Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32053 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32053 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Adria Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/02/2024 del Tribunale di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il AVV_NOTAIO Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, difensore di NOME COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, il Tribunale di Venezia in parziale accoglimento dell’appello proposto ex art. 310 cod. proc. pen. dal AVV_NOTAIO Ministero ha disposto nei confronti del ricorrente la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di pubblici uffici e servizi per mesi sei, con efficacia differita alla definitività del provvedimento.
Il Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Rovigo, pur ravvisando i gravi indizi di colpevolezza, aveva respinto per difetto di esigenze
cautelari la richiesta di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari avanzata dal AVV_NOTAIO Ministero per i reati di cui agli artt. 110,81, 314 (capi 1 e 2), e 110 cod. pen., 291-bis, comma 1, 291-ter, comma 2, lett. c) del d.P.R. 43/1973 (capo 4), relativamente ad una serie di sottrazioni continuate di quantitativi rilevanti di tabacchi lavorati esteri sottoposti a sequestro, destinati al distruzione, depositati presso i magazzini del deposito dei Monopoli di Stato di Andria, di cui l’indagato si sarebbe appropriato nella qualità, per il COGNOME, di “responsabile di stabilimento”, e, quindi, di pubblico ufficiale, per rivenderli i concorso con gli altri coindagati COGNOME NOME, guardia giurata presso detto deposito, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Il capo 2) attiene, invece, al peculato di un personal computer in dotazione dell’ufficio che è stato rinvenuto e sequestrato presso l’abitazione dell’indagato.
Il Tribunale, in parziale riforma del provvedimento impugnato, dopo aver rivalutato la gravità indiziaria ritenendola sussistente, ha ravvisato anche le esigenze cautelari valutando adeguata e proporzionata la misura interdittiva per la durata di mesi sei sia sotto il profilo del pericolo di reiterazione che del pericol di inquinamento probatorio.
Al capo 5) sono poi contestati al NOME ulteriori condotte in continuazione per simulazione di reato, per avere sporto delle denunce di furti di stecche di sigarette custodite nei magazzini del deposito dei Monopoli di Stato, non oggetto di richiesta cautelare.
Con atto a firma del difensore di fiducia, NOME COGNOME chiede l’annullamento del provvedimento, deducendo i motivi di seguito indicati.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 289, comma 2, cod. proc. pen. e conseguente nullità dell’ordinanza, per avere il Tribunale applicato la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio e servizio senza procedere al previo interrogatorio dell’indagato. Al riguardo il ricorrente osserva che, pur consapevole dell’orientamento contrario, ritiene corretto quello che sostiene la nullità del provvedimento interdittivo.
2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 268, comma 2, 291, comma 1, 310 cod. proc. pen. e conseguente nullità dell’ordinanza impugnata, per avere il Tribunale deciso senza che fosse stata disposta la trasmissione delle registrazioni e delle relative trascrizioni delle intercettazioni poste a fondamento della decisione.
Si cita la conversazione del 25 ottobre 2022, prog. 13484, che assumeva notevole rilevanza per la difesa, emergendo da essa che a quella data le porte dei magazzini non erano ancora state adeguatamente serrate e che la difesa non aveva potuto produrre in copia stante la mancata autorizzazione del pubblico ministero.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al capo 1) sotto diversi profili:
la rottura delle porte di accesso ai magazzini ove si trovano le sigarette trafugate, che avrebbe consentito di entrare senza le chiavi.
il possesso delle chiavi in dotazione non esclusiva dell’indagato.
le conversazioni whatsapp tra il COGNOME ed il suo accusatore COGNOME, utilizzate illogicamente come riscontro estrinseco della chiamata in correità.
i movimenti bancari, con riguardo ai versamenti in contanti ed ai conseguenti prelievi di somme che si asseriscono essere il provento delle vendite delle sigarette trafugate.
In estrema sintesi, il ricorrente si duole delle valutazioni operate dal Tribunale perchè illogiche e perché smentite dalle risultanze istruttorie in atti.
