Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32866 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32866 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CALENZANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/03/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha rigettato l’istanza con cui NOME COGNOME COGNOME chiesto di espiare la pena attualmente in esecuzione nelle forme di una misura alternativa alla detenzione, individuata, in ordine gradato, nell’affidamento in p rova al servizio sociale, nella semilibertà e nella detenzione domiciliare.
A sostegno della decisione i Giudici fiorentini hanno valorizzato, oltre ai recenti comportamenti del detenuto, negativi al punto da giustificare dapprima, la revoca del lavoro all’esterno e, successivamente, la sospensione del trattamento con permessi premi, gli esiti dell’osservazione psicologica, che COGNOME evidenziato fondati dubbi rispetto alla sua capacità di revisione critica.
Ricorre COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo denuncia inosservanza della legge penale, con riferimento all’art. 47 Ord. pen.
Lamenta che il Tribunale ha adottato la decisione impugnata senza attingere all’aggiornamento della relazione di sintesi. Da tale documento si evincono, con riferimento ad un arco temporale estremamente ampio, a partire dall’anno 2018, circostanze assai significative ai fini del giudizio prognostico sui presupposti delle misure richieste: tanto sul percorso di risocializzazione quanto sulla prevenzione del pericolo di consumazione di ulteriori reati
È stato, in particolare, trascurato il dato pacifico che la condotta carceraria del detenuto è stata ineccepibile negli ultimi due anni e che lo stesso ha riconosciuto le proprie responsabilità, maturando progressivamente la consapevolezza del carattere illecito delle condotte poste in essere in passato.
2.2. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione ed interpretazione dell’articolo 47 Ord. pen.
Lamenta che il Tribunale, discostandosi dai principi ripetutamente affermati dalla giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto insussistenti le condizioni soggettive per la concessione della misura alternativa, valorizzando, in via esclusiva, la gravità del reato e, invece, del tutto trascurando le relazioni dell’équipe o mai acquisite o, comunque, non aggiornate, così da minimizzare ingiustificatamente i risultati, pur positivi, dell’indagine socio familiare.
2.3. Con il terzo motivo deduce contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento alle risultanze dell’aggiornamento delle relazioni di sintesi.
Lamenta che il Tribunale ha adottato la decisione sfavorevole trascurando gli elementi positivi contenuti nelle relazioni in atti e considerando rilevanti le condotte irregolari tenute dal condanNOME in epoca non recente.
2.4. Con il quarto motivo denuncia mancanza di motivazione con riferimento alle misure alternative richieste in via subordinata rispetto all’affidamento in prova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le censure dedotte nei quattro motivi, che possono esser esaminate congiuntamente in ragione della connessione logica delle questioni poste, non superano il vaglio di ammissibilità.
Come ricordato dal ricorrente, ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta serbata dal condanNOME in epoca successiva.
Nel giudizio prescritto dall’art. 47 Ord. pen. è indispensabile l’esame dei comportamenti attuali del condanNOME perché non è sufficiente verificare l’assenza di indicazioni negative, ricavabili senz’altro dal passato (si pensi ai precedenti penali), ma è necessario accertare in positivo la presenza di elementi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva. Si deve, pertanto, avere riguardo al comportamento e alla situazione del soggetto dopo i fatti per i quali è stata inflitta la condanna in esecuzione, per verificare concretamente se sussistano, o no, sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e condizioni che ne rendano possibile il reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alternativa; ciò non significa acquisire dai risultati dell’osservazione della personalità la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo, al contrario, sufficiente l’avvio di tale processo critico ( ex plurimis Sez. 1, n. 31809 del 09/07/2009, Gobbo, Rv. 244322 e, più di recente, Sez. 1, n. 31420 del 2 05/05/2015, COGNOME, Rv. 264602).
Tanto posto, l’ordinanza impugnata, nell’evidenziare le ragioni a sostegno della decisione, ha evidenziato, in sintonia con gli esposti principi, che, a prescindere dalle informative socio familiari, non sono comunque ravvisabili i presupposti per la concessione di alcuna delle misure alternative richieste -comprese la detenzione domiciliare e la semilibertà – per l’elevato, attuale e concreto rischio di recidivanza nonché per il livello, altrettanto preoccupante, di inaffidabilità del condanNOME, del tutto in incompatibile con il raggiungimento dell’obbiettivo comune a tutte le misure alternative richieste ovvero la sua risocializzazione.
In quest’ottica sono state valorizzate:
-le ripetute condotte antigiuridiche tenute in epoca tutt’altro che risalente (l’anno 2022), valutate così gravi da giustificare l’interruzione del beneficio dell’ammissione al lavoro esterno nel corso dell’anno 2023;
-la consumazione di un reato di considerevole allarme sociale nell’anno 2019 durante la detenzione carceraria;
-le risultanze dell’osservazione psicologica che hanno evidenziato, nonostante i progressi, il bisogno del condanNOME ‘a mantenere attiva l’immagine di ‘furbetto’ e la conseguenziale tendenza a compiere comportamenti molto
riprovevoli e, quindi, l’esigenza di approfondire questi tratti della personalità per avviare una convinta e non solo formale revisione critica del passato deviante.
Di contro, il ricorrente ha opposto, in termini generici, o una lettura alternativa dei medesimi elementi fattuali valorizzati dal Tribunale, ponendosi in un’ottica meramente confutativa, oppure l’omessa valutazione di ulteriori fonti di informazione, il cui contenuto, tuttavia, non è stato nemmeno sommariamente indicato.
Con siffatte censure il ricorrente ha finito, in definitiva, non per denunciare specifiche criticità del percorso motivazionale o violazioni di legge nei termini richiesti dall’art. 606 cod. proc. pen., ma per sollecitare apprezzamenti riservati al giudice del merito ed estranei al giudizio di legittimità.
Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 30 settembre 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME