Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3441 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3441 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANZARO il 16/04/1965 avverso l’ordinanza del 18/06/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Catanzaro
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la reiezione del ricorso
lette le conclusioni inviate dal difensore del ricorrente, che ha ribadito quelle prospettate con l’impugnazione, replicando a quelle della parte pubblica
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che con il provvedimento descritto in epigrafe il Tribunale di Catanzaro, quale giudice dell’appello cautelare, ha rigettato il gravame proposto da COGNOME NOME avverso l’ordinanza resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale locale con la quale è stata applicata al predetto, dirigente medico presso il reparto di oculistica dell’azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, la misura interdittiva della sospensione ex art 289 cod. proc. pen. per il periodo di un anno, perché gravemente indiziato di partecipazione all’associazione finalizzata alla realizzazione di più reati d peculato e truffa ai danni dello stato descritta al capo a) della rubrica, nonché di più ipotesi di peculato (capi b, d, f) e di autoriciclaggio (capo c);
rilevato che la difesa di COGNOME ha interposto ricorso proponendo tre diverse censure, nessuno delle quali ha superato la soglia di ammissibilità;
ritenuto, in particolare, che la prima doglianza si risolve in una censura diretta a contestare la tenuta della motivazione sottesa alla decisione gravata senza confrontarsi in alcun modo con il contenuto dell’argomentare speso dal Tribunale nel confermare le valutazioni rese dal provvedimento genetico in punto di gravità indiziaria e che, nella parte in cui assume toni di minima concretezza, nel contestare la configurabilità dei peculati legati alla appropriazione di dispositivi e altro materiale medico sottratti all azienda sanitaria di riferimento del ricorrente rinvenuti presso lo studio medico del predetto, la difesa, senza mai fare cenno alle ulteriori e gravi imputazioni mosse allo COGNOME, contrasta la condotta appropriativa, sul presupposto di una indimostrata utilizzazione dei detti beni, in termini di manifesta inconferenza alla luce delle emergenze acquisite, puntualmente valorizzate dal Tribunale (si veda la motivazione del provvedimento impugnato, dalla pagina 5 alla pagina 8);
ritenuto che con la seconda doglianza si lamenta la pretermissione di situazioni in fatto (la dismissione del ruolo dirigenziale e la decisione del ricorrente di svolgere prestazioni private in regime di extra-moenia), assertivamente incidenti sulla sussistenza del rischio di reiterazione delle medesime condotte illecite, che non risultano prospettate con l’appello e che, in ogni caso, oltre a risultare solo affermate, sono comunque inconducenti, perché non in grado di neutralizzare le ragioni di rischio puntualizzate dai giudici della cautela in termini di concretezza e attualità alla luce della personalità criminale del ricorrente, coerentemente individuata in ragione del portato fattuale dei diversi illeciti allo stesso ascritti, realizzati in termini tutt’altro che occasionali anc considerazione dei profili di minima stabilità e programmazione che connotano ontologicamente l’ipotesi associativa in contestazione, peraltro strutturata facendo leva sulla primarietà del ruolo assunto nella vicenda dal ricorrente;
ritenuta, infine, la manifesta inconferenza delle considerazioni spese nella parte finale del ricorso, dirette a contestare asserite e non precisate misure reali rese in danno del ricorrente, del tutto estranee al perimetro dell’appello proposto innanzi al Tribunale, diretto a contrastare solo la misura personale di natura interdittiva;
ritenuto che alla inammissibilità seguono le pronunce di cui all’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., nei termini di cui al dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pag men o delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle amm de. Così è deciso, 16/12/2024
Il Consigliere estensore
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COGNOME
GLYPH PIERL IG DI TEFANO