2.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al capo 2), sotto il profilo della assenza di valore del computer atteso che per altri tre computer dello stesso anno e modello ne è stata disposta la distruzione e che si trattava di un bene di cui era stata autorizzata la detenzione presso l’abitazione dell’indagato.
2.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di esigenze cautelari evidenziandosi come il Tribunale abbia desunto il pericolo di reiterazione dei reati dalla valutazione negativa della personalità dell’indagato sulla base anche di altri fatti non accertati, tra cui l’episodio del “Sul 50” che sarebbe stato demolito secondo la documentazione ufficiale ma che secondo i testi sarebbe stato oggetto di appropriazione da parte del Palato.
Al contrario si adduce che, dopo il trasferimento del NOME ad altro ufficio di Rovigo, il reato non sarebbe più concretamente reiterabile, essendogli state assegnate nuove mansioni.
Sotto il profilo del pericolo di inquinamento probatorio si rappresenta che le indagini sono terminate.
Va dato atto che in data 20 maggio 2024 il difensore ha depositato due motivi nuovi.
Con il primo deduce il travisamento della prova allegando la trascrizione del perito della intercettazione della telefonata progr. n. 13484 del 25 ottobre 2022 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, riferita al nt. 97/2022, da cui risulta che le finestre del magazzino dei Monopoli di Adria, ove venivano stoccate le sigarette oggetto di sequestri, si aprivano da sole, nonostante le sbarre.
Con il secondo allega il sopravvenuto avviso di conclusioni delle indagini preliminari che conferma la insussistenza delle esigenze cautelali quanto al pericolo di inquinamento probatorio.
Si deve dare atto che il ricorso è stato trattato senza l’intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, commi 8 e 9, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, come prorogato dall’art. 94 del d.lgs. n. 150 del 2022, modificato dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Manifestamente infondata è la dedotta violazione dell’art. 289, comma 2, cod. proc. pen., essendo pacifica e non controversa la interpretazione della norma in esame nel senso che essa non richiede affatto il previo interrogatorio dell’indagato se la misura interdittiva venga applicata in sede di impugnazione cautelare da parte del tribunale per il riesame essendo il diritto al contraddittorio assicurato dalla possibilità per il predetto di comparire all’udienza per la trattazione del gravame e di chiedere di essere interrogato (Sez. 6, n. 14958 del 05/03/2019, Graziano, Rv. 275538).
La necessità di procedere al previo interrogatorio dell’indagato è stata affermata da questa Corte (Sez. 5, n. 13810 del 11/02/2019, Megna, Rv. 275237) con riferimento al caso in cui nel procedimento conseguente all’appello del pubblico ministero, siano stati allegati ulteriori atti di indagi quindi, in una fattispecie del tutto diversa da quella in esame, in cui il Tribunale nell’accogliere l’appello del AVV_NOTAIO Ministero ha disposto la misura interdittiva in luogo di quella coercitiva dallo stesso invocata sulla base degli stessi elementi di prova già sottoposti alla valutazione del Giudice delle indagini preliminari.
Peraltro, l’interpretazione che qui si condivide è coerente al principio affermato dalle Sezioni Unite in tema di applicazione di una misura cautelare personale da parte del tribunale in accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero avverso la decisione di rigetto del giudice per le indagini preliminari, secondo cui non è necessario procedere all’interrogatorio di garanzia a pena di inefficacia della misura suddetta, atteso che la possibilità di esercizio del diritto difesa è già assicurata dall’instaurazione del contraddittorio in sede di impugnazione cautelare (Sez. U, n. 17274 del 26/03/2020, COGNOME, Rv. 279281).
