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Misure alternative: quando il detenuto non è affidabile

Un detenuto, a cui era stata negata una misura alternativa, ha fatto ricorso in Cassazione lamentando errori nella valutazione del tribunale. La Corte Suprema ha respinto il ricorso, stabilendo che una storia di ripetuti reati e carichi pendenti è sufficiente a dimostrare la non affidabilità del soggetto. Questa valutazione negativa prevale su eventuali inesattezze minori nell’ordinanza impugnata, giustificando il diniego di qualsiasi misura alternativa alla detenzione.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Alternative alla Detenzione: La Valutazione di Affidabilità del Condannato è Decisiva

Quando un condannato può accedere alle misure alternative alla detenzione come l’affidamento in prova? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12479 del 2024, offre un chiarimento fondamentale: la valutazione complessiva dell’affidabilità del soggetto è un elemento cardine che può prevalere su altre considerazioni. Il caso analizzato riguarda un detenuto la cui richiesta di affidamento in prova è stata respinta a causa di una storia criminale che ne minava la credibilità, nonostante le doglianze su presunti errori nell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Affidamento in Prova

Un detenuto presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale. Il Tribunale rigettava la richiesta, ritenendo che il percorso del soggetto non offrisse garanzie sufficienti. La decisione si basava anche sulla valutazione che nemmeno la detenzione domiciliare, pur con l’uso del braccialetto elettronico, sarebbe stata una misura adeguata, poiché in passato tale dispositivo non aveva impedito all’uomo di commettere ulteriori reati.

I Motivi del Ricorso e le Misure Alternative alla Detenzione

Il difensore del detenuto ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando due principali obiezioni:

1. Contraddittorietà e Illogicità della Motivazione

Il ricorrente sosteneva che il Tribunale si fosse basato su dati errati. In particolare, contestava che:
– Il ‘fine pena’ fosse stato considerato ostativo, mentre in realtà era inferiore ai due anni.
– Gli fossero stati attribuiti più reati commessi durante gli arresti domiciliari, mentre si trattava di un solo episodio per cui il processo era ancora in corso.
– L’ordinanza non specificava quali elementi negativi fossero emersi dalla relazione dei servizi sociali (UEPE).
– Il Tribunale aveva giudicato insufficiente una relazione del servizio per le dipendenze (Serd) senza però disporre ulteriori approfondimenti.

2. Mancanza di Motivazione

Il ricorso lamentava inoltre che il Tribunale non avesse adeguatamente risposto alla domanda subordinata di concessione della detenzione domiciliare, presentata con un’istanza successiva.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo le decisioni del Tribunale di Sorveglianza sostanzialmente corrette e ben fondate. Secondo gli Ermellini, gli elementi indicati dal Tribunale di Sorveglianza erano più che sufficienti a giustificare un giudizio di non affidabilità del detenuto.

La Corte ha sottolineato la presenza di numerosi carichi pendenti e il fatto che il soggetto, dopo un periodo di detenzione, avesse ripreso a delinquere tra il 2020 e il 2021, con un numero preoccupante di furti tentati ed evasioni. Questi elementi, per la loro ‘imponente significatività’, sono stati ritenuti decisivi per negare qualsiasi misura alternativa.

Questa valutazione complessiva e negativa, definita come ‘motivazione assorbente’, supera e rende irrilevanti le specifiche censure del ricorrente su eventuali errori di dettaglio nell’ordinanza. Anche la presunta mancanza di motivazione sulla detenzione domiciliare è stata superata, poiché il Tribunale aveva chiaramente spiegato, con una motivazione logica, che il beneficio non poteva essere concesso. Il fatto che il braccialetto elettronico non avesse impedito in passato la commissione di nuovi reati dimostrava l’inadeguatezza di tale misura.

Le Conclusioni: L’Importanza della Valutazione Complessiva

La sentenza ribadisce un principio cruciale nell’ambito dell’esecuzione penale: la concessione delle misure alternative alla detenzione non è un automatismo, ma il risultato di una valutazione prognostica sull’affidabilità del condannato. Un passato criminale significativo e, soprattutto, la commissione di nuovi reati durante l’esecuzione di precedenti misure restrittive, costituiscono un fattore determinante. La Corte di Cassazione conferma che un giudizio di inaffidabilità, se ben motivato da elementi concreti come la recidiva, può legittimamente giustificare il diniego dei benefici, rendendo secondarie eventuali imprecisioni su altri aspetti della decisione.

Un giudice può negare le misure alternative basandosi sulla storia criminale del detenuto?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che una storia criminale significativa, caratterizzata da numerosi carichi pendenti e dalla tendenza a delinquere nuovamente, è un elemento sufficiente per formulare un giudizio di non affidabilità e, di conseguenza, negare la concessione di qualsiasi misura alternativa.

Se un detenuto commette un nuovo reato mentre è ai domiciliari con braccialetto elettronico, può riottenere la stessa misura?
La sentenza chiarisce che il fatto che il braccialetto elettronico non abbia impedito in passato la commissione di ulteriori reati è una motivazione plausibile e non illogica per negare una nuova concessione della detenzione domiciliare, in quanto dimostra l’inadeguatezza della misura per quel soggetto.

Piccoli errori o imprecisioni nella motivazione di un’ordinanza la rendono automaticamente annullabile?
No. Se esiste una motivazione centrale, logica e sufficiente a sostenere la decisione (in questo caso, il giudizio di non affidabilità del detenuto), questa può ‘assorbire’ e superare altre censure relative a imprecisioni su aspetti secondari, rendendo il ricorso infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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