Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37373 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37373 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CAGLIARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/02/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di CAGLIARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza indicata in epigrafe, resa in data 10 febbraio 2024, il Tribunale di sorveglianza di Cagliari ha rigettato le istanze di affidamento in prova al servizio sociale e di semilibertà proposte da NOME COGNOME, in relazione all’esecuzione della pena di anni cinque e mesi quattro, di cui al SIEP n. 2022/203, relativa alla condanna per reati di estorsione aggravata in concorso e detenzione illecita di sostanze stupefacenti.
Avverso la descritta ordinanza, il condannato ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo dei difensori di fiducia, affidandosi a due motivi, di seguito riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Con il primo motivo si denuncia vizio di motivazione, sotto il profilo della mancanza, in relazione alla misura dell’affidamento in prova.
Si rileva che i criteri di valutazione a cui il Tribunale di sorveglianza deve fare riferimento sono il reato commesso, i precedenti penali e le pendenze processuali, le informazioni di polizia ma anche il rilievo della condotta carceraria e dei risultati dell’indagine socio-familiare operata dalle strutture di osservazione.
Il necessario giudizio prognostico, inoltre, deve tenere conto degli elementi positivi da cui, ragionevolmente, è possibile trarre che l’affidamento si rivelerà proficuo in relazione agli obiettivi di rieducazione del condannato.
All’uopo vanno valutate l’assenza di denunce nuove, il ripudio delle condotte devianti / l’adesione alle ragioni di valori socialmente condivisi, l’attaccamento ad un contesto familiare, una condotta di vita congrua, l’eventuale buona prospettiva risocializzante.
In primo luogo, i giudici di sorveglianza, per il ricorrente, non avrebbero tenuto conto dello svolgimento dell’attività lavorativa alla quale si fa riferimento nella relazione del servizio sociale e alla mancanza di denunce per circa un decennio, note positive ritenute, evidentemente, recessive rispetto alla gravità del reato.
Il rigetto, quindi, appare fondato solo sulla gravità del reato commesso e sulla parziale revisione critica, mentre non si sarebbe tenuto conto del parere favorevole alla concessione del beneficio, espresso nella relazione di sintesi, della lontananza del tempo del fatto del reato (risalente al 2014) e dell’assenza di successivi carichi pendenti.
Ciò senza considerare che non è necessario, peraltro, ai fini dell’ammissione al beneficio, che vi sia una completa revisione critica, purché il processo sia almeno avviato.
Esauriente, infatti, è l’esame della condotta successiva serbata dal condannato, necessaria per valutare, all’attualità, l’esistenza di un effettivo
processo di recupero sociale e l’assenza del pericolo di recidiva; condotta successiva del tutto ignorata.
Infine, il percorso argomentativo del Tribunale sarebbe carente nella parte in cui si richiama ad un principio di progressione trattamentale, soltanto in astratto, prescindendo dalla specifica situazione del ricorrente.
Nel caso al vaglio, infatti, il reato è commesso nel 2017, non ci sono ulteriori denunce e carichi pendenti nel decennio successivo e il condannato non è incorso in ulteriori violazioni nella legge penale in regime di libertà.
Questi, infine, è stato sottoposto al regime degli arresti domiciliari per i titolo in espiazione per complessivi mesi sei e giorni nove di custodia cautelare.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia mancanza di motivazione in relazione alla semilibertà.
Per l’ammissione alla misura alternativa non è richiesta la prova che il soggetto abbia compiuto la completa revisione critica e si è affermato che, in tema di concessione o diniego di tale misura, la gravità del reato commesso e i precedenti penali e giudiziari del condannato non possono assumere rilevanza autonoma e assorbente.
Questi, invece, costituiscono elementi in base ai quali procedere all’esame scientifico della personalità del condannato e come necessario punto di partenza.
Il criterio su cui deve fare affidamento il Tribunale è quello evidenziato anche in relazione al tema dell’affidamento in prova. Il ricorrente sostiene che, nella specie, è stata del tutto pretermessa l’indicata valida attività lavorativa, relazione alla cui valenza risocializzante non vi è alcuna motivazione.
Né si argomenta in merito alle ragioni per le quali, nonostante il tempo del commesso reato, l’assenza di ulteriori denunce nell’arco di dieci anni, la misura della semilibertà sia stata ritenuta inidonea al reinserimento, pur a fronte dei minori spazi di libertà insiti nella misura richiesta.
Il Sostituto Procuratore generale di questa Corte intervenuto con requisitoria scritta, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato riscontrandosi il denunciato vizio di motivazione.
1.1.11 primo motivo è fondato.
È noto che la costante giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Sez. 1, n. 775 del 06/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258404 – 1; Sez. 1, n. 1285 del 8/05/1989, COGNOME, Rv. 181397; Sez. 1, n. 2207 del 18/5/1992, COGNOME, Rv. 190628; Sez. 1, n. 2214 del 18/05/1992, Libera, non massinnata) si è espressa, in tema di adozione delle misure alternative alla detenzione, nel senso
che il giudice deve fondare la statuizione, espressione di un giudizio prognostico, sui risultati del trattamento individualizzato, condotto sulla base dell’esame scientifico della personalità; la relativa motivazione deve dimostrare, con preciso riferimento alla fattispecie concreta, l’avvenuta considerazione di tutti gli elementi previsti dalla legge, che hanno giustificato l’accoglimento o il rigetto dell’istanza. La giurisprudenza di questa Corte (cfr il primo precedente richiamato che ha pronunciato l’annullamento con rinvio, limitatamente alle istanze di affidamento in prova e di semilibertà, di provvedimento di rigetto) si è, in particolare, soffermata sulla necessità di adeguato supporto argomentativo in ordine alle ragioni della prevalenza accordata ad aspetti appartenenti al passato criminale del detenuto, a scapito dei progressi riscontrati nel corso del trattamento.
