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Misure alternative: no se c’è rischio di recidiva

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego delle misure alternative alla detenzione per un soggetto con precedenti specifici e un recente arresto per reati simili. La decisione sottolinea come il marcato pericolo di recidiva giustifichi il mantenimento del regime carcerario, ritenendo le misure alternative inadeguate a prevenire la reiterazione dei reati.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure alternative negate in presenza di un concreto pericolo di recidiva

La concessione delle misure alternative alla detenzione rappresenta un pilastro del sistema penale orientato alla rieducazione del condannato. Tuttavia, questa possibilità non è automatica e dipende da una valutazione attenta del giudice sulla personalità del soggetto e sul rischio che possa commettere nuovi reati. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, confermando il diniego di tali benefici a un individuo ritenuto socialmente pericoloso a causa dei suoi trascorsi criminali e di un recente arresto.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo condannato a una pena di un anno e dieci mesi di reclusione per reati commessi nel 2020. L’interessato aveva presentato istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova ai servizi sociali o, in subordine, la detenzione domiciliare. Il Tribunale, tuttavia, respingeva la richiesta, basando la sua decisione su una serie di elementi negativi.

In particolare, i giudici evidenziavano come il condannato avesse precedenti specifici in materia di stupefacenti risalenti al 2014 e carichi pendenti per ricettazione e violazione del codice della strada dello stesso anno. L’elemento decisivo, però, era un arresto avvenuto alla fine del 2023 per detenzione illecita di stupefacenti, che lo vedeva attualmente in stato di custodia cautelare in carcere. Questi dati portavano il Tribunale a concludere che il soggetto non avesse intrapreso un percorso di revisione critica del proprio passato e presentasse un marcato pericolo di recidiva, rendendo le misure alternative inadeguate a contenerne la pericolosità.

L’analisi della Corte e il diniego delle misure alternative

Il condannato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una motivazione apparente e illogica da parte del Tribunale di Sorveglianza. Tra i motivi del ricorso, si contestava il fatto che la decisione si fondasse su precedenti risalenti nel tempo e su un procedimento penale ancora in fase iniziale. Si lamentava inoltre la mancata acquisizione della relazione comportamentale dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) e si sottolineavano alcuni elementi ritenuti favorevoli, come la giovane età, l’assenza di legami con la criminalità organizzata e il presunto ravvedimento manifestato.

Nonostante le argomentazioni difensive, la Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, rigettandolo e confermando la decisione del Tribunale di Sorveglianza.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha stabilito che la decisione del Tribunale di Sorveglianza rappresentava un esercizio ragionevole del potere discrezionale del giudice. La motivazione non era né apparente né illogica, ma fondata su elementi concreti e negativi: i precedenti, i carichi pendenti e, soprattutto, il recente arresto in flagranza per un reato della stessa natura.

Secondo la Cassazione, questi elementi concorrenti delineano un quadro di rilevante propensione a delinquere. L’ultimo arresto, in particolare, è stato considerato sintomatico dell’assenza di una reale revisione critica del proprio passato criminale. La giurisprudenza di legittimità è costante nel sostenere che, per la concessione delle misure alternative, non è sufficiente l’assenza di elementi negativi, ma sono necessari elementi positivi che consentano un giudizio prognostico favorevole circa il successo della misura e la prevenzione del pericolo di recidiva. Nel caso di specie, i giudici di merito hanno correttamente valorizzato i trascorsi criminali e il recente arresto come indicatori di un elevato rischio di reiterazione dei reati, concludendo che nessuna misura alternativa potesse essere idonea a fronteggiare tale pericolo.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale nell’applicazione delle misure alternative: la valutazione del giudice deve essere ancorata a un’analisi completa della personalità e della storia del condannato. Un curriculum criminale significativo, specialmente se aggravato da recenti condotte illecite dello stesso tipo, costituisce un ostacolo quasi insormontabile alla concessione di benefici. La decisione dimostra come il giudizio prognostico sulla recidiva sia l’elemento centrale e che, in presenza di un concreto e attuale pericolo di reiterazione criminosa, il regime carcerario resta l’unica opzione considerata adeguata a tutelare le esigenze di prevenzione e sicurezza sociale.

Quando possono essere negate le misure alternative alla detenzione?
Le misure alternative possono essere negate quando il giudice, sulla base di elementi concreti come precedenti penali specifici e condotte recenti, accerta una rilevante propensione a delinquere del soggetto e un marcato pericolo di recidiva, ritenendo che tali misure non siano idonee a contenere il rischio di reiterazione criminosa.

Un arresto recente per un reato simile influisce sulla concessione dei benefici?
Sì, un arresto recente per un delitto della stessa indole è considerato un elemento di grande peso. La Corte lo ha ritenuto sintomatico dell’assenza di una revisione critica del proprio passato da parte del condannato e un forte indicatore di un attuale pericolo di recidiva, giustificando così il diniego delle misure.

Per ottenere le misure alternative è sufficiente non avere elementi negativi recenti?
No, la giurisprudenza citata nella sentenza chiarisce che non è sufficiente la mera assenza di indicazioni negative. Per la concessione delle misure alternative sono necessari elementi positivi concreti che permettano al giudice di formulare un giudizio prognostico favorevole sia sull’esito della prova sia sulla prevenzione del pericolo di recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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