Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7757 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7757 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 24/01/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Fermo il 20/06/1984
avverso l’ordinanza emessa il 17/10/2024 dal Tribunale di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17/10/2024, il Tribunale di Salerno ha rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., avverso l’ordinanza applicativa nei suoi confronti della misura interdittiva del diviet temporaneo di esercitare attività imprenditoriali e di esercitare uffici direttivi del persone giuridiche e delle imprese, per la durata di mesi nove.
Ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta concretezza ed attualità delle esigenze di prevenzione speciale, e alla diversità del fatto considerato dal Tribunale, rispetto a quello descritto nell’imputazione.
Si censura la motivazione dell’ordinanza, secondo cui la condotta illecita era proseguita “anche dopo la conclusione delle indagini e fino all’attualità”, richiamando non meglio identificati messaggi che gli indagati si erano scambiati fino al luglio 2023. Sul punto, si evidenzia la mancata identificazione di tal messaggi e del loro rilievo accusatorio, e si censura la rilevanza attribuita dal Tribunale ad un periodo diverso e successivo a quello precisato nell’imputazione, la cui modifica era esclusivamente riservata al P.M.
In ogni caso, anche a voler considerare il periodo fino al luglio 2023, nessun elemento era stato evidenziato per ritenere concrete ed attuali le esigenze cautelari, atteso l’ampio periodo trascorso fino all’applicazione della misura e lo stato di incensuratezza del ricorrente: elementi del tutto ignorati dalla decisione del Tribunale. La difesa censura inoltre sia la mancata valutazione, in senso favorevole, delle dimissioni del COGNOME dalla carica amministrativa, sia la apoditticità con cui al nuovo amministratore era stato attribuito il ruolo di longa manus degli indagati, ed a quest’ultimi la persistenza del pericolo di relazioni corruttive anche nella veste di semplici soci.
2.2. Con riferimento al pericolo di inquinamento probatorio, si rileva l’assoluto silenzio del Tribunale, con conseguente vizio di motivazione sul punto (dedotto in subordine), qualora non si ritenesse che il Tribunale abbia implicitamente escluso la sussistenza del pericolo.
2.3. Sempre in linea subordinata, la difesa censura l’omessa motivazione in ordine alla durata di nove mesi.
Con requisitoria tempestivamente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, ritenendo l’ordinanza adeguatamente motivata quanto agli elementi indicativi del pericolo di reiterazione, ed osservando tra l’altro che il riferimento a risultanze successive al maggio 2023 non era finalizzato a modificare in peius l’imputazione, ma a valorizzare elementi indicativi dell’attualità e concretezza del pericolo di reiterazione. Si sottolinea inoltre la correttezza del richiamo alla perdurante titolarità delle quote sociali (nella misura complessiva dell’80°/0, insieme al RIHAI), e l’irrilevanza della mancata trattazione del pericolo di inquinamento probatorio, in presenza di adeguata motivazione in ordine alla lett. c) dell’art. 274 e alla durata della misura, inferiore al massimo.
Con memoria tempestivamente trasmessa, il difensore replica alle argomentazioni del P.G., evidenziando l’inconferenza, rispetto alla fattispecie esaminata, di alcuni principi giurisprudenziali evocati e il carattere congetturale
dell’assunto per cui il COGNOME avrebbe protratto la condotta illecita anche successivamente al luglio 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti che verranno qui di seguito esposti.
Come già accennato, la misura interdittiva nei confronti del COGNOME è stata applicata dal G.i.p. del Tribunale di Salerno, in data 09/09/2024, in relazione al reato continuato di corruzione a lui ascritto, come meglio specificato nel capo di incolpazione provvisoria, con riferimento alla attività svolta da COGNOME NOME – incaricato di pubblico servizio in quanto mandatario SIAE per la circoscrizione di Salerno – in favore della RAGIONE_SOCIALE società amministrata fino al settembre 2023 dall’odierno ricorrente e dall’altro indagato COGNOME NOME.
Con il provvedimento oggetto dell’odierno ricorso, il Tribunale di Salerno ha confermato la misura del divieto di esercitare attività imprenditoriali e uffi direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per la durata di mesi nove, rigettando l’appello proposto dalla difesa del COGNOME.
Quest’ultima, anche in sede di riesame, non ha inteso contestare il profilo della gravità indiziaria, diffusamente trattato dal Tribunale alle pag. 2 segg. del provvedimento anche attraverso richiami all’ordinanza genetica ed alle plurime risultanze dichiarative e captative ivi più diffusamente esposte.
Le censure difensive hanno invece riguardato il solo profilo delle esigenze cautelari, con rilievi critici sia quanto al pericolo di reiterazione, sia quant pericolo di inquinamento probatorio, sia anche quanto alla durata della misura.
