Misure Alternative: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Gradualità
L’accesso alle misure alternative alla detenzione rappresenta un momento cruciale nel percorso di reinserimento sociale di un condannato. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4140/2024) ci ricorda che la buona condotta, sebbene essenziale, non è sempre sufficiente a garantire un accesso immediato a tali benefici. La decisione ribadisce la centralità del principio di gradualità e la discrezionalità del Tribunale di Sorveglianza nel valutare il percorso del detenuto.
I Fatti del Caso
Un detenuto si è visto respingere dal Tribunale di Sorveglianza di Palermo la sua richiesta di ammissione a una misura alternativa. Ritenendo illogica la motivazione del provvedimento, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Secondo il ricorrente, la decisione del Tribunale non teneva adeguatamente conto dei progressi compiuti e degli elementi positivi emersi durante il periodo di osservazione.
La Decisione della Corte sulle Misure Alternative
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, le censure sollevate dal ricorrente non evidenziavano alcuna illogicità nella motivazione del Tribunale di Sorveglianza, ma si traducevano in una richiesta di rivalutazione del merito della vicenda. Tale operazione è preclusa al giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare i fatti.
Le Motivazioni: Il Principio di Gradualità nell’Accesso alle Misure Alternative
Il cuore della decisione risiede nel consolidato principio di progressività e gradualità che governa l’accesso ai benefici penitenziari. La Corte ha richiamato una sua precedente pronuncia (Sez. 1, n. 22443 del 17/1/2019) per sottolineare un punto fondamentale: il Tribunale di Sorveglianza, pur in presenza di elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione.
Questo tempo aggiuntivo serve a verificare in modo più approfondito l’attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni che la misura alternativa comporterebbe. La concessione di questi benefici non è un automatismo legato alla buona condotta, ma l’esito di una valutazione complessa e ponderata sul percorso di risocializzazione del condannato. La gradualità assicura che il passaggio dal regime detentivo a una maggiore libertà avvenga in modo responsabile, minimizzando i rischi di recidiva e massimizzando le possibilità di un effettivo reinserimento.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame rafforza la discrezionalità del Tribunale di Sorveglianza nella valutazione delle istanze di ammissione alle misure alternative. Per i detenuti e i loro difensori, ciò significa che è essenziale non solo dimostrare una condotta positiva, ma anche la solidità e la maturità del percorso trattamentale. La decisione del Tribunale di prolungare l’osservazione non deve essere vista come una sanzione, ma come una fase necessaria per consolidare i progressi ottenuti. Infine, viene ribadito che il ricorso per cassazione deve concentrarsi su vizi di legittimità (violazioni di legge o motivazioni manifestamente illogiche) e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti.
 
La buona condotta di un detenuto è sufficiente per ottenere automaticamente le misure alternative?
No. Secondo la Corte di Cassazione, anche in presenza di elementi positivi, il Tribunale di Sorveglianza può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione per verificare l’effettiva idoneità del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni.
In cosa consiste il principio di gradualità nell’accesso ai benefici penitenziari?
È il principio secondo cui l’accesso alle misure alternative deve essere progressivo e basato sui risultati dell’osservazione della personalità e del comportamento del detenuto nel tempo. Non è un diritto automatico, ma un percorso che richiede una maturazione e una valutazione ponderata da parte del giudice.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare la valutazione del comportamento di un detenuto fatta dal Tribunale di Sorveglianza?
No. La Corte di Cassazione si occupa del giudizio di legittimità, cioè controlla la corretta applicazione delle norme di legge e la logicità della motivazione. Non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o del merito dell’istanza, che è di competenza esclusiva del Tribunale di Sorveglianza.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4140 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4140  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti dedotti nell’unico motivo di ricorso siano manifestamente infondati, in quanto rilevanti una asserita illogicità della motivazione che non emerge dal testo del provvedimento impugnato, atteso che il principio, espresso dalla ordinanza impugnata, della gradualità dell’accesso alle misure alternative ha superato lo scrutinio del giudice di legittimità, che ha ritenuto che il sistema di accesso ai benefici penitenziari s effettivamente fondato sulla progressività e gradualità (Sez. 1, n. 22443 del 17/1/2019, COGNOME, Rv. 276213: il Tribunale di sorveglianza, anche quando siano emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, può legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine d verificare l’attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre), e che l censure proposte in ricorso si risolvono nel chiedere una rivalutazione nel merito dell’istanza;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 11 gennaio 2024.