Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35835 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35835 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha rigettato le istanze di affidamento in prova, di detenzione domiciliare e di semilibertà, presentate da NOME COGNOME, detenuto con fine pena fissato al 27/08/2025, in espiazione della pena di anni quattordici di reclusione, inflitta con sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari del 18/06/2015, per i reati di rissa, omicidio, detenzione illegale di armi e tentata estorsione, commessi nel 2013.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo violazione di legge penale e vizio di motivazione ex art. 606 comma 1 lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 47, 47-ter, 48 e 50 legge 26 luglio 1975, n. 354.
Il condannato ha vanamente rappresentato di aver partecipato attivamente alle attività e alle iniziative di recupero, all’interno degli istituti carcerari pres quali è stato ristretto; si è regolarmente sottoposto, inoltre, alla prevista osservazione di personalità, che è risultata sempre positivamente orientata verso la rieducazione. Trattasi di un soggetto che ha fruito di plurimi permessi premio, nonché della liberazione anticipata, così dimostrandosi sempre degno di una positiva prognosi di reinserimento sociale. A fronte di tali elementi di tenore positivo, il provvedimento impugnato si fonda esclusivamente sulla considerazione della gravità dei reati commessi, nonché su una asserita pericolosità sociale, evidenziata dalle informative di polizia (che contengono, però, segnalazioni estremamente risalenti nel tempo) e sugli esiti dell’osservazione scientifica (le relazioni di sintesi posta a fondamento della decisione si segnala, però, per una connotazione di forte illogicità argomentativa).
Del tutto omessa, infine, è la motivazione in ordine alla concedibilità delle misure alternative alla detenzione domandate in via gradata, con specifico riferimento alla detenzione domiciliare e alla semilibertà.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Quanto al preteso vizio di motivazione, la censura è inammissibile, in quanto rientrano nella discrezionalità del giudice di merito, sia l’apprezzamento in ordine all’idoneità o meno – in vista della risocializzazione e della prevenzione della recidiva – delle misure alternative, sia l’eventuale scelta della misura ritenuta maggiormente congrua, rispetto al caso concreto.
Il Tribunale di sorveglianza ha fondato la decisione sull’allarmante profilo criminale del condannato, resosi autore dei gravi reati in espiazione, tra cui
l’omicidio; il giudizio di pericolosità sociale, peraltro, si fonda sulle informative di p.s. e sugli esiti dell’osservazione scientifica della personalità. A fronte della ricostruzione sussunta nella motivazione dell’ordinanza impugnata, la difesa prospetta deduzioni interamente versate in fatto, oltre che volte ad una rivalutazione delle evidenze disponibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. L’affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 Ord. pen., è la principale misura alternativa alla detenzione, destinata ad attuare la finalità rieducativa della pena di cui all’art. 27, terzo comma, Cost. Tale misura può essere adottata, all’interno della generale cornice di ammissibilità fissata dalla norma, allorquando – all’esito dell’osservazione della personalità del condannato condotta in istituto, ovvero in forza della condotta da questi tenuta durante la permanenza in stato di libertà – il relativo regime venga reputato, anche grazie all’adozione di opportune prescrizioni, atto a garantire la suddetta finalità e, contemporaneamente, in grado di prevenire il pericolo di ricaduta nel reato. Ciò che assume rilievo, rispetto all’affidamento, è l’evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale (Sez. 1, n. 10586 del 08/02/2019, COGNOME, rv. 274993; Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME, rv. 257001-01).
2.1. Perché possa essere accordata tale misura alternativa, il processo di emenda deve risulta già avviato in maniera significativa, sebbene la legge non esiga il già raggiunto ravvedimento, che connota invece il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale (Sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, COGNOME, rv. 248984; Sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, COGNOME, rv. 244654; Sez. 1, n. 3868 del 26/06/1995, NOME, rv. 202413-01). In vista della possibile concessione della misura, peraltro, non necessaria la sussistenza di un lavoro già disponibile, potendo tale requisito essere surrogato da un’attività socialmente utile, anche di tipo volontaristico (Sez. 1, n. 18939 del 26/02/2013, E.A., rv. 256024; Sez. 1, n. 26789 del 18/06/2009, COGNOME, rv. 244735; Sez. 1, n. 5076 del 21/09/1999, COGNOME, rv. 214424-01). Né appare di ostacolo la mera condizione di straniero irregolarmente soggiornante in territorio nazionale (Sez. U, n. 14500 del 28/03/2006, COGNOME, rv. 233420; Sez. 1, n. 18939 del 26/02/2013, NOMEA., rv. 256025; Sez. 1, n. 17334 del 04/04/2006, COGNOME, rv. 234019).
2.2. È riservato al campo della discrezionalità del giudice di merito, inoltre, l’apprezzamento in ordine all’idoneità o meno – in vista della risocializzazione e della prevenzione della recidiva del condannato – della misura alternativa in discorso, nonché l’effettuazione della prognosi sottostante (Sez. 1, n. 16442 del 10/02/2010, Pennacchio, rv. 247235). La relativa valutazione deve però inquadrarsi nella corretta cornice legale, oltre che essere sorretta da motivazione adeguata e rispondente a canoni logici (Sez. 1, n. 652 del 10/02/1992, Caroso, rv. 189375), coerenti con l’operata ricognizione degli incidenti elementi di giudizio.
Tali essendo i principi di diritto che governano la materia, l’ordinanza impugnata non può che ritenersi viziata.
E infatti, dal tenore stesso del provvedimento impugnato, emerge la figura di un condannato che:
ha già ripetutamente fruito di permessi premio, senza incorrere in alcuna infrazione;
la cui pericolosità viene tratta da elementi di valutazione e conoscenza collocati in tempi risalenti;
in relazione al quale non è emersa una intraneità, con ambienti della criminalità organizzata;
che ha serbato una regolare condotta inframuraria, occupandosi lavorativamente durante lo stato di restrizione.
3.1. Pur muovendo da tale base descrittiva, di univoca significazione, il Tribunale di sorveglianza ha negato la auspicata concessione di misure alternative, fondando la decisione reiettiva su elementi inconferenti, nonché operando una valutazione sostanzialmente disancorata da specifici e concreti elementi dimostrativi. L’avversato provvedimento, infatti, ritiene non ancora raggiunto un sufficiente stadio di revisione critica del vissuto delinquenziale, sulla base della mera gravità del fatto in espiazione. Se quel che conta, come indicato, è l’evoluzione della personalità del reo e le possibilità della sua efficace risocializzazione, mediante le prescrizioni opportunamente dettate nel contesto della misura alternativa, la decisione giudiziale assunta non rende convincente ragione dell’apprezzamento operato, il cui esito negativo appare – allo statodistonico rispetto agli elementi di fatto positivamente apprezzati nel provvedimento stesso.
3.2. Coglie parimenti nel segno, infine, l’ulteriore doglianza difensiva, incentrata sull’esistenza di un vuoto argomentativo, circa la possibile concessione di misure alternative – pure invocate dalla difesa – di minore estensione, quali la detenzione domiciliare e la semilibertà.
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’ordinanza impugnata viene annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro.
Così deciso in Roma, il 02 luglio 2024.