Misure alternative: quando il passato conta più del presente
L’accesso alle misure alternative alla detenzione rappresenta un momento cruciale nel percorso di reinserimento sociale di un condannato. Tuttavia, non è un diritto automatico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la disponibilità di un lavoro o di un domicilio, e persino un buon comportamento in carcere, potrebbero non bastare se manca una sincera e profonda revisione critica del proprio passato criminale. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I fatti del caso
Il caso nasce dal ricorso di un uomo contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma, che aveva respinto la sua richiesta di accedere a misure alternative alla detenzione in carcere. Il Tribunale aveva motivato il diniego sulla base di due elementi principali: la mancanza di un percorso di revisione critica del passato da parte del condannato e la presenza di violazioni pregresse durante un periodo di detenzione non carceraria.
I motivi del ricorso
Il ricorrente ha contestato la decisione del Tribunale, sostenendo che la motivazione fosse illogica. In particolare, ha argomentato che:
1. La valutazione sulla mancanza di revisione critica non poteva basarsi su un reato già interamente scontato.
2. La valutazione della personalità doveva essere complessiva e non focalizzata su un singolo episodio.
3. Le precedenti violazioni, consistite in evasioni dalla detenzione domiciliare, erano superate dal suo attuale buon comportamento carcerario e dalla disponibilità di un lavoro e di un alloggio.
La decisione della Corte e le motivazioni sulle misure alternative
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza della decisione del Tribunale di Sorveglianza. Le motivazioni della Corte offrono spunti fondamentali sui criteri di valutazione per la concessione delle misure alternative.
La Corte ha stabilito che la valutazione prognostica che il Tribunale deve compiere per prevenire la recidiva e favorire il reinserimento sociale deve necessariamente considerare la personalità complessiva del condannato. In questo contesto, l’assenza di una seria riflessione critica sul proprio passato criminale è un elemento di grande peso. Non si tratta di riesaminare un reato già espiato, ma di capire se il condannato ha compreso la gravità delle sue azioni passate, un presupposto essenziale per un futuro reinserimento nella società.
Inoltre, la Corte ha sottolineato come le precedenti evasioni dalla detenzione domiciliare fossero un fattore determinante. Il fatto che il domicilio offerto per la misura alternativa fosse lo stesso da cui il soggetto era evaso in passato rendeva la proposta inattendibile. L’ordinanza evidenzia in modo chiaro che il buon comportamento tenuto in carcere, sebbene positivo, non cancella automaticamente la negatività di una condotta pregressa fuori dal carcere. La valutazione sulla rilevanza da attribuire ai diversi comportamenti (positivi in carcere, negativi fuori) rientra nel merito della decisione del Tribunale e non può essere messa in discussione in sede di legittimità, a meno di palese illogicità, che in questo caso non è stata riscontrata.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine nell’esecuzione della pena: per ottenere le misure alternative, non basta presentare garanzie formali come un lavoro o una casa. È indispensabile dimostrare un cambiamento interiore, una presa di coscienza che si manifesta attraverso una revisione critica del proprio passato. Le violazioni precedenti, specialmente se gravi come l’evasione, pesano significativamente sulla valutazione della pericolosità sociale e dell’affidabilità del condannato. La decisione finale spetta al Tribunale di Sorveglianza, che ha il compito di bilanciare tutti gli elementi a disposizione per formulare un giudizio completo sulla persona, garantendo sia le esigenze di rieducazione del reo sia quelle di sicurezza della collettività.
Perché il Tribunale di Sorveglianza ha negato le misure alternative?
Il Tribunale ha negato le misure alternative principalmente per due motivi: la mancanza di un processo di revisione critica del passato da parte del condannato e l’esistenza di precedenti violazioni, come evasioni dalla detenzione domiciliare, che minavano la sua affidabilità.
Il buon comportamento in carcere è sufficiente per ottenere le misure alternative?
No, secondo l’ordinanza, il buon comportamento carcerario è un elemento positivo ma non è sufficiente da solo. Esso deve essere valutato insieme al comportamento tenuto in libertà e alla personalità complessiva del soggetto, incluse le violazioni passate.
Qual è il ruolo della ‘revisione critica del passato’ nella concessione delle misure alternative?
La revisione critica del passato è fondamentale perché dimostra che il condannato ha compreso la gravità dei suoi reati e ha iniziato un reale percorso di cambiamento. La sua assenza viene interpretata come un indicatore negativo per la prognosi di reinserimento sociale e di prevenzione della recidiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10530 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10530 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COTIGA NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che il ricorso deduce una asserita illogicità della motivazione che non emerge dal testo del provvedimento impugnato, atteso che:
l’ordinanza impugnata respinge l’istanza di misure alternative per la mancanza di un processo di revisione critica del proprio passato e per la esistenza di violazioni nel periodo i il condannato non era in detenzione intramuraria;
il ricorso sostiene che l’ordinanza non poteva fondare il giudizio di mancanza di revision critica su un reato in espiazione che era già stato interamente espiato, in quanto ostativo, ma fini dei due giudizi prognostici che deve formulare il Tribunale di sorveglianza – che non esi un pericolo di recidiva (“assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati”) l’affidamento sia utile per il reinserimento sociale del condannato (“contribuisca alla rieducazi del reo”) – l’esistenza o meno di un percorso di revisione critica del proprio passato deve ave ad oggetto la personalità complessiva del condannato, e non il singolo reato in espiazione;
il ricorso sostiene anche che le violazioni commesse nel periodo in cui il condannato era in espiazione non intramuraria consistono nelle evasioni dalla detenzione domiciliare per cui l stesso è stato condannato, e che sono attualmente in espiazione, ma non spiega perchè questa precisazione rende non logico il percorso motivazionale dell’ordinanza impugnata;
Il ricorso sostiene che tali violazioni sarebbero superate dal corretto comportamento carcerario e dalla disponibilità di un domicilio e dell’attività lavorativa, ma l’ordinanza ev in modo non illogico che il domicilio disponibile è lo stesso che ha dimostrato di non esse adeguatamente contenitivo in passato, mentre la valutazione sulla rilevanza, nel giudizio d pericolosità, del peso da attribuire al corretto comportamento carcerario a fronte di uno scorre pregresso comportamento extramurario attiene al merito della decisione del Tribunale e non è ulteriormente sindacabile in sede di legittimità;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna de ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 febbraio 2024.