Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18952 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18952 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Roma il 10/04/1956;
avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma del 27/11/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma ha, per quanto di interesse in questa sede, respinto le richieste di affidamento in prova e di detenzione domiciliare avanzate nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento alla pena residua di anni uno, mesi cinque e giorni ventisei di reclusione, di cui al provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica di Roma il 20 novembre 2024.
In sintesi, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto il condannato non meritevole delle misure alternative invocate a causa della gravità dei reati da lui commessi (violazioni della legge stupefacenti), del contenuto non rassicurante delle informazioni inviate dall’autorità di pubblica sicurezza e della mancanza di una attività lavorativa.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c proc. pen., insistendo per il suo annullamento con riferimento al diniego della detenzione domiciliare.
Il ricorrente lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione mancante e manifestamente illogica poiché, a suo dire, il rigetto delle sue richieste è fondato su dati travisati e non attuali, senza una specifica argomentazione rispetto alla impossibilità di concedere l’affidamento in prova o la detenzione domiciliare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
L’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 Ord. pen., e la detenzione domiciliare, nella sua forma ordinaria regolata dall’art. 47ter, comma 1-bis, Ord. pen., sono misure alternative alla detenzione carceraria che, a diverso titolo, attuano la finalità costituzionale rieducativa della pena. La prima misura può essere adottata, entro la generale cornice di ammissibilità prevista
dalla legge, allorché, sulla base dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, o del comportamento da lui serbato in libertà, si ritenga che la medesima, anche attraverso l’adozione di opportune prescrizioni, possa contribuire alla menzionata rieducazione, prevenendo il pericolo di ricaduta nel reato. Ciò che assume rilievo, rispetto all’affidamento, è l’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 257001-01). Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248984-01; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, COGNOME, Rv. 244654-01; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, COGNOME, Rv. 202413-01).
Se il presupposto dell’emenda non è riscontrato, o non lo è nella misura reputata adeguata, il condannato, se lo consentono il limite di pena e il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare «generica», alla sola condizione che sia scongiurato il pericolo di commissione di nuovi reati (Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745-01). Il fine rieducativo si attua, in tal caso, mediante una misura dal carattere più marcatamente contenitivo, saldandosi alla tendenziale sfiducia ordinamentale sull’efficacia del trattamento penitenziario instaurato rispetto a pene di contenuta durata.
Rientra nella discrezionalità del giudice di merito l’apprezzamento sull’idoneità o meno, ai fini della risocializzazione e della prevenzione della recidiva, delle diverse misure alternative in astratto concedibili (e l’eventuale scelta di quella ritenuta maggiormente congrua nel caso concreto). Le relative valutazioni non sono censurabili in sede di legittimità, se sorrette da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, Caroso, Rv. 189375-01), la quale non può prescindere da un’esaustiva, ancorché se del caso sintetica, ricognizione degli incidenti elementi di giudizio.
Nella specie, l’ordinanza impugnata – nel rigettare sia la richiesta di affidamento in prova che di detenzione domiciliare – si limita ad un generico richiamo ai precedenti penali del condannato, peraltro remoti nel tempo, nonché al rilievo dell’assenza di un’occupazione lavorativa, che pur non costituisce – per
pacifica giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 1023 del 30/10/2018, dep. 2019,
COGNOME, Rv. 274869-01; Sez. 1, n. 18939 del 26/02/2013, E.A., Rv. 256024-01;
Sez. 1, n. 26789 del 18/06/2009, COGNOME, Rv. 244735-01) – requisito dirimente per la concessione dell’affidamento in prova, tenuto anche conto che NOME
COGNOME è quasi settantenne.
Manca, inoltre, qualsivoglia riferimento alle condizioni di vita attuali del condannato, di natura personale, familiare e domiciliare, anche in rapporto alle
caratteristiche della devianza e alle prospettive di reinserimento e contenimento
i
dato che non si rinviene un concreto riferimento temporale ai fatti riferiti nelle informazioni inviate dall’autorità di polizia dalle quali è stato desunto il pericol
di recidiva.
5. L’ordinanza impugnata, carente sotto il profilo appena indicato, deve essere pertanto annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma affinché – in
piena autonomia decisionale – proceda ad un nuovo esame delle istanze proposte dal ricorrente alla luce dei principi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2025.