Misure Alternative alla Detenzione: Senza Stabile Residenza, la Porta Resta Chiusa
L’accesso alle misure alternative alla detenzione rappresenta un pilastro del sistema penale moderno, orientato al recupero e al reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la loro concessione non è automatica, ma subordinata alla presenza di requisiti specifici. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: l’assenza di una stabile residenza costituisce un ostacolo insormontabile per ottenere tali benefici.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato in via definitiva, presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza di Milano per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, la detenzione domiciliare. Il Tribunale rigettava entrambe le richieste.
Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, sollevando anche una questione di legittimità costituzionale di alcune norme procedurali, ritenuta però non pertinente dalla Suprema Corte.
La Decisione della Corte di Cassazione sulle misure alternative alla detenzione
Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una carenza fondamentale nell’istanza presentata dalla difesa: la totale assenza di informazioni utili a delineare la situazione personale e, soprattutto, l’omessa indicazione di un domicilio stabile.
La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, confermando la legittimità della decisione del Tribunale di Sorveglianza.
Le Motivazioni: L’Indispensabilità della Stabile Residenza
Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni che hanno portato alla conferma del diniego. La Cassazione sottolinea come la difesa non abbia fornito alcun elemento concreto sulla condizione anagrafica ed esistenziale del condannato. Quest’ultimo, oltre a risultare irreperibile, non aveva indicato un luogo specifico dove poter scontare l’eventuale misura alternativa.
Questa mancanza non è un mero vizio formale, ma un impedimento sostanziale. La Corte ribadisce che le misure alternative alla detenzione si basano su un patto fiduciario tra lo Stato e il condannato, che presuppone un controllo costante e un supporto attivo da parte dei servizi sociali. Se manca una stabile residenza, viene meno il presupposto logistico per l’espletamento di queste “indispensabili funzioni di supporto e controllo”.
In altre parole, senza un indirizzo certo, le autorità non possono effettuare verifiche, né il servizio sociale può instaurare quel contatto diretto e continuo necessario per il buon esito del percorso di reinserimento. Il rigetto della richiesta, fondato sulla mancanza di una dimora stabile, è quindi pienamente legittimo e conforme alla giurisprudenza consolidata della stessa Corte.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Richiedenti
L’ordinanza offre un’indicazione pratica di enorme importanza per chiunque intenda accedere a un beneficio penitenziario. La richiesta di una misura alternativa deve essere supportata da un progetto di vita credibile e verificabile. Il primo mattone di questo progetto è, senza dubbio, la disponibilità di un alloggio stabile.
Chi aspira a scontare la pena al di fuori del carcere deve dimostrare di avere un punto di riferimento territoriale certo. Questo non solo facilita il lavoro delle istituzioni preposte al controllo, ma è anche il primo indice della volontà del soggetto di radicarsi nuovamente nel tessuto sociale in modo costruttivo. La decisione rafforza un principio cardine: non può esserci beneficio senza la possibilità di un efficace controllo.
È possibile ottenere una misura alternativa alla detenzione senza avere una residenza stabile?
No, secondo l’ordinanza, la mancanza di una stabile residenza è un motivo legittimo per rigettare la richiesta, in quanto impedisce al servizio sociale di esercitare le necessarie funzioni di supporto e controllo sul condannato.
Perché la difesa del ricorrente è stata considerata carente in questo caso?
La difesa non ha fornito alcuna indicazione utile sulla condizione anagrafica ed esistenziale del suo assistito e, soprattutto, non ha indicato un domicilio dove poter svolgere l’eventuale misura alternativa, rendendo impossibili gli accertamenti d’ufficio da parte del Tribunale.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20273 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20273 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso avverso l’ordinanza del 25 gennaio 2024, con cui Tribunale di sorveglianza di Milano rigettava le istanze di concessi dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare, ric congiuntamente da NOME COGNOME.
Ritenuto che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 581, comm Iter, 1 -quater, cod. proc. pen., proposta in relazione agli artt. 3, 24, 27 e 111 Co non è rilevante ai presenti fini, riguardando censure inerenti al proce cognizione e non risultando prospettati profili di costituzionalità afferen materia delle misure alternative alla detenzione, sulla cui ammissibilit pronunciato negativamente il Tribunale di sorveglianza di Milano.
Ritenuto, inoltre, che la difesa del ricorrente non forniva alcuna indica utile a inquadrare la condizione anagrafica ed esistenziale di NOME, oltre a risultare irreperibile, non indicava il domicilio in cui «trascorrere l’ misura alternativa, così non consentendo al Tribunale di svolgere accertamenti ufficio».
Ritenuto che tali conclusioni, tenuto conto dell’assenza di dati certi sull’ condizione anagrafica del ricorrente, appaiono rispettose della giurisprudenz questa Corte, secondo cui è legittimo il rigetto della richiesta di una alternativa «fondato sulla mancanza di una sua stabile residenza, atteso che d mancanza impedisce al servizio sociale un costante contatto diretto con condannato, necessario all’espletamento delle indispensabili funzioni di suppo e controllo » (Sez. 1, n. 27347 del 17/05/2019, Lupu, Rv. 276198 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME deve esse dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 9 maggio 2024.