Misure alternative: quando un programma debole non basta
L’ottenimento di misure alternative alla detenzione rappresenta un momento cruciale nel percorso di reinserimento sociale di un condannato. Tuttavia, non si tratta di un diritto automatico, ma di un’opportunità subordinata alla valutazione positiva di un concreto e credibile programma rieducativo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 10538/2024) ribadisce questo principio, chiarendo che un progetto di reinserimento vago e poco strutturato non è sufficiente per ottenere il beneficio, specialmente a fronte di reati gravi.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso di un uomo contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, che gli aveva negato la concessione di una misura alternativa alla detenzione. Il condannato aveva presentato un programma di reinserimento che prevedeva un’attività di volontariato presso una parrocchia locale, limitata a sole quattro ore settimanali. Il Tribunale di Sorveglianza aveva giudicato tale programma troppo debole e non idoneo a garantire un effettivo percorso di rieducazione e reinserimento. Di conseguenza, l’uomo ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta illogicità nella motivazione del provvedimento.
La Decisione della Cassazione sulle misure alternative
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la valutazione del Tribunale di Sorveglianza non fosse affatto illogica, ma, al contrario, ben fondata. La Corte ha sottolineato che il compito del giudice di sorveglianza è proprio quello di esaminare nel dettaglio il programma presentato, per verificarne la reale idoneità a promuovere il reinserimento sociale del condannato. Un programma inconsistente, secondo la Corte, non può superare tale vaglio.
Le Motivazioni: Perché il programma non era idoneo?
La Cassazione ha chiarito i tre pilastri su cui si fondava la decisione del Tribunale di Sorveglianza, confermandone la piena legittimità:
1. Debolezza Strutturale del Programma: L’impegno di sole quattro ore settimanali è stato considerato manifestamente insufficiente. Un programma efficace di misure alternative deve essere strutturato e impegnativo, tale da riempire significativamente la giornata del condannato e indirizzarlo verso un cambiamento concreto.
2. Mancanza di Revisione Critica: I giudici hanno rilevato un’insufficienza nel percorso di revisione critica dei reati commessi. Per accedere a un beneficio, il condannato deve dimostrare di aver riflettuto sul proprio passato criminale e di aver intrapreso un serio percorso di cambiamento interiore. La semplice adesione a un’attività di volontariato non è, di per sé, prova di tale evoluzione.
3. Gravità dei Reati e Allarme Sociale: La valutazione deve sempre tenere conto della gravità dei crimini per cui è stata inflitta la condanna. Reati che generano un significativo allarme sociale richiedono garanzie di reinserimento particolarmente solide e credibili, che nel caso di specie mancavano.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza invia un messaggio chiaro: le misure alternative non sono un automatismo. La giustizia richiede la presentazione di programmi di reinserimento seri, dettagliati e concreti, che dimostrino un impegno reale da parte del condannato. Un’attività simbolica o di poche ore non è sufficiente a convincere i giudici della bontà di un percorso rieducativo. La decisione sottolinea l’importanza di un approccio rigoroso da parte dei Tribunali di Sorveglianza, chiamati a bilanciare l’obiettivo del reinserimento sociale con la necessità di tutelare la sicurezza della collettività, assicurando che solo i programmi veramente meritevoli vengano approvati.
Perché il ricorso del condannato è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, confermando che la motivazione del Tribunale di Sorveglianza, nel negare la misura alternativa, era logica e corretta.
Quali elementi hanno reso il programma di reinserimento sociale inadeguato?
Il programma è stato giudicato inadeguato per tre ragioni principali: era poco strutturato (solo quattro ore di volontariato a settimana), non era supportato da un sufficiente percorso di revisione critica dei reati commessi da parte del condannato e non offriva garanzie adeguate a fronte della gravità e dell’allarme sociale dei crimini originari.
Questo caso dimostra che ottenere una misura alternativa è un diritto automatico?
No, al contrario. Questa ordinanza conferma che la concessione di una misura alternativa non è automatica. Il Tribunale di Sorveglianza ha il dovere di valutare attentamente la solidità e l’idoneità del programma di reinserimento sociale proposto, potendo negare il beneficio se questo non fornisce garanzie adeguate.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10538 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10538 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che i motivi del ricorso siano manifestamente infondati, in quanto essi deducono una asserita illogicità della motivazione che non emerge dal testo del provvedimento impugnato, atteso che, nella decisione sulla concessione o meno di una misura alternativa, il Tribunale d sorveglianza è tenuto a valutare la idoneità del programma di reinserimento sociale, e nel caso in esame, a fronte di un programma poco strutturato, che prevedeva una attività lavorativa, o di volontariato, presso una parrocchia per sole quattro ore a settimana, in modo non illogico l ordinanza impugnata ha ritenuto che tale programma, unito alla insufficienza del percorso di revisione critica (Sez. 1, Sentenza n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 277924) ed alla valutazione di gravità ed allarme sociale dei reati commessi (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 4390 de 20/12/2019, dep. 2020, Nicolai, Rv. 278174), non desse garanzie adeguate di reinserimento sociale del condannato;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 febbraio 2024.