Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35837 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35837 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato l’istanza volta all’ottenimento delle misure alternative alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, ovvero della detenzione domiciliare o della semilibertà, presentate da COGNOME, a cui carico risulta da espiare la pena di anni uno, mesi due e giorni diciotto di reclusione, di cui alla sentenza del Tribunale di Roma del 16/03/2018, relativa ai reati di tentata rapina aggravata e lesioni, commessi il 13/03/2018. Il provvedimento reiettivo si fonda sull’accertamento con esito negativo, condotto con riferimento al domicilio indicato dal condannato, ai fini dello svolgimento della misura alternativa.
Ricorre per cassazione COGNOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., per inosservanza, falsa ed erronea applicazione degli artt. 143, 157, 159 e 161 cod. proc. pen., nonché mancanza, erroneità, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
La difesa contesta sia la declaratoria di irreperibilità, che sarebbe stata illegittimamente ritenuta dal Tribunale di sorveglianza in ordine alla procedura attivata, sia il fatto che l’assenza di una stabile abitazione possa impedire lo svolgimento dell’affidamento in prova.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. Quanto alla questione della irreperibilità, si è tenuto conto – ai fin dell’effettuazione delle notifiche – dell’esistenza di un domicilio eletto. Co riferimento al secondo tema, l’ordinanza impugnata non attiene alla irreperibilità assoluta del soggetto, bensì alla “mancanza di dati circa il luogo stabile di abitazione” che è tale da rendere inefficaci le prescrizioni concernenti le auspicate misure alternative alla detenzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
L’argomentazione difensiva sintetizzata in parte narrativa, infatti, non dialoga con il contenuto stesso dell’ordinanza, non contrastando il fatto che la ragione della decisione reiettiva risieda nella ineffettività del domicilio personale e reale, come indicato dalla parte, elemento che supera il dato formale della
compiuta elezione di domicilio, rispettoso delle prescrizioni dell’art. 677, comma 2-bis cod. proc. pen.
2.1. La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente chiarito, sul punto specifico, come la inammissibilità della richiesta di misura alternativa, proveniente da condannato non detenuto, in caso di omessa dichiarazione o elezione di domicilio, a norma dell’art. 677, comma 2-bis, cod. proc. pen., non possa essere traslata alla diversa ipotesi della omessa comunicazione del mutamento del domicilio dichiarato o eletto (Sez. 1, n. 26334 del 11/04/2023, COGNOME NOME, Rv. 284890; Sez. 1, n. 48337 del 13/11/2012, COGNOME, Rv. 253977; Sez. 1, n. 48337 del 13/11/2012, COGNOME, Rv. 253977; Sez. 1, n. 15137 del 03/03/2011, COGNOME, Rv. 249738; Sez. 1, n. 10739 del 27/01/2009, Raffio, Rv. 242882).
2.2. Del tutto differente, però, è la situazione ora sottoposta al vaglio questa Corte.
Nel caso di specie, infatti, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha dichiarato inammissibili le istanze di affidamento in prova ai servizi sociali e di detenzion domiciliare, sul presupposto della inidoneità, dunque della non effettività del domicilio; una situazione di materiale inesistenza – ovvero di incertezza – circa i domicilio del condannato, infatti, impedisce l’effettuazione dei necessari accertamenti istruttori, oltre a risultare chiaramente evocativa della mancanza di interesse del richiedente, nei confronti della procedura.
2.3. La decisione negativa sussunta nell’ordinanza impugnata, in ordine alla richiesta di misure alternative, si allinea del resto ad un ormai consolidat orientamento giurisprudenziale, a mente del quale la mancanza di una stabile e conosciuta residenza inibisce il necessario supporto ed il costante controllo, ad opera del servizio sociale e del magistrato di sorveglianza del luogo, competente ad adeguare le prescrizioni alle concrete esigenze trattamentali attinenti al condannato. L’invocato beneficio, infatti, postula un contatto diretto e continuo fra la persona fisica dell’interessato ed il servizio sociale al quale – a norma dell’ 47, nono comma, Ord. pen. – spetta il compito di controllare la condotta del soggetto, nonché di aiutarlo a superare le difficoltà di adattamento alla vita social Risulta del tutto legittimo, pertanto, il rigetto della richiesta, laddove tale decis sia basata sulla irreperibilità della persona condannata, ossia su una mancanza di stabile residenza, atta a incidere negativamente sulla effettività della misur alternativa invocata (Sez. 1, n. 27347 del 17/05/2019, Lupu, Rv. 276198; Sez. 1, n. 4023 del 14/10/1992, Rv. 192363).
2.4. In tali casi, in definitiva, ciò che viene in rilievo non è il profil necessità di una reperibilità di tipo processuale, da soddisfare mediante l’onere previsto sotto comminatoria di inammissibilità – di dichiarare o eleggere domicilio al momento della presentazione della domanda, bensì il diverso tema della
reperibilità di tipo sostanziale, dunque della effettività del domicilio. Sott quest’ultimo aspetto, la non effettività del domicilio incide profondamente, in punto di possibilità di mantenimento dei contatti del condannato con il servizio sociale, oltre che di possibilità di espletamento dei necessari controlli, finalizzat alla verifica del rispetto delle prescrizioni e della prosecuzione del percorso di risocializzazione e reinserimento (si veda Sez. 1, n. 4284 del 27/10/2023, Paternuosto, n.m.).
Non risultando effettuata, nella presente procedura, l’indicazione di un nuovo, reale e verificabile domicilio del condannato, la decisione impugnata si appalesa giuridicamente ineccepibile.
Alla declaratoria di inammissibilità segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma, che si stima equo fissare in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ravvisandosi elementi per ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 02 luglio 2024.