Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21584 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21584 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CAMPOBASSO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Campobasso ha respinto le istanze di affidamento in prova, di detenzione domiciliare o di semilibertà avanzate da NOME, in relazione alla condanna alla pena di anni due di reclusione inflitta con sentenza del Tribunale di Larino del 03/06/2021.
A fondamento del provvedimento reiettivo il Tribunale ha osservato come, stante l’irreperibilità in Italia del condannato (trasferitosi in Romania ove stabilmente lavora presso una ditta nel settore della panificazione e dove egli stabilmente vive e dimora con il proprio nucleo famigliare, anch’esso ivi radicato), non è stato possibile effettuare gli indispensabili accertamenti da parte dell’UEPE, necessari per vagliare la concreta applicabilità delle misure richieste.
NOME propone, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione, deducendo nullità dell’ordinanza per erronea applicazione della legge penale e per manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen.. Premesso che NOME ha regolarmente eletto domicilio in Italia, presso il difensore, osserva la Difesa ricorrente come erroneamente il Tribunale abbia affermato che il condannato non aveva collaborato, in quanto in realtà egli aveva fatto pervenire tutte le informazioni richieste in ordine alla sua residenza, al luogo ove lavora, al suo nucleo famigliare; aveva inoltre, dalla Romania, interloquito con l’UEPE di Foggia.
Evidenzia poi come la giurisprudenza della Suprema Corte abbia affermato che l’affidamento in prova può avere luogo in un altro stato dell’Unione Europea che abbia dato attuazione alla decisione quadro n. 2008/947/GAI (sez. 1, 18/03/2022 n. 14799). L’interpretazione fornita dal Tribunale di sorveglianza nell’impugnata ordinanza vanifica di fatto le disposizioni contenute nel d. Igs. 38 del 2016.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. A seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 38, recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/947/GAI, è consentita l’ammissione alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale la cui esecuzione debba svolgersi in uno Stato estero membro dell’Unione Europea, che abbia dato attuazione alla decisione quadro (come effettivamente avvenuto nel caso di specie), e dove il condannato abbia residenza legale ed abituale, in conformità a quanto disposto dal menzionato digs. (così Sez. 1 n. 20977 del 15/06/2020, COGNOME, Rv. 279338 – 01). Ciò in quanto l’affidamento in prova, quale misura alternativa alla detenzione, deve ritenersi assimilabile, al di là del dato letterale, a una “sanzione sostitutiva” come descritta dall’art. 2, lett. e), d.lgs. n. 38 del 2016, ovvero a una sanzione (misura) che impone obblighi e impartisce prescrizioni compatibili con quelli elencati nel successivo art. 4 e che costituiscono di norma il contenuto del «trattamento alternativo al carcere».
La medesima sentenza Sez. 1 n. 20977 del 15/06/2020, COGNOME, Rv. 279338 – 01, ha tuttavia chiarito in motivazione che «la necessità che, nella fase istruttoria, l’Ufficio esecuzione penale esterna possa compiere in maniera adeguata gliaccertamenti funzionali alla decisione del Tribunale di sorveglianza non è condizionata dalla prospettiva che, in caso di ammissione, la misura venga eseguita all’estero.
Permane l’obbligo, a pena di inammissibilità della istanza, per il condannato libero di elezione di domicilio sul territorio nazionale (art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen.), ed è evidente che l’eventuale mancata collaborazione, anche conseguente alla assenza dal territorio nazionale, da parte del condannato istante all’indagine dell’Ufficio esecuzione penale esterna potrà concorrere a giustificare il rigetto, nel merito, della richiesta.
Dall’altra, il controllo sull’osservanza del contenuto prescrittivo della misura attiene all’esecuzione della stessa e costituisce, dunque, l’oggetto della attribuzione allo Stato di esecuzione».
Se quindi non vi è dubbio che, nella sua fase esecutiva, la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale possa svolgersi in altro stato membro dell’Unione, cionondimeno permangono i requisiti previsti a pena di inammissibilità per accedere alla misura alternativa, sanciti dall’ordinamento interno e tra questi l’obbligo per il condannato libero di eleggere domicilio sul territorio nazionale, ex art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen., nonché di prestare la doverosa collaborazione con gli uffici di esecuzione penale esterna investiti degli accertamenti istruttori.
3. Nel caso che ci occupa, il Tribunale di sorveglianza è pervenuta al rigetto dell’istanza argomentando, in modo congruo, sul fatto che l’irreperibilità (da intendersi quale non presenza sul territorio) in Italia del condannato non avesse consentito all’UEPE di effettuare verifiche in fatto e di redigere le indagini socio familiari previste per la concessione delle misure richieste.
Deve quindi ritenersi corretta la decisione assunta dal Tribunale di sorveglianza di Campobasso nella decisione impugnata: se infatti il controllo sull’osservanza del contenuto prescrittivo della misura attiene all’esecuzione della stessa e costituisce, dunque, l’oggetto della attribuzione allo Stato di esecuzione, la predisposizione invece dei contenuti prescrittivi della misura spettano allo Stato italiano, e implicano necessariamente l’instaurarsi – con modalità che potranno variare di caso in caso di un rapporto diretto tra il condannato e gli uffici di esecuzione penale esterna di riferimento; rapporto che, nel caso che ci occupa, è risultato insufficiente per la redazione dell’indagine socio famigliare richiesta, essendosi esso estrinsecato, come si legge nella nota dell’UEPE di Foggia, in meri contatti telefonici nel corso dei quali il condannato aveva minimizzato il reato commesso, affermando di abitare e lavorare in Romania e di non avere intenzione di tornare in Italia.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/02/2024