Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14781 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14781 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SASSUOLO il 14/05/1987
avverso l’ordinanza del 04/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lettehserrtite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Galassi Nicholas ricorre avverso l’ordinanza del 4 giugno 2024 del Tribunale di sorveglianza di Bologna che, per quello che qui interessa, ha rigettato la richiesta di applicazione delle misure alternative alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare, ai sensi degli artt. 47 e 47 -ter legge 26 luglio 1975, n. 354, con riferimento alla pena di anni tre, mesi nove e giorni venti di reclusione, di cui al provvedimento di esecuzione di pene concorrenti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Modena emesso in data 1 febbraio 2024.
2. Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 47, 47 -ter Ord. pen. e 27 Cost., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza, con particolare riferimento al rigetto della richiesta di applicazione delle misure alternative alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare, avrebbe omesso di correttamente valorizzare quanto emerso dalla lettura della relazione di sintesi, nella quale si dava atto di un atteggiamento attuale del detenuto più aderente alle regole penitenziarie, improntato al rispetto degli operatori.
Il detenuto, infatti, aveva intrapreso un vero e proprio percorso di rivisitazione del proprio passato deviante, che non poteva ritenersi superato dal fatto che lo stesso avesse posto in essere condotte integranti sanzioni disciplinari, contestate come commesse il 4 agosto 2022 e al 7 gennaio 2023 e, quindi, risalenti nel tempo.
Nel ricorso, poi, si contesta l’ordinanza impugnata, nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto in maniera del tutto ingiustificata che il domicilio della moglie non fosse idoneo per lo svolgimento delle misure alternative, solo perché la stessa, per ragioni prettamente economiche, non poteva permettersi di affittare un intero appartamento, ma solo una stanza in una casa condivisa con ulteriori due affittuari.
Il Tribunale di sorveglianza, infine, non avrebbe potuto ritenere quale elemento negativo il fatto che il condannato, già ammesso a misure alternative in passato, avesse poi nuovamente posto in essere un’attività delinquenziale, poiché in quel periodo – quando ancora lo stesso non aveva intrapreso un percorso di crescita personale – questi non aveva saputo indicare un domicilio idoneo, né un’attività lavorativa, come invece avvenuto nel caso in esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione al caso di specie del principio di diritto, affermato da questa Corte con riferimento all’affidamento in prova in casi particolari ma valido – stante l’identità di ratio e di presupposti – pe tutte le misure alternative alla detenzione in carcere previste dagli artt. 47 e segg. ord. pen., secondo cui, con tale istituto, l’ordinamento ha inteso attuare una forma dell’esecuzione della pena esterna al carcere nei confronti di condannati per i quali, alla luce dell’osservazione della personalità e di altre acquisizioni ed elementi di conoscenza, sia possibile formulare una ragionevole prognosi di completo reinserimento sociale all’esito della misura alternativa.
I criteri ed i mezzi di conoscenza utilizzabili da parte del Tribunale di sorveglianza per pervenire a tale positiva previsione sono indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza nel reato commesso, ineludibile punto di partenza, nei precedenti penali e nelle pendenze processuali (Sez. 1, n. 1812 del 04/03/1999, COGNOME, Rv. 213062), nelle informazioni di polizia (Sez. 1, n. 1970 del 11/03/1997, COGNOME, Rv. 207998) ma anche, ed in pari grado di rilievo prognostico, nella condotta carceraria e nei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione, posto che in queste ultime risultanze istruttorie si compendia una delle fondamentali finalità della espiazione della sanzione penale, il cui rilievo costituzionale non può in questa sede rimanere nell’ombra.
In tal senso, ai fini della concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale e degli altri benefici penitenziari, si deve avere riguardo anche al comportamento e alla situazione del soggetto dopo i fatti per i quali è stata inflitta la condanna in esecuzione, per verificare concretamente se sussistano, o non, sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e condizioni che ne rendano possibile il reinserimento sociale attraverso la richiesta misura alternativa (Sez. 1, n. 31809 del 09/07/2009, COGNOME Rv. 244322).
Pertanto, il criterio di gradualità nella concessione di benefici penitenziari, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario, tanto più quando i reati commessi siano sintomatici di una non irrilevante capacità a delinquere.
1.2. Nel caso di specie, nel ricorso non ci si confronta con il provvedimento impugnato, nella parte in cui il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che COGNOME soggetto pluripregiudicato, aveva avuto nel passato già accesso a diverse misure alternative alla detenzione, senza che le stesse fossero state idonee a svolgere un ruolo effettivamente dissuasivo circa la reiterazione di condotte illecite
(in particolare, la misura della detenzione domiciliare era stata dapprima sospesa e, poi, revocata, per condotte di evasione).
Il Tribunale di sorveglianza, poi, ha evidenziato che, nel periodo di detenzione intramuraria, COGNOME aveva posto in essere fatti potenzialmente integranti fattispecie di reato (in ordine al reato ex art. 391-ter cod. pen.), nonché fatti disciplinarmente rilevanti, in ordine ai quali era stato sanzionato con dieci giorni di isolamento all’aria aperta.
Gli atti di osservazione personologica, inoltre, avevano evidenziato una sua tendenza alla manipolazione dell’interlocutore, nonché un suo atteggiamento dispregiativo e giudicante verso gli operatori penitenziari.
Secondo il Tribunale di sorveglianza, quindi, la tendenza alla recidiva dimostrata da quanto sopra evidenziato, nonché dai numerosi precedenti penali, non consentiva di ritenere decisivi o sufficientemente rassicuranti i rilievi circa un principio di assunzione di responsabilità o di rivisitazione critica di cui all’ultim relazione di sintesi del 25 marzo 2024.
Il Tribunale di sorveglianza, infatti, anche quando siano emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare l’attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre, specie se il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere e sussista una verosimile contiguità con ambienti delinquenziali di elevato livello (Sez. 1, n. 22443 del 17/01/2019, COGNOME, Rv. 276213).
Secondo il Tribunale di sorveglianza, per di più, le risorse esterne individuate apparivano precarie, considerando che i dettagli dell’accordo contrattuale di lavoro e i termini dello stesso dovevano ancora essere definiti e il domicilio, rappresentato da una stanza con bagno all’interno di una casa locata anche a due diverse persone, non garantiva la possibilità di sapere con quante persone il condannato sarebbe venuto in contatto.
Tenuto conto di questi univoci indicatori soggettivi e delle informazioni acquisite, il Tribunale di sorveglianza, fornendo sul punto una motivazione ineccepibile, ha evidenziato correttamente l’inidoneità delle misure alternative alla detenzione richieste ad assolvere alle finalità di prevenzione speciale sue proprie.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 06/02/2025