Per completezza, va precisato che la disposizione normativa introdotta dalla legge 16 aprile 2015, n.47 che ha modificato il secondo comma dell’art. 289
cod. proc. pen., stabilendo che l’interrogatorio dell’indagato deve essere eseguito dopo l’applicazione della misura nei termini di cui al comma 1-bis dell’art. 294 stesso codice, si riferisce coerentemente solamente al caso in cui la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio è disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal pubblico ministero, e non anche al caso in cui detta misura sia stata disposta in sede di appello cautelare promosso dal pubblico ministero, in cui la necessità dell’interrogatorio viene radicalmente meno per la possibilità di confronto che alla difesa viene assicurata attraverso la partecipazione all’udienza davanti al tribunale dell’impugnazione cautelare.
Deve rilevarsi la manifesta infondatezza anche della dedotta violazione degli artt. 268, comma 2, 291, comma 1, 310 cod. proc. pen. e conseguente nullità dell’ordinanza impugnata, per l’omessa trasmissione delle registrazioni e delle relative trascrizioni delle intercettazioni poste a fondamento della decisione.
Va ricordato, innanzitutto, che in tema di riesame, l’omesso deposito dei “files” audio delle registrazioni di conversazioni oggetto di intercettazione non è sanzionato da nullità o inutilizzabilità, dovendosi ritenere sufficient la trasmissione, da parte del pubblico ministero anche dei soli brogliacci e di una documentazione anche sommaria ed informale, che dia conto sinteticamente del contenuto delle conversazioni riferite negli atti della polizia giudiziari (Sez. 6, n. 22570 del 11/04/2017, Cassese, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Altra cosa è la necessità che il Tribunale fornisca congrua motivazione in ordine alle difformità specificamente indicate dalla parte fra i testi dell conversazioni telefoniche richiamati negli atti e quelli risultanti dall’ascolto in form privata dei relativi “files” audio da parte della difesa, questione questa che non è stata dedotta.
Inoltre, deve rilevarsi che il Tribunale nella fattispecie in esame aveva anche rinviato l’udienza per consentire alla difesa di acquisire le registrazioni e le relativ copie presso l’ufficio del AVV_NOTAIO Ministero.
Il difensore non ha chiarito le ragioni per le quali non gli sarebbe stato consentito il rilascio di copia integrale di tutte le registrazioni, ma la generici della doglianza ne dimostra la manifesta infondatezza, non essendo il pubblico ministero tenuto a rilasciare copia integrale delle intercettazioni, ma soltanto di quelle poste a base della richiesta cautelare e delle altre che gli venissero richieste dopo la esplicitata illustrazione della loro rilevanza (vedi Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279555; secondo cui in tema di intercettazioni, non si configura un’ipotesi di nullità per violazione de diritto di difesa nel caso di rigetto della richiesta di copia integr delle registrazioni senza indicazione di alcuna specifica finalità difensiva).
Il fatto che il Tribunale dell’appello cautelare non disponesse delle conversazioni ritenute utili per la difesa non è causa di nullità dell’ordinanza, atteso che gli atti di cui è prevista come obbligatoria la trasmissione al Tribunale sono solo quelli che sono stati posti a fondamento della richiesta di misura cautelare inoltrata al Giudice delle indagini preliminari e non anche le ulteriori e diverse conversazioni indicate dalla difesa e che questa dovesse ritenere utili per la propria prospettazione dei fatti.
La possibilità che altre e diverse conversazioni possano essere individuate dalla difesa, anche se non poste a fondamento della richiesta cautelare del pubblico ministero, legittima solo la loro sottoposizione in sede di udienza di riesame ai sensi dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen. o al giudice che procede in sede di richiesta di revoca della misura cautelare, ma non costituisce causa di nullità dell’ordinanza del riesame per omessa trasmissione degli atti, atteso che il Tribunale valuta la gravità indiziaria sulla base degli atti posti base della richiesta cautelare e degli ulteriori elementi a favore dell’imputato che siano stati già depositati presso il giudice che ha disposto la misura ex art. 291, comma 1, cod. proc. pen.