Per le ragioni che verranno illustrate nei paragrafi seguenti, ritiene il Collegio che solo il secondo ed il terzo ordine di doglianze siano meritevoli di accoglimento.
Il primo ordine di rilievi è nel suo complesso infondato.
2.1. La difesa ricorrente ha anzitutto censurato il riferimento del Tribunale alla ritenuta “sistematicità” delle condotte illecite poste in essere dal VITALI nell’approfittare del ruolo istituzionale del PREZIOSI, asservendolo agli interessi economico-privatistici della società RAGIONE_SOCIALE interessata ad espandere la propria attività e ad acquisire nuove quote di mercato nel settore della biglietteria per spettacoli, eventi sportivi ecc. Si tratterebbe, secondo il difensore, di una valutazione priva di adeguato apprezzamento del tempo trascorso (maggio 2023) dalla cessazione delle condotte delittuose, contestate nell’incolpazione provvisoria, fino all’adozione della misura (settembre 2024).
A tale specifico proposito, la difesa ha poi vivacemente contestato sia il carattere congetturale dell’affermata prosecuzione dell’attività illecita “fin all’attualità”, sia il richiamo a messaggi che gli indagati si erano scambiati fino a luglio 2023, genericamente evocati dal Tribunale ma ritenuti da quest’ultimo idonei a comprovare una condotta illecita anche oltre il dies ad quem della contestazione
provvisoria, sia anche la ritenuta irrilevanza delle dimissioni del COGNOME dalla carica amministrativa della società, rassegnate sin dal mese di settembre 2024.
2.2. La prospettazione difensiva, con le precisazioni che verranno svolte, non può essere condivisa.
Nella più recente elaborazione giurisprudenziale di questa Suprema Corte, si è ripetutamente affermato che «in tema di misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pe non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata del fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale e che deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma che non deve altresì contemplare la previsione di specifiche occasioni di recidivanza» (Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991 – 01. In senso conforme, cfr. tra le altre Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767 – 01; da ultimo, Sez. 3, n. 3913 del 04/11/2025, dep. 2025, COGNOME).
2.2.1. In tale condivisibile prospettiva ermeneutica, deve anzitutto osservarsi che il riferimento del Tribunale alla “sistematicità” delle condotte illecite d PREZIOSI, correlate agli accordi corruttivi raggiunti con il COGNOME e il COGNOME, appare tutt’altro che improprio.
La gravità indiziaria, in termini non contestati dal ricorrente, è stata inver desunta dalle numerose e del tutto convergenti risultanze acquisite all’esito delle indagini svolte a partire dalla denuncia sporta, nel dicembre 2022, dal legale rappresentante di una delle società concorrenti della RAGIONE_SOCIALE: risultanze costituite da ulteriori denunce, verbali di s.i.t., intercettazioni delle conversazi intercorse tra gli indagati e/o tra taluno di questi e i vari soggetti raggiunti da pressioni del PREZIOSI, ecc.
Il Tribunale ha evidenziato che detto materiale comprovava sia una incessante dedizione del PREZIOSI, volto a favorire gli interessi della RAGIONE_SOCIALE nei più svariati settori interessati al servizio di biglietteria (spettacoli estivi, inco calcio, eventi teatrali, festival cinematografici, locali notturni, ecc.: cfr. p segg.), scoraggiando le concorrenti e/o pressando i responsabili degli eventi a rivolgersi per i servizi biglietteria alla società del ricorrente; sia le modalit esecuzione degli accordi corruttivi, che prevedevano il pagamento, da parte della RAGIONE_SOCIALE, di fatture formalmente emesse (su indicazioni del PREZIOSI) da tale COGNOME NOMECOGNOME il quale tratteneva per sé una parte della somma: fatture tra l’altro rinvenute nella contabilità della RAGIONE_SOCIALE, nel corso della perquisizione espletata nel luglio 2023 (cfr. pag. 14 dell’ordinanza impugnata, cui si rimanda anche per le più che esplicite conversazioni di sollecito, da parte del PREZIOSI, del pagamento delle fatture che aveva fatto emettere dal MORESE).
Va anche sottolineato che, dall’ordinanza impugnata, emerge che la dedizione del PREZIOSI agli interessi della RAGIONE_SOCIALE si era palesata anche nella disponibilità ad effettuare interventi al di fuori della sua zona di competenza quale mandatario SIAE (cfr. pag. 22 sulla richiesta di un intervento su una società operante nella zona di Bari, con il RAGIONE_SOCIALE che si mette a disposizione anche rappresentando di conoscere esponenti della direzione SIAE di zona).
