Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4301 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4301 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CINQUEFRONDI il DATA_NASCITA
COGNOMEo l’ordinanza del 29/06/2023 del TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG AVV_NOTAIO COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità
dato avviso al difensore;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME COGNOME l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Pavia in data 21 aprile 2023 con quale è stata applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata per la d anni due a seguito della sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria de ottobre 2019 che, nel rideterminare la pena detentiva per i rea partecipazione all’associazione mafiosa e altro, ritenuta in continuazione c precedenti fatti giudicati dalla sentenza della Corte d’appello di Reggio Cala del 17 febbraio 2003 (che aveva applicato la misura di sicurezza per la durata anni due), aveva disposto l’applicazione della misura di sicurezza per la durat anni tre.
I giudici di sorveglianza, nel dare atto che la precedente misura di sicur era stata eseguita per circa otto mesi (fino al 26 maggio 2009), hanno rite la persistente pericolosità del condannato, unificando la misura di sicurez riducendone la durata ad anni due.
Ricorre NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando:
la violazione dell’art. 209 cod. pen. per essere state applicate due mi di sicurezza, invece di una soltanto, nonostante l’avvenuta unificazione dei r giudicati con le sopra indicate sentenze;
la violazione dell’art. 228 cod. pen. perché i giudici di sorveglianza h unicamente fatto riferimento, per ritenere la pericolosità sociale, alla ma dissociazione, peraltro attribuendo erroneamente al ricorrente l’affermazione la ‘ndrangheta non esiste, mentre questi ha unicamente affermato di no appartenere a nessun clan.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso infondato.
Come ha correttamente rilevato il Tribunale di sorveglianza, la censur relativa alla violazione dell’art. 209 cod. pen. è manifestamente infondata po l’unificazione dei reati giudicati con le sopra indicate sentenze, c comportato un complessivo trattamento sanzionatorio di diciannove anni di reclusione, ha pure riguardato la misura di sicurezza della libertà vigilata
giudice della cognizione ha rideterminato nella misura di anni tre, a fronte dei due anni che erano stati applicati con la prima sentenza.
2.1. Orbene, della unificazione disposta in sede di cognizione non può più discutersi poiché ogni eventuale questione doveva essere dedotta con i motivi di impugnazione.
Del resto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che «è legittima l’applicazione da parte del giudice della cognizione di una misura di sicurezza di specie analoga a quella già in corso di esecuzione nei confronti dell’imputato in riferimento a un diverso reato, operando l’obbligo di unificazione di misure concorrenti di cui all’art. 209 cod. proc. pen. solo quando le stesse siano tutte in esecuzione o debbano comunque essere eseguite e, quindi, quando i relativi provvedimenti siano divenuti definitivi» (Sez. 1, n. 8133 del 18/02/2022. Amodio, Rv. 282684), proprio come è avvenuto nel caso di specie, residuando da espiare una porzione della prima misura di sicurezza applicata al condannato nel 2003.
2.1. Il motivo è, quindi, manifestamente infondato: la misura di sicurezza è stata inflitta dal giudice della cognizione, unificando ex art. 209 cod. proc. pen. una sentenza definitiva e quella oggetto del giudizio, rideterminandone, in senso favorevole al prevenuto, la durata.
Nessuna “unificazione” ex art. 209 cod. pen. doveva essere effettuata dal Tribunale di sorveglianza che, invece, ha correttamente proceduto ad accertare la persistenza della pericolosità, individuando la durata minima della misura di sicurezza cui deve essere data esecuzione.
3.1. Il ricorso contesta in modo generico e assertivo che il Tribunale di sorveglianza non abbia effettuato una concreta ed effettiva valutazione della pericolosità sociale, mentre il provvedimento illustra numerