Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11053 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11053 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3 maggio 2023, il Tribunale di sorveglianza di Catania ha rigettato l’istanza, proposta da NOME COGNOME, intesa all’ammissione alle misure alternative alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domiciliare in relazione alla pena detentiva di un anno ed otto mesi di reclusione, inflittagli per aver commesso il reato di furto aggravato.
Ha, in proposito, valorizzato le negative informazioni acquisite in ordine alla personalità del condannato il quale, gravato da numerosi pregiudizi definitivi per reati di varia natura, è stato, da ultimo, arrestato e sottoposto a misura cautelare detentiva per i reati di furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale e risulta, per di più, privo, sin dal 2016, di occupazione lavorativa.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato a due motivi, con il primo dei quali deduce violazione della legge processuale e vizio di motivazione per avere il Tribunale di sorveglianza adottato il provvedimento impugnato senza attendere – pur dopo avere, in prima battuta, differito, a tal fine, la trattazione del procedimento – il deposito della prescritta relazione dei servizi sociali, che avrebbe consentito di apprezzare compiutamente i termini dell’evoluzione della sua personalità in epoca posteriore a quella del reato la cui commissione gli è valsa la pena della cui esecuzione si discute.
Con il secondo motivo, eccepisce, ancora, violazione di legge e vizio di motivazione sul rilievo che il Tribunale di sorveglianza è pervenuto al rigetto dell’istanza di ammissione alla detenzione domiciliare senza spiegare per quale ragione tale misura sarebbe stata inidonea a contenere la sua pericolosità sociale.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
L’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354, è una misura alternativa alla detenzione c:arceraria che attua la finalità costituzionale rieducativa della pena e che può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista dalla legge, allorché, sulla base
dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che essa, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla risocializzazione prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato.
Il giudizio in merito alla ammissione all’affidamento si fonda, dunque, sull’osservazione dell’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale: è infatti consolidato, presso la giurisprudenza di legittimità, l’indirizzo ermeneutico secondo cui «In tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine al buon esito della prova, il giudice, pur non potendo prescindere dalla natura e gravità dei reati commessi, dai precedenti penali e dai procedimenti penali eventualmente pendenti, deve valutare anche la condotta successivamente serbata dal condannato» (Sez. 1, n. 44992 del 17/09/2018, S., Rv. 273985), in tal senso deponendo il tenore letterale dell’art. 47, commi 2 e 3, legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui condiziona l’affidamento al convincimento che esso, anche attraverso le prescrizioni impartite al condannato, contribuisca alla sua rieducazione ed assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, COGNOME, Rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, NOME, Rv. 202413).
Se il presupposto dell’emenda non è riscontrato, o non lo è nella misura reputata adeguata, il condannato, se lo consentono il limite di pena diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall’art. 47ter legge 26 luglio 1975, n. 354 – ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che sia scongiurato il pericolo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745).
Il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal carattere più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia ordinamentale sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di contenuta durata.
Rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento in ordine all’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, delle misure alternative – alla cui base vi è la comune necessità di una prognosi positiva, seppur differenziata nei termini suindicati, frutto di un unitario
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accertamento (Sez. 1, n. 16442 del 10/02/2010, Pennacchio, Rv. 247235) – e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto.
Le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, Caroso, Rv. 189375), basata su esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio.
Scrutinata alla luce di tali principi, l’ordinanza impugnata supera senz’altro il vaglio di legittimità.
Il Tribunale di sorveglianza, preso atto dell’omesso pervenimento della relazione dei servizi sociali, in funzione del cui deposito il procedimento era stato rinviato, ha, nondimeno, ritenuto la superfluità dell’incombenza, stante l’univoco tenore delle informazioni aliunde acquisite, definitivamente dimostrative dell’insussistenza delle condizioni per l’ammissione di NOME COGNOME ad una delle misure richieste.
Per tale via, si è determinato in coerenza con il vigente quadro normativo e con l’interpretazione operata dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre Sez. 1, n. 26232 del 07/07/2020, COGNOME, Rv. 279581 – 01) che ha chiarito come dalla previsione dell’art. 71-bis, terzo comma, legge 26 luglio 1975, n. 354 secondo cui «I provvedimenti della sezione e del magistrato di sorveglianza sono emessi sulla base dell’acquisizione in udienza dei documenti relativi all’osservazione e al trattamento nonché, quando occorre, svolgendo i necessari accertamenti ed avvalendosi della consulenza dei tecnici del trattamento» – non discenda, in via automatica, l’illegittimità dei provvedimenti che non siano stati preceduti dagli indicati adempimenti, che deve essere esclusa qualora, come nel caso di specie, le emergenze istruttorie già disponibili consentano di apprezzare l’insussistenza delle condizioni per ammettere il condannato alla misura richiesta. P..
Nel merito, poi, il Tribunale di sorveglianza, con la motivazione dell’ordinanza impugnata, si è mantenuto nel solco dei poteri attribuitigli ed ha, specificamente, tratto argomento dalla congiunta considerazione del vissuto criminale di COGNOME, espressivo di notevole propensione delinquenziale, e dell’illecito contegno da lui posto in essere in epoca recente, e successiva a quella di consumazione del reato per il quale gli è stata irrogata la pena della cui esecuzione si discute, che attestano – vieppiù in ragione dell’assenza di qualsivoglia prospettiva di inserimento lavorativo, dell’ulteriore pendenza per reato associativo e delle riscontrate frequentazioni con altri pregiudicati – tanto l’omesso avvio di un apprezzabile processo di emenda e rivisitazione critica del proprio operato quanto l’inidoneità della detenzione domiciliare a contenere l’intensa ed elevata pericolosità sociale del condannato.
A fronte di un percorso argomentativo lineare e coerente, perché frutto di ineccepibile apprezzamento delle evidenze disponibili, il ricorrente articola rilievi critici di marcata fragilità che, nell’insistere sulla teorica, potenziale decisività d contributo dei servizi sociali, non riesce ad enucleare, nel provvedimento impugnato, precipui profili di manifesta illogicità o contraddittorietà e si risolve, pertanto, nello sterile richiamo ad enunciati che, pur astrattamente pertinenti, non incidono minimamente sulla sua tenuta razionale.
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo Periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22/11/2023.