Con riferimento alle intercettazioni la trasmissione dei relativi atti al giudice del gravame riguarda evidentemente solo quelle poste a base della richiesta cautelare ma non la totalità di quelle depositate, essendo onere della difesa individuare quelle rilevanti per smentire la gravità indiziaria e sottoporle al giudice delle indagini preliminari a sostegno delle proprie richieste di revoca della misura, o anche eventualmente in sede di gravame cautelare, sia con riferimento alla procedura di riesame ex art. 309, comma 9, cod. proc. pen. e sia in quella dell’appello cautelare ex art. 310 stesso codice, secondo l’orientamento già affermato dalle Sezioni Unite n. 18339 del 31/03/2004, COGNOME, Rv. 227357, ribadito da ultimo, sempre dalle Sezioni Unite con la sentenza n.15403 del 30/11/2023, COGNOME, Rv. 286155 (secondo cui nel giudizio di appello cautelare, celebrato nelle forme e con l’osservanza dei termini previsti dall’art. 127 cod. proc. pen., possono essere prodotti dalle parti elementi probatori “nuovi” nel rispetto del contraddittorio e del principio di devoluzione, contrassegnato dalla contestazione, dalla richiesta originaria e dai motivi contenuti nell’atto di appello)
Va, peraltro, rilevato che in tema di appello cautelare, il termine di cui all’art. 310, comma 2, cod. proc. pen. per la trasmissione degli atti ha natura ordinatoria, non richiamando la norma l’art. 309, commi 5 e 10, cod. proc. pen., né prevedendo alcuna sanzione in caso di inosservanza del termine entro cui l’autorità procedente deve trasmettere al tribunale del riesame l’ordinanza appellata e gli atti su cui essa si fonda, cosicché la sua inosservanza
non è causa di nullità né di inefficacia del provvedimento successivamente adottato (Sez. 6, n. 16802 del 24/03/2021, COGNOME, Rv. 281303).
Per quanto appena esposto appare evidente anche l’inammissibilità della produzione in sede di legittimità della trascrizione della conversazione ritenuta utile per la prospettazione della linea difensiva dell’inutilità delle chiavi p accedere al magazzino ove erano in deposito le stecche di sigarette trafugate, trattandosi di elementi di prova che devono essere sottoposti al giudice di merito, essendo preclusa alla corte di cassazione la valutazione diretta ed autonoma delle prove.
I motivi terzo e quarto sono inammissibili perché, a fronte di una puntuale e non manifestamente irragionevole motivazione del Tribunale, propongono censure dirette a sostenere una diversa ricostruzione dei fatti, sulla base di argomentazioni che sono state adeguatamente affrontate e superate con osservazioni pertinenti e prive di contraddizioni nell’ordinanza impugnata.
La valenza dei riscontri estrinseci della chiamata in correità del complice NOME COGNOME è stata motivatamente riconosciuta sulla base di argomentazioni logiche e coerenti.
Non va dimenticato che quando il quadro indiziario sia basato – come nel caso di specie – su una chiamata in correità, perché questa possa assurgere al rango di prova necessita, oltre che di un positivo apprezzamento in ordine alla sua intrinseca attendibilità, di “riscontri estrinseci”.
Costituisce principio consolidato (Sez. 2 n. 35923 del 11/07/2019, COGNOME Filippo, Rv. 276744; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260607) che i riscontri estrinseci possono consistere in qualsiasi elemento o dato probatorio, non predeterminato nella specie e qualità, potendo consistere in elementi di prova sia rappresentativa che logica, ma non è, invece, richiesto che essi abbiano lo spessore di una prova “autosufficiente”, perchè, in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata in correità.
In coerenza con tali criteri sono stati apprezzati i numerosi e diversi riscontri estrinseci che hanno consentito al Tribunale di ritenere attendibili le dichiarazioni etero ed autoaccusatorie del coindagato, sorpreso in flagranza di reato.
