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Misure alternative: no se manca progetto di reinserimento

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego delle misure alternative alla detenzione. La decisione si basa non su condotte passate, ma sulla mancanza di un concreto progetto di reinserimento lavorativo e sociale, ritenuto essenziale per prevenire il rischio di recidiva legato a difficoltà economiche.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure Alternative alla Detenzione: Perché un Progetto di Reinserimento è Cruciale

Le misure alternative alla detenzione rappresentano uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento per favorire il percorso di reinserimento sociale dei condannati. Tuttavia, la loro concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 26976/2024) chiarisce un punto essenziale: senza un progetto concreto e credibile di reinserimento lavorativo e sociale, le possibilità di ottenere un beneficio si riducono drasticamente, anche a fronte di altri elementi apparentemente positivi.

Il Caso in Esame

Un detenuto, condannato per un reato commesso a causa di gravi difficoltà economiche, si è visto respingere dal Tribunale di Sorveglianza la richiesta di ammissione a misure alternative. Il Tribunale ha motivato il diniego evidenziando un elevato pericolo di recidivanza. Secondo i giudici, il richiedente non aveva presentato né prospettive lavorative concrete né un progetto strutturato di reinserimento sociale, elementi indispensabili per scongiurare il rischio che, una volta libero, potesse ricadere nel delitto per far fronte alle medesime, non superate, difficoltà economiche. A ciò si aggiungeva la valutazione di una non completa presa di coscienza del disvalore delle proprie azioni, desunta dalla sua recente partecipazione a una rivolta carceraria.

La Decisione della Cassazione sulle Misure Alternative alla Detenzione

Il detenuto ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la decisione del Tribunale fosse viziata, in quanto basata su un’informativa di polizia contraddittoria e sulla partecipazione alla rivolta, per la quale aveva già ricevuto una sanzione poi sospesa. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile per aspecificità. Questo significa che il ricorso non ha colto né contestato la vera ragione della decisione del Tribunale di Sorveglianza, la cosiddetta ratio decidendi.

Le Motivazioni: Oltre la Condotta Passata, il Futuro del Detenuto

La Corte di Cassazione ha chiarito che il fulcro della decisione impugnata non era la condotta passata del detenuto (come la rivolta o le ipotesi investigative), bensì la valutazione prognostica sul suo futuro. Il vero ostacolo alla concessione delle misure alternative alla detenzione era l’assenza totale di un piano per il futuro. Mancava un progetto di reinserimento sociale e lavorativo idoneo a evitare che il ricorrente, una volta fuori dal carcere, si trovasse nelle stesse condizioni di precarietà economica che lo avevano portato a delinquere.

I giudici hanno sottolineato che il Tribunale di Sorveglianza può legittimamente ritenere necessario un percorso di graduale progressione, che preveda prima esperienze premiali più limitate. Questo approccio consente di osservare l’attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni e di prepararlo a un reinserimento più strutturato. La Corte ha richiamato un proprio precedente (Cass. n. 22443/2019), secondo cui un periodo di osservazione più lungo è giustificato specialmente quando il reato commesso è sintomatico di una significativa capacità a delinquere e vi è una possibile vicinanza ad ambienti criminali.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Richiesta di Misure Alternative

Questa ordinanza offre un’indicazione pratica di fondamentale importanza per chiunque intenda richiedere l’accesso a misure alternative. Non è sufficiente dimostrare una buona condotta in carcere o contestare elementi del passato. È imperativo costruire e presentare al giudice un progetto di vita futuro, dettagliato e realistico. Questo progetto deve includere prospettive lavorative, supporti familiari e sociali, e qualsiasi altro elemento che possa dimostrare una reale volontà e capacità di intraprendere un percorso di legalità. In assenza di un tale piano, il rischio di recidiva, specialmente per reati legati a disagio economico, viene considerato troppo elevato, rendendo improbabile la concessione del beneficio.

Perché il Tribunale di Sorveglianza ha negato le misure alternative in primo luogo?
Perché ha ritenuto elevato il pericolo di recidiva, data l’assenza di un progetto di reinserimento lavorativo e sociale che potesse aiutare il detenuto a superare le difficoltà economiche che lo avevano originariamente portato a commettere il reato.

La Corte di Cassazione ha considerato la partecipazione del detenuto a una rivolta carceraria come motivo per negare le misure?
No, la Corte ha specificato che la vera ragione della decisione non era la condotta passata del detenuto, ma la mancanza di un progetto futuro concreto per prevenire il rischio di commettere nuovi reati.

Cosa è necessario dimostrare per avere più probabilità di ottenere le misure alternative alla detenzione?
È fondamentale presentare un progetto di reinserimento sociale e lavorativo credibile e dettagliato, che dimostri come il condannato intende affrontare e superare le problematiche che lo hanno condotto a delinquere, offrendo così al giudice una prognosi favorevole sul suo futuro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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