Misure Alternative: Quando la Pericolosità Sociale Giustifica una Scelta Più Severa
L’applicazione delle misure alternative alla detenzione rappresenta un pilastro del sistema penale moderno, finalizzato al recupero e al reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la scelta della misura più idonea non è automatica e deve tenere conto di diversi fattori, primo fra tutti la pericolosità sociale del soggetto. Con l’ordinanza n. 21714 del 2024, la Corte di Cassazione torna sul punto, chiarendo i criteri che guidano il giudice nella delicata ponderazione tra le diverse opzioni disponibili.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un condannato avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma. Quest’ultimo, nel decidere sulla misura alternativa da applicare, aveva optato per la detenzione domiciliare, ritenendola più adeguata rispetto all’affidamento in prova ai servizi sociali richiesto dal condannato. La decisione del Tribunale si fondava su una valutazione di elevata pericolosità sociale residua del soggetto, desunta dai suoi precedenti penali e dai carichi pendenti recenti.
Il ricorrente si è rivolto alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo in sostanza che il Tribunale avesse errato nella sua valutazione.
La Scelta tra le Misure Alternative: L’Analisi della Corte
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, il ricorso non presentava reali critiche di legittimità, ma si risolveva in una mera richiesta di rivalutazione del merito, ossia un tentativo di sostituire l’apprezzamento del giudice di sorveglianza con uno diverso e più favorevole al ricorrente.
La Cassazione ha sottolineato come il Tribunale di Sorveglianza avesse fornito una motivazione ‘esaustiva e rispettosa dei presupposti normativi’. La scelta della detenzione domiciliare, una misura più contenitiva, era stata ampiamente giustificata alla luce degli indicatori di pericolosità del condannato, quali il numero e la gravità dei precedenti penali e la recente commissione di altri reati.
Il Principio di Gradualità e la Valutazione delle Misure Alternative
Un punto centrale della decisione è il richiamo al principio di gradualità del trattamento rieducativo. La Corte, citando un proprio precedente (Sez. 1, n. 50026 del 2018), ha ribadito che il percorso di reinserimento deve essere progressivo. In questo contesto, se un soggetto presenta ancora un’elevata pericolosità, è corretto applicare inizialmente una misura più restrittiva, come la detenzione domiciliare, che garantisce un maggior controllo, riservando l’affidamento in prova a una fase successiva, quando il percorso rieducativo abbia prodotto i suoi effetti.
Il ricorrente, secondo la Corte, non ha opposto argomenti concreti in grado di smontare il ragionamento del Tribunale, ma si è limitato a proporre una lettura alternativa delle medesime circostanze, chiedendo di dare maggior peso a elementi meno significativi rispetto a quelli, di segno contrario, correttamente valorizzati dal giudice.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione di inammissibilità su due pilastri fondamentali. In primo luogo, ha stabilito che la valutazione della pericolosità sociale del condannato e la conseguente scelta della misura alternativa più adeguata rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione è insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, è supportata da una motivazione logica, coerente e non manifestamente illogica. Il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente individuato gli elementi fattuali (precedenti, carichi pendenti) e li aveva logicamente connessi alla conclusione di una pericolosità sociale tale da poter essere gestita solo con la detenzione domiciliare.
In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non denunciava un vizio di legge, ma sollecitava un nuovo giudizio di fatto, che è precluso alla Corte di Cassazione. La Corte non può riesaminare le prove, ma solo verificare che il giudice di merito abbia applicato correttamente la legge e abbia motivato la sua decisione in modo congruo.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un principio consolidato: la scelta tra le diverse misure alternative non è un diritto incondizionato del condannato, ma il risultato di un’attenta valutazione prognostica da parte del giudice. La pericolosità sociale, accertata attraverso elementi concreti e attuali, è il fattore determinante che può legittimamente portare all’applicazione di una misura più restrittiva. La decisione ribadisce l’importanza di una motivazione solida e ben argomentata da parte dei Tribunali di Sorveglianza e definisce chiaramente i limiti del sindacato della Corte di Cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito.
Quando il giudice può preferire una misura alternativa più restrittiva come la detenzione domiciliare rispetto all’affidamento in prova?
Quando il condannato presenta un’elevata residua pericolosità sociale, valutata sulla base di indicatori concreti come il numero e la gravità dei precedenti penali e la recente commissione di reati.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a chiedere una nuova valutazione dei fatti già esaminati dal giudice precedente?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non di riesaminare nel merito le prove e le circostanze di fatto.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver promosso un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21714 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21714 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/01/2014 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
rilevato che l’unico motivo dedotto da NOME COGNOME, per quanto formalmente denunzi violazione di legge e vizio di motivazione, si risolve nella sollecitazione di apprezzamenti da sovrapporre a quelli, non manifestamente illogici, del giudice del merito ed è, comunque, manifestamente infondato.
Il Tribunale di sorveglianza ha giustificato, con apparato argomentativo esaustivo e rispettoso dei presupposti normatavi, la scelta della misura alternativa più contenitiva della detenzione domiciliare e della preferenza accordata a quest’ultima rispetto all’affidamento in prova con la elevata residua pericolosità sociale del condannato. Tenuto conto della logica di gradualità del trattamento rieducativo (Sez. 1, n. 50026 del 04/06/2018, A, Rv. 274513 – 01), nell’esercizio del potere discrezionale previsto dalla normativa di riferimento ai fini della individuazione della misura più adeguata, sono stati valorizzati quali indicatori della pericolosità fronteggiabile esclusivamente con la più contentiva delle misure alterative: il numero e e la gravità dei precedenti penali e l’epoca recente di consumazione dei carichi pendenti
Il ricorrente nulla di concreto oppone, limitandosi, nella sostanza a sollecitare una diversa letture delle fonti di prova da sovrapporre a quella non illogica del Tribunale ed un nuovo apprezzamento fondato sulle medesime circostanze già valutate nel giudizio prognostico meno pregnanti rispetto a quelle di segno contrario.
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente a! pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 18 aprile 2024
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