Con particolare riferimento all’affidamento in prova al servizio sociale, poi, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quin dell’accoglimento dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza. Né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (tra le altre, Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2019, dep. 2020, Rv. 277924).
Risulta, dunque, indispensabile, secondo l’indirizzo costante cui il Collegio intende dare continuità, l’esame dei comportamenti attuali del condannato, in relazione all’esigenza di accertare – non soltanto l’assenza di indicazioni negative, bensì – anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, Nicolai, Rv. 278174 – 01; Sez. 1, n. 31420 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. P_IVA – 01).
In tale prospettiva, il Tribunale di sorveglianza è legittimato ad acquisire informazioni da qualsiasi fonte, e quindi anche dagli organi di polizia, informazioni valutabili all’unica condizione che le medesime non si limitino ad argomentazioni del tutto generiche, ma riferiscano circostanze specifiche, sicché la valutazione del giudice abbia precisi elementi di fatto da esaminare (Sez. 1, n. 5223 del 28/09/1999, Sergio, Rv. 214431 – 01), per modo che, in tale evenienza, il Tribunale di sorveglianza non ha l’obbligo di effettuare accertamenti ulteriori sulla personalità del soggetto richiedente, qualora le risultanze documentali rivelino l’inidoneità della misura richiesta (Sez. 1, n. 26232 del 07/07/2020, COGNOME, Rv. 279581 – 01, che, in applicazione di tale principio, ha
ritenuto infondata la doglianza del ricorrente che lamentava l’omessa acquisizione da parte del tribunale di sorveglianza della relazione degli operatori del servizio sociale).
Tali essendo i principi cui questo Collegio intende dare continuità, si osserva che la motivazione del Tribunale, si sostanzia in una prevalente valutazione del passato deviante del condannato, più che soffermarsi sulla verifica della sua condizione all’attualità e sul rapporto di queste condizioni rispetto a residui aspetti di pericolosità del condannato.
Su tale punto, invece, il ricorso segnala la costante regolarità della condotta, l’assenza di ulteriori condanne da circa dieci anni, oltre all’epoca risalente dei fatti, dati questi ultimi, peraltro, condivisi dal Tribunale che ne fa cenno, nel parte finale della motivazione.
Peraltro, si riscontra la denunciata omessa motivazione sul contenuto della relazione di sintesi che pure l’ordinanza riporta a p. 2, e sull’elemento della condotta successiva al reato perché dopo i fatti cui si riferisce la pena in esecuzione, non risultano denunce o altre condanne (fatti di luglio 2014, per i quali l’esecuzione inizia nel 2022, con fine pena nel 2027, risultando, per il periodo successivo, soltanto una segnalazione, risalente al 2016, per possesso per uso proprio di hashish dunque fatto privo di rilievo penale).
1.2.11 secondo motivo è, del pari, fondato.
Ai fini dell’ammissione al regime di semilibertà, l’art. 50 Ord. pen. prevede che il giudice debba valutare «i progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società».
Dunque, il relativo giudizio si articola attraverso una duplice verifica: da un lato, quella relativa ai risultati del trattamento penitenziario individualizzato; dall’altro lato, quella relativa alla sussistenza delle condizioni del gradual reinserimento del condannato nella società (Sez. 1, n. 20005 del 9/4/2014, Bertotti, Rv. 259622).
Le censure articolate nel ricorso attengono, essenzialmente, al primo profilo della valutazione prognostica, concernente la positiva evoluzione del trattamento rieducativo, in specie rimarcando la mancata valutazione dei descritti progressi.
Rileva, in proposito, il Collegio che in tema di concessione di misure alternative alla detenzione, il tribunale di sorveglianza, anche quando siano emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare l’attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre, specie se il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacità a delinquere e sussista una verosimile contiguità con ambienti delinquenziali di elevato livello (Sez. 1, n. 22443 del 17/1/2019,
Froncillo, Rv. 276213; Sez. 1, n. 41914 del 29/9/2009, Mavilla, Rv. 245051). Nondimeno, l’art. 50 Ord. pen. non prevede espressamente alcuna necessaria gradualità, quantomeno in forma cogente, affidando al giudice una valutazione ad ampio spettro, non predefinita secondo una rigida sequenza, lungo il duplice crinale già indicato.
Nel caso in esame, il Tribunale di sorveglianza non ha articolato il descritto giudizio adeguandosi a tali linee interpretative ma, anzi, ha operato una valutazione di cui rende conto con motivazione scarna, che, in definitiva, si fonda sulle stesse considerazioni che hanno giustificato il diniego dell’affidamento in prova.
Tanto, senza considerare, in alcun modo, che la misura richiesta è meno ampia e che, dunque, il principio di gradualità doveva essere considerato diversamente rispetto a una misura più rigida dell’affidamento in prova.
2.Segue l’annullamento dell’impugnata ordinanza, con rinvio al Tribunale di sorveglianza competente per nuovo esame, perché in quella sede, nella piena autonomia quanto all’esito, sia integrata la motivazione, nel rispetto dei principi di diritto indicati nella parte motiva.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Cagliari.
Così deciso il 7 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente