Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31426 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31426 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha dichiarato inammissibile l’ordinanza ex art. 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354 (sul presupposto della presenza, nel titolo in esecuzione, di una condanna per reato ostativo ancora in espiazione) e rigettato le istanze di affidamento in prova al servizio sociale e di semilibertà, presentate da NOME COGNOME, detenuto presso la Casa circondariale di Napoli Poggioreale in esecuzione di condanna (relativamente ai reati di rapina aggravata e di detenzione e porto di arma comune da sparo, commessi nell’aprile del 2017) inflitta con sentenza del 26/09/2018 del Tribunale di Rimini, confermata dalla Corte di appello di Bologna del 02/10/2020 (pronuncia divenuta irrevocabile il 11/01/2022), con fine pena fissato al 24/04/2025.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo un motivo unico, che viene di seguito riassunto entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. at cod. proc. pen. e mediante il quale si denunciano violazione di legge ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 27 Cost., 47 e 71-ter legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché vizio di motivazione, per omessa, contraddittoria e manifestamente illogica motivazione.
Valorizzando esclusivamente la gravità del reato in espiazione, il Tribunale di sorveglianza ha tralasciato gli ulteriori dati emersi, costituiti dalla mancanza ulteriori pregiudizi o carichi pendenti, dall’idoneità del contesto familiare, da ripetute assunzioni di responsabilità, dalla disponibilità a svolgere attivi lavorativa, dall’ottima relazione dell’UEPE, dal corretto comportamento inframurario, da rispetto delle prescrizioni, dalle positive relazioni redatte d Carabinieri preposti al controllo. In sostanza, sono stati trascurati tutti gli eleme di segno positivo, pure emersi nel corso del procedimento. Vi è carenza motivazionale, poi, quanto al profilo della omessa precisazione e contestualizzazione spaziale e temporale, relativamente alla frequentazione con soggetti pluripregiudicati, per cui la pericolosità sociale del condannato è sol genericamente affermata.
Non viene minimamente considerata, inoltre, la già avviata revisione critica compiuta da NOME, circa il suo passato deviante. La richiesta ex art. 50 Ord. pen., infine, è stata disattesa senza la pur minima motivazione.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, che deduce censure infondate e, pertanto, dev’essere disatteso. Il Tribunale di sorveglianza,
infatti, ha fatto buon governo dei principi di diritto enunciati dalla giurispruden di legittimità, posto che – lungi dall’inferire il giudizio prognostico nega esclusivamente dalla gravità del reato – ha valorizzato tutti gli elementi a sua disposizione. Con motivazione non manifestamente illogica’ in particolare, sono stati presi in considerazione i precedenti giudiziari, sia pur risalenti e frequentazioni di soggetti pregiudicati. Il Tribunale ha anche stigmatizzato quanto emerge dalla relazione comportamentale del carcere, aggiornata al 23/12/2023. L’ordinanza impugnata ha sottolineato, inoltre, l’assenza di segni di resipiscenza del prevenuto, nonché la sua mancata assunzione di responsabilità e l’assenza di alcun ristoro o risarcimento in favore della persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Secondo il costante orientamento di questa Corte di legittimità, stante la marcata discrezionalità che connota la valutazione demandata al Giudice di sorveglianza, in tema di adozione delle misure alternative alla detenzione, incombe sul medesimo il dovere di basare la propria decisione – all’esito di un giudizio di tipo prognostico – anzitutto sui risultati del trattamento individualizz posto in essere nei confronti del condannato, sulla base dell’esame scientifico della personalità dello stesso. L’apparato argomentativo del provvedimento adottato deve dimostrare, attenendosi specificamente alla concreta fattispecie, l’avvenuta considerazione di tutti gli elementi previsti dalla legge, che siano stati richiama a giustificazione dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza (Sez. 1, n. 2207 de 18/5/1992, Caltagirone, Rv. 190628).
2.1. Si è ad esempio affermato, consequenzialmente, come – in tema di misure alternative – né i precedenti penali (nonostante tale dato rappresenti comunque un ancoraggio sicuro, dal quale muovere nell’effettuazione dell’analisi personologica), né le informative di polizia inerenti al vissuto criminale de condannato, possano rivestire una valenza autonoma ed esclusiva ed essere, in tal modo, sufficienti a legittimare un giudizio prognostico negativo, circa l prospettive di reinserimento del condannato nel contesto sociale; tale valutazione deve invece essere affidata, essenzialmente, alla valutazione approfondita dei risultati emersi dall’osservazione della personalità, con particolare riferimento all condotta intramuraria e agli eventuali progressi conseguiti nel percorso trattamentale (Sez. 1, n. 6680 del 22/11/2000, Saias, Rv. 218314).
2.2. Censurabile è anche il provvedimento reiettivo di istanza di affidamento in prova al servizio sociale, che si limiti a un generico richiamo a
“informazioni assunte”, ovvero che valorizzi in senso negativo la vita anteatta del condannato, per dedurne negativi lumi, circa la idoneità della misura (Sez. 1, n. 4483 del 27/10/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 195797).
