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Misure alternative all’estero: la Cassazione apre

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7352/2025, ha stabilito che un condannato può eseguire l’affidamento in prova al servizio sociale nel proprio paese di residenza all’interno dell’UE (nella fattispecie, la Francia). La Corte ha annullato la decisione del Tribunale di Sorveglianza che, basandosi su giurisprudenza superata, aveva negato tale possibilità. La sentenza chiarisce che, grazie alla normativa europea sul reciproco riconoscimento (d.lgs. 38/2016), le misure alternative all’estero come l’affidamento in prova sono ammissibili, a differenza della detenzione domiciliare e della semilibertà che, mantenendo uno stato detentivo, non rientrano in tale disciplina.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Misure alternative all’estero: la Cassazione conferma la possibilità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande rilevanza nel panorama del diritto penale europeo: la possibilità di eseguire misure alternative all’estero. Con una decisione innovativa, i giudici hanno chiarito che, grazie alla normativa comunitaria, l’affidamento in prova al servizio sociale può essere scontato in un altro Paese dell’Unione Europea, superando un orientamento giurisprudenziale ormai datato. Questa pronuncia apre nuove prospettive per i condannati che hanno legami familiari e sociali in altri Stati membri.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un cittadino condannato in Italia ma residente stabilmente in Francia. L’interessato aveva richiesto al Tribunale di Sorveglianza di Torino di poter scontare la pena attraverso una misura alternativa, in via principale l’affidamento in prova al servizio sociale, direttamente nel suo paese di residenza. In subordine, aveva chiesto di poter usufruire della semilibertà o della detenzione domiciliare in Italia.

Il Tribunale di Sorveglianza, citando una giurisprudenza risalente al 2007, aveva dichiarato inammissibile la richiesta principale, sostenendo che le misure alternative dovessero essere eseguite esclusivamente sul territorio nazionale. La difesa del ricorrente ha impugnato tale decisione, lamentando che il giudice non avesse tenuto conto delle importanti novità normative e giurisprudenziali intervenute nel frattempo.

L’impatto della normativa europea sulle misure alternative all’estero

Il punto focale della questione risiede nell’evoluzione del diritto grazie all’influenza dell’Unione Europea. La Corte di Cassazione ha evidenziato come l’orientamento restrittivo del passato sia stato completamente superato dall’introduzione del decreto legislativo n. 38 del 2016. Questo decreto ha dato attuazione in Italia alla Decisione Quadro 2008/947/GAI del Consiglio Europeo, che disciplina il reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni di sospensione condizionale, delle sanzioni sostitutive e, appunto, delle misure di sospensione condizionale.

Questa normativa ha creato un meccanismo di cooperazione giudiziaria che permette a un condannato di scontare determinate pene non detentive nel proprio Stato di residenza, favorendo così il suo reinserimento sociale.

La Decisione della Corte di Cassazione

Accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha annullato il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza, rinviando il caso per un nuovo esame. I giudici hanno stabilito che l’affidamento in prova al servizio sociale, pur essendo una misura alternativa alla detenzione, rientra a pieno titolo nel concetto di “sanzione sostitutiva” previsto dalla normativa europea. Di conseguenza, è possibile richiederne l’esecuzione in un altro Stato membro dell’UE.

Tuttavia, la Corte ha operato una distinzione cruciale. Le altre misure richieste in via subordinata, ovvero la detenzione domiciliare e la semilibertà, non possono essere eseguite all’estero. La ragione è che queste misure, a differenza dell’affidamento in prova, non fanno cessare completamente lo stato di detenzione del condannato e quindi non rientrano nell’ambito di applicazione della citata Decisione Quadro.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione evolutiva e adeguata al contesto europeo. L’affidamento in prova è stato assimilato a una “sanzione sostitutiva” perché impone obblighi e prescrizioni (mantenimento di rapporti con i servizi sociali, regole di condotta, divieti specifici) compatibili con il trattamento alternativo al carcere descritto dalla normativa UE. L’obiettivo è promuovere la risocializzazione del condannato e neutralizzare i fattori di recidiva, finalità che possono essere perseguite efficacemente anche nel Paese di residenza.

Al contrario, la detenzione domiciliare e la semilibertà implicano una privazione della libertà, seppur con modalità diverse dal carcere (ad esempio, la detenzione notturna per la semilibertà). Questa componente detentiva le esclude dal campo di applicazione del reciproco riconoscimento previsto per le sole sanzioni alternative non detentive.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

In conclusione, la sentenza segna un punto fermo nell’applicazione del diritto penale in un’ottica transnazionale. Viene confermato il principio secondo cui un condannato in Italia può chiedere di scontare l’affidamento in prova nel proprio Paese UE di residenza. La decisione del Tribunale di Sorveglianza, basata su un’interpretazione anacronistica, è stata giustamente annullata. Il caso dovrà ora essere riesaminato alla luce del corretto quadro normativo e giurisprudenziale, che riconosce pienamente il principio della cooperazione e del mutuo riconoscimento tra gli Stati membri per favorire il reinserimento sociale del condannato.

È possibile scontare una misura alternativa alla detenzione in un altro Stato dell’Unione Europea?
Sì, ma solo per alcune misure. La sentenza chiarisce che l’affidamento in prova al servizio sociale può essere eseguito in un altro Stato UE, in applicazione del principio di reciproco riconoscimento, grazie al d.lgs. n. 38/2016 che attua la Decisione Quadro 2008/947/GAI.

Tutte le misure alternative possono essere eseguite all’estero?
No. La Corte ha specificato che la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono essere eseguite in un altro Stato membro, poiché non fanno cessare completamente lo stato detentivo e quindi non rientrano nell’ambito di applicazione della normativa europea sul reciproco riconoscimento delle sanzioni alternative.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale di Sorveglianza?
Perché il Tribunale aveva basato la sua decisione di inammissibilità su una giurisprudenza superata, senza considerare la nuova disciplina introdotta dal d.lgs. n. 38/2016. Il provvedimento impugnato non teneva conto dell’evoluzione normativa che ha reso possibile l’esecuzione dell’affidamento in prova in un altro Stato UE.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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