sez. 1, n. 8712 del 08/02/2012, COGNOME, Rv. 252921-01 ha sottolineato come dagli atti possa evincersi il mancato avvio – ad opera del condannato – di un processo di elaborazione di una progettualità futura, figurando a suo carico diversi pregiudi e ulteriori pendenze.
Tale struttura motivazionale è lineare, esaustiva e del tutto logica, oltre che priva di sp di contraddittorietà; essa, poi, non è efficacemente aggredita dalle aspecifiche e reiterat argomentazioni difensive.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ravvisandosi ipotesi di esonero – al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 03 aprile 2025.