2.2.2. Il Tribunale ha posto in evidenza che gli elementi gravemente indizianti sono stati rilevati fino al termine “per scadenza naturale” delle intercettazioni, e ha al riguardo valorizzato – rispetto alla contestazione di una “condotta perdurante almeno fino al 08/05/2023” – ulteriori messaggi e conversazioni, tra gli indagati, risalenti al luglio successivo.
Al riguardo, deve per un verso escludersi che, con tali riferimenti, il Tribunale abbia inteso modificare la contestazione degli addebiti, operazione certamente estranea ai suoi poteri: come condivisibilmente sottolineato dal Procuratore Generale nella propria requisitoria scritta, i richiami devono invece essere intesi quale indicazione di ulteriori elementi autonomamente apprezzabili nella individuazione di un concreto e attuale pericolo di reiterazione, nel senso in precedente chiarito (cfr. pag. 2 della requisitoria: “Il Tribunale del riesame non prospetta l’esistenza di intercettazioni successive all’epoca dei fatti contestati a fine di modificare in peius l’imputazione, bensì al solo scopo di evidenziare la persistenza dei contatti tra gli indagati in epoca successiva a quella oggetto di contestazione. Né il ricorrente fornisce elementi concreti per confutare tale dato”).
Per altro verso, non può essere condiviso il rilievo difensivo concernente l’assoluta incertezza delle ulteriori risultanze valorizzate.
L’ordinanza impugnata ha invero richiamato, quanto al mese di luglio, da un lato i messaggi inviati dal PREZIOSI in data 07/07/2023 nella chat condivisa con il COGNOME ed il COGNOME, in cui chiedeva a questi ultimi di ricevere due bigliet ferroviari, per sé “e per la persona con la quale abbiamo lavorato x circa sei mesi”, aggiungendo poi “anche io lavoro x voi” (pag. 19 dell’ordinanza); nonché la conversazione tra gli indagati, risalente al 10/07/2023, dedicata al progetto del PREZIOSI di far entrare la società nel ticketing delle competizioni europee e nazionali di basket, e degli eventi mondani delle società di pallavolo nei locali e discoteche (cfr. pag. 11).
Al di là di alcune espressioni del Tribunale, censurate dalla difesa ricorrente per le congetturali affermazioni di sussistenza dell’attività illecita “f all’attualità”, appare indubbia la rilevanza delle predette risultanze nell’ottica ch qui rileva: il progetto di ampliare enormemente il raggio d’azione della RAGIONE_SOCIALE su scala nazionale ed internazionale, e la stessa frase “anche io lavoro x voi” rivolta agli amministratori della società, sono elementi inequivocabilmente rivelatori di un rapporto ancora fattivamente in essere, e di concrete prospettive di prosecuzione dell’attività illecita.
2.2.3. La difesa ha poi contestato le valutazioni del Tribunale, che ha negato all’incensuratezza del ricorrente, e alle sue dimissioni dalla carica di amministratore della società RAGIONE_SOCIALE la valenza liberatoria auspicata con il corrispondente motivo di appello.
Sul punto, il Collegio salernitano ha valorizzato sia la tardività di ta dimissioni, intervenute dopo l’inizio dell’esecuzione della misura interdittiva, sia i fatto che il ricorrente era comunque rimasto titolare, insieme al RIAHI, dell’80% delle quote sociali: circostanza che ha indotto il Tribunale ad affermare, pur in presenza di un nuovo amministratore unico nominato dagli indagati, che costoro “continuano, all’attualità, ad operare nella TICKETSMS in quanto titolari, ciascuno, di una corposa quota di capitale sociale e, pertanto, si trovano entrambi nella condizione di poter continuare a intessere relazioni corruttive con pubblici funzionari, per favorire gli interessi economici della società di cui sono comproprietari” (cfr. pag. 23 dell’ordinanza).
Si tratta di una valutazione che appare immune da illogicità evidenti denunciabili in questa sede, essendo imperniata non solo sulla tempistica delle dimissioni (come detto rassegnate solo dopo alcuni giorni dall’applicazione della misura, a sua volta intervenuta alcuni mesi dopo la perquisizione della società: cfr. pag. 14, cit.), ma anche sulla scelta del VITALI e del RIAHI di non allontanarsi dalla compagine sociale, e di continuare anzi a mantenerne saldamente il controllo.
2.3. In tale complessivo contesto, ritiene il Collegio che la motivazione relativa alle esigenze specialpreventive resista alle censure difensive, tenuto anche conto del fatto che, tra le più recenti risultanze valorizzate e l’applicazione della misura interdittiva, è trascorso un periodo di poco superiore ad un anno, in relazione al quale può ritenersi adeguato il richiamo del Tribunale, nei termini fin qui esposti, alla sistematicità delle condotte, alla interruzione dell’attività captativa e a persistente presenza del ricorrente, unitamente al coindagato, nella compagine della RAGIONE_SOCIALE in posizione di assoluto controllo.
