Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25816 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25816 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letteiseP,t-ite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 27 settembre 2023 del Tribunale di sorveglianza di Roma, che ha rigettato la richiesta di applicazione delle misure alternative alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare, ai sensi degli artt. 47 e 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354, con riferimento alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione di cui alla sentenza del Tribunale di Roma del 14 aprile 2014, definitiva il 23 giugno 2018, in ordine al reato di ricettazione, commesso nel 2007.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 47 e 47-ter Ord. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe omesso di considerare che, agli atti, vi erano elementi in forza dei quali poter sostenere il reinserimento sociale del condannato, anche considerando il suo allontanamento dagli ambienti criminosi da oltre dieci anni, come confermato dal fatto che il procedimento pendente a suo carico era relativo a condotte poste in essere nel 2012.
Nel ricorso, poi, si evidenzia come il Tribunale di sorveglianza non abbia fornito alcuna motivazione in ordine alla richiesta subordinata di applicazione della misura della detenzione domiciliare, rigettata in maniera apodittica dal giudicante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Giova in dritto evidenziare che la valutazione della richiesta di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, pur partendo dalla considerazione della natura e della gravità dei reati per i quali è stata irrogata la pena in espiazione, non può mai prescindere dalla condotta tenuta dal condannato dopo la commissione del reato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della verifica circa l’esistenza di un effettivo processo di recuper sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva e circa l’idoneità della misura alternativa (Sez. 1, n. 4390 del 20/12/2019, dep. 2020, Nicolao, Rv. 278174).
Pertanto, nei casi in cui, come quello in esame, la misura sia richiesta prima dell’inizio dell’espiazione della pena, è necessario procedere alla considerazione della condotta mantenuta in stato di libertà, dopo la condanna, al fine di stabilire
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/03/2024