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Misure alternative: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una condannata contro il diniego di misure alternative alla detenzione. La decisione si fonda sul principio che il ricorso per cassazione non può limitarsi a proporre una diversa valutazione dei fatti, ma deve indicare precisi vizi di legge. Nel caso specifico, la richiesta di affidamento in prova era stata respinta per l’elevato pericolo di recidiva, desunto dai precedenti penali e dall’assenza di un’attività lavorativa, rendendo il diniego delle misure alternative una decisione correttamente motivata e non sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Alternative: No al Ricorso in Cassazione Basato su Valutazioni di Merito

L’accesso alle misure alternative alla detenzione rappresenta un pilastro del sistema penale orientato alla rieducazione del condannato. Tuttavia, la loro concessione è subordinata a una rigorosa valutazione del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12062/2024) ribadisce un principio fondamentale: il ricorso contro il diniego di tali benefici non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti, ma deve limitarsi a denunciare vizi di legittimità.

I Fatti del Caso: La Richiesta Respinta dal Tribunale di Sorveglianza

Il caso ha origine dal ricorso di una donna condannata, la quale si era vista negare dal Tribunale di Sorveglianza di Milano l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale e, contestualmente, la detenzione domiciliare. Il tribunale aveva motivato la sua decisione sottolineando come le misure alternative richieste fossero inadeguate a contenere il concreto pericolo di recidiva.

La valutazione si basava su elementi specifici: i precedenti penali della donna, le pendenze giudiziarie a suo carico e, soprattutto, l’assenza di un’attività lavorativa o di un percorso di risocializzazione già avviato. In sostanza, mancava un progetto concreto che potesse sostenere un percorso di reinserimento e allontanare il rischio di commissione di nuovi reati.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per questioni di merito

La condannata ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’omessa valutazione di presunti elementi a suo favore da parte del Tribunale di Sorveglianza. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.

Il punto centrale della decisione è la netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. Il ricorso per cassazione non serve a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove o delle circostanze di fatto, attività propria dei primi due gradi di giudizio. Il suo scopo è, invece, quello di controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione del provvedimento impugnato.

Nel caso in esame, la ricorrente non ha evidenziato errori di diritto o palesi illogicità nel ragionamento del Tribunale di Sorveglianza. Al contrario, si è limitata a sollecitare una rilettura degli elementi processuali, proponendo una propria interpretazione alternativa, operazione non consentita in sede di legittimità.

Le motivazioni: Il Pericolo di Recidiva e l’Assenza di un Progetto di Reinserimento

La Corte ha confermato che la motivazione del Tribunale di Sorveglianza era adeguata e priva di vizi logici. La valutazione del pericolo di recidiva era stata condotta correttamente, basandosi su dati oggettivi come i precedenti penali e le informazioni fornite dalle forze dell’ordine. L’assenza di un’attività lavorativa o di altre iniziative di reinserimento sociale è stata considerata un fattore cruciale, poiché indica la mancanza delle condizioni basilari per il successo di una misura come l’affidamento in prova, che presuppone un percorso attivo di risocializzazione.

Le conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

Questa ordinanza riafferma con chiarezza i limiti del ricorso per cassazione in materia di misure alternative. Per ottenere un esito favorevole, non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione del giudice di sorveglianza. È necessario, invece, dimostrare che quella valutazione è viziata da un errore di diritto o da una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria. In mancanza di tali vizi, il ricorso che si limita a proporre una diversa interpretazione dei fatti viene dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Per quale motivo il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché sollecitava apprezzamenti di merito, cioè una nuova valutazione dei fatti, anziché denunciare violazioni di legge o vizi di motivazione. Questo tipo di riesame non è consentito nel giudizio di legittimità della Corte di Cassazione.

Quali elementi ha considerato il Tribunale di Sorveglianza per negare le misure alternative?
Il Tribunale ha negato le misure alternative in ragione dell’inidoneità a fronteggiare il pericolo di recidiva, desunto dai precedenti penali, dalle pendenze a carico della richiedente e dall’assenza di un’attività lavorativa o comunque risocializzante.

Quali sono le conseguenze per la ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale quando il ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del proponente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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