Sono invece fondate le censure svolte con riferimento al pericolo di inquinamento probatorio, ritenuto dal G.i.p. del Tribunale di Salerno in sede applicativa della misura (cfr. il richiamo contenuto a pag. 16 dell’ordinanza impugnata).
Risulta preliminare ed assorbente, al riguardo, il rilievo difensivo che ha segnalato la totale assenza di motivazione sulle censure dedotte in appello.
È solo opportuno precisare che, per la particolare struttura delle misure interdittive, non è possibile applicare il principio, ripetutamente affermatosi nell giurisprudenza di questa Suprema Corte in tema di misure coercitive, secondo cui «le esigenze cautelari relative al pericolo di inquinamento delle prove, di fuga e di reiterazione del reato previste dall’art. 274 cod. proc. pen. non devono necessariamente concorrere, bastando anche l’esistenza di una sola di esse per giustificare o confermare, in sede di riesame, l’adozione del provvedimento» (così
Sez. 3, n. 15980 del 16/04/2020, COGNOME, Rv. 278944 – 02, la quale, su tali basi, ha ritenuto immune da censure la decisione del tribunale del riesame che aveva confermato il provvedimento del giudice per le indagini preliminari facendo riferimento solo al pericolo di reiterazione del reato, senza alcun riferimento al pericolo di inquinamento probatorio al quale pure aveva fatto riferimento l’ordinanza impugnata).
Va in particolare evidenziato che l’art. 308 cod. proc. pen. prevede, al comma 2, una durata massima di dodici mesi e la perdita di efficacia della misura, al decorso del termine indicato dal giudice nel provvedimento applicativo. Il successivo periodo del comma 2 prende peraltro in specifica considerazione l’ipotesi che la misura interdittiva sia disposta per esigenze probatorie, prevedendo la possibilità, per il giudice, di “disporne la rinnovazione nei limiti temporali previ dal primo periodo del presente comma”, ovvero nel già richiamato limite dei dodici mesi.
Da ciò consegue, evidentemente, l’impossibilità di ritenere l’esigenza probatoria implicitamente superata dalla concorrente sussistenza di altre esigenze, dovendo al contrario sempre procedersi all’accertamento, nell’incidente cautelare, della persistenza della misura che sia stata disposta anche per la lettera a) dell’art. 274 cod. proc. pen., dal momento che la possibilità di una “rinnovazione” della misura, prevista dall’art. 308 cod. proc. pen., postula l’esistenza di una misura tuttora in essere.
Deve quindi disporsi, in accoglimento della censura difensiva concernente il totale difetto di motivazione, l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente all’esigenza di cui alla lett. a) dell’art. 274 cod. proc. pen.
Anche la residua censura, concernente il difetto di motivazione in ordine all’irrogazione della misura per la durata di nove mesi, risulta fondata.
Nel disattendere il corrispondente motivo di appello, il Tribunale ha osservato che la misura doveva essere imposta “nella estensione deliberata dal G.i.p., per impedire, all’indagato, di continuare ad agire formalmente per conto della società di cui è proprietario intessendo, in tale veste formale, rinnovate relazioni corruttive” (cfr. pag. 23 del provvedimento impugnato).
Appaiono evidenti, ad avviso di questo Collegio, le connotazioni di mera apparenza della motivazione adottata dal Tribunale, avendo questa Suprema Corte chiarito, tra l’altro, che «in tema di misure interdittive, la flessibilità della disc relativa al termine di durata prevista dall’art. 308, comma secondo, cod. proc. pen., come novellato dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice della cautela un onere di motivazione in merito al termine indicato nell’ordinanza» (Sez. 6, n. 8617 del 11/02/2016, COGNOME, Rv. 265846 – 01).
Dinanzi ad una misura applicata per una durata pari al 75% del massimo consentito dall’art. 308, il Tribunale si è limitato ad esplicitare le ragi giustificative del provvedimento, con un percorso argomentativo
indifferentemente applicabile a qualsiasi durata, anche minima, dell’intervento cautelare.
5. Le considerazioni fin qui svolte impongono l’annullamento dell’impugnata ordinanza, limitatamente alla durata della misura e all’esigenza cautelare di cui
all’art. 274, lett. a), cod. proc. pen., con rinvio per nuovo esame al Tribunale di
Salerno, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. (disposizione esplicitamente richiamata, per il giudizio di appello, dal comma 2 dell’art. 310 del
codice di rito.
Nel resto, il ricorso deve invece essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente ai punti concernenti la durata della misura interdittiva e l’esigenza cautelare di cui all’art. 274, comma 1, lett
a), cod. proc. pen. e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Salerno competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, cod. proc. pen. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 24 gennaio 2025
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Il Presidente