Tutte le questioni afferenti alla possibilità di accedere nei magazzini anche senza chiave, come anche le questioni relative alla non esclusiva disponibilità delle chiavi da parte del solo ricorrente sono prive di rilievo in questa sede, essendo state oggetto di una valutazione accurata da parte del Tribunale, in funzione non
già di desumere da esse la prova autonoma della responsabilità del ricorrente, ma unicamente il riscontro dell’attendibilità della chiamata in correità.
Tale considerazione vale a maggiore ragione per la valenza attribuita al contenuto dei messaggi telefonici intercorsi tra il ricorrente ed il suo presunto complice, che assumono rilievo non come prova autonoma del concorso nei reati da parte del ricorrente, ma come elementi utili ad escludere intenti calunniosi nelle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, e, quindi, a fornire riscontri estrinseci della credibilità dell’individuazione del ricorrente come il complice interno all’uffici pubblico in grado di agevolarlo nella sottrazione dei tabacchi lavorati esteri custoditi nei deposito dei Monopoli di Stato.
Altrettanto generiche sono le censure sulla rilevanza di riscontro delle risultanze delle ingenti movimentazioni di denaro contante sui conti intestati al ricorrente, non essendo certamente illogiche le argomentazioni poste a fondamento dell’ordinanza impugnata, con conseguente inammissibilità delle ulteriori deduzioni anche sull’accertamento della demolizione del ciclomotore da cui il ricorrente asserisce di aver incassato la somma di ottomila euro, che non assumono evidentemente rilevanza decisiva ai fini della coerenza argomentativa posta a base della valutazione della gravità indiziaria.
Stesse considerazioni devono ripetersi in merito al quarto motivo sulla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al capo 2).
La valutazione del Tribunale si basa su una diversa ricostruzione dei fatti che il ricorrente censura in modo assertivo, considerato quanto riferito dal responsabile informatico dell’ufficio che avrebbe richiesto al NOME la restituzione del computer, e che l’indagato ha invece trattenuto indebitamente presso la propria abitazione senza alcuna documentata autorizzazione.
Si tratta, in definitiva, di aspetti che andranno affrontati nel giudizio di merit e non possono essere sindacati in questa sede in assenza di travisamenti delle prove o di evidenti illogicità delle valutazioni operate dal Tribunale nell’ordinanza impugnata.
Con riguardo alle censure dedotte in punto di esigenze cautelari le valutazioni del Tribunale sul pericolo di reiterazione dei reati desunto dal giudizio negativo sulla personalità dell’indagato appaiono sorrette da argomentazioni congrue e coerenti alle risultanze istruttorie acquisite.
Il trasferimento ad altro ufficio non è stato ritenuto sufficiente ad escludere il pericolo di reiterazione dei reati e di inquinamento probatorio, essendo stata coerentemente evidenziata la necessità di sospendere ogni funzione pubblica per
prevenire anche ulteriori reati non necessariamente riferiti allo stesso settore amministrativo in cui sono stati commessi i reati per cui si procede.
La misura interdittiva è stata, inoltre, ritenuta in modo coerente anche necessaria ad impedire che l’indagato possa approfittare del proprio ruolo gerarchico per condizionare le deposizioni degli altri dipendenti dell’ufficio, per quanto osservato sulle minacce di ritorsioni nei loro confronti di cui si sarebbe già reso autore.
Neppure è consentita in questa sede, poi, la produzione di documenti nuovi, come l’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen. allegato ai motivi nuovi, trattandosi di un elemento che neppure è stato ancora sottoposto alla valutazione del giudice di merito, a prescindere dalla considerazione che il pericolo di inquinamento deve essere rapportato anche alla formazione della prova nel corso del giudizio e non può ritenersi cessato solo per effetto della chiusura della fase delle indagini preliminari.
Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Poiché dalla presente decisione consegue l’esecutività del provvedimento impugnato, deve disporsi, ai sensi dell’art. 28, reg. esec. cod. proc. pen., che la cancelleria ne trasmetta l’estratto senza ritardo al AVV_NOTAIO Ministero competente a promuoverne l’esecuzione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Il Pre idente