La decisione ora al vaglio del Collegio è fondata su una pluralità di considerazioni, adeguatamente analizzate e reputate univocamente deponenti in senso favorevole, oltre che tra loro perfettamente combacianti – ad avviso del Tribunale di sorveglianza – nell’indicare il COGNOME quale soggetto non meritevole dell’invocato beneficio dell’affidamento in prova al servizio sociale.
3.1. E infatti l’ordinanza, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, si fonda non solo sulla estrema gravità dei reati per i quali è intervenuta la condanna in espiazione (rapina aggravata e detenzione e porto illegale di arma comune da sparo), ma anche sulla mancata presa di coscienza – ad opera del condannato – del disvalore degli stessi, sul disinteresse verso la vittima (in favore della quale non risulta effettuato alcun ristoro o risarcimento), sul cattivo contegno processuale serbato dal COGNOME, sulla mancanza di segnali di resipiscenza e, infine, sulla frequentazione con pregiudicati (secondo quanto emergente dalle informazioni di polizia acquisite).
3.2. Le censure sussunte nell’atto di impugnazione, per contro, peccano di aspecificítà e si sviluppano interamente sul piano del fatto, risultando sostanzialmente tese a sovrapporre una nuova interpretazione delle risultanze probatorie, diversa da quella recepita nell’impugnato provvedimento, più che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati dall’art. 606 cod. proc. p Tale operazione, con tutta evidenza, fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso al giudice di legittimità. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato sulla base di prospettazioni alternative, che sostanzialmente si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di valutazione e conoscenza sui quali si basa la decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e differenti canoni ricostruttivi e valutativi dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, in q illustrati come maggiormente plausibili, o perché assertivannente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotl:a delittuosa si è concreto realizzata (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, Rv. 235507).
3.3. D’altronde, nessun vizio logico o argomentativo è ravvisabile nella motivazione sviluppata nell’ordinanza impugnata, che è, invece, logica, puntuale e priva di spunti di contraddittorietà, tanto che merita di restare al riparo qualsivoglia stigma in sede di legittimità.
3.4. La difesa, infine, si duole della carenza motivazionale dalla quale sarebbe affetta l’ordinanza impugnata, con riferimento alla richiesta volta alla concessione della semilibertà.
3.4.1. Deve premettersi, allora, che non è censurabile – nel giudizio di legittimità – la decisione che non motivi espressamente su una specifica deduzione difensiva, allorquando le r’agioni poste a fondamento della decisione assunta risultino adeguatamente esplicitate, all’interno dell’apparato motivazionale complessivamente considerato (Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500; Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, COGNOME, Rv. 256340; da ultimo Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, COGNOME, Rv. 284096). Tale principio, di valenza generale, ha ricevuto applicazione con riferimento a molteplici istituti “di favore per l’imputato. È stato affermato, quindi, che la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche deve ritenersi disattesa, attraverso l’adozione di una motivazione implicita, allorché risulti adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzionatorio, che sia fondata su analogo ordine di motivi (Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, Dulan, Rv. 275057). In epoca successiva, si è ritenuta la valenza di tale assunto, con specifico riferimento alla richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., la quale deve essere reputata implicitamente disattesa dal giudice, qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami – anche in ordine a profili di diverso tenore, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità (Sez. 3, n. 43604 del 08/09/2021, COGNOME, Rv. 282097; Sez. 5, n. 42214 del 14/10/2022, COGNOME, n.m.). Nel caso in culla considerazione di fattori negativi significativi o rilevanti costituisca, dunque, indice marcatamente evocativo del disvalore attribuibile alla vicenda criminosa, può ritenersi che essa implicitamente concerna anche l’inesistenza di elementi utili a giustificare l’applicazione dell’ipotesi di particolare tenuità del fatto, pu mancanza di un espresso riferimento a tale causa di non punibilità (Sez. 2, n. 41544 del 15/07/2022, COGNOME, n.m.; Sez. 4, n. 37172 del 23/06/2022, COGNOME, n.m.). Tale principio è stato ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, anche i tema di violazioni alla disciplina sugli stupefacenti, laddove si è riconosciuta l possibilità di escludere implicitamente la causa di non punibilità prevista dall’art 131 bis cod. pen., mediante il richiamo alla rilevanza del fatto, contenuto nel corpo della motivazione (Sez. 6, n. 40039 del 21/09/2022, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 32833 del 25/05/2022, COGNOME, n.m.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.4.2. Nel caso di specie, la lamentata carenza motivazionale non ricorre, dovendosi al contrario considerare pienamente presente una ampia ed esaustiva motivazione di carattere implicito, con riferimento all’invocata possibilità d riconoscere la semilibertà. In particolare, la mancanza di resipiscenza rispetto al
pregresso agire, l’omesso confronto critico con le proprie responsabilità, il carente avvio di un percorso di recupero, sono tutti aspetti che il Tribunale di sorveglianza analizza ad ampio raggio, valutando la posizione del condannato in maniera onnicomprensiva.
Tale caratteristica di evidenza si accompagna al carat:tere diffuso, ampio e analitico della struttura motivazionale adottata dal Tribunale di sorveglianza, che appare – anche sotto tale profilo – del tutto adeguata e priva di fratture concettual e, pertanto, immune da censure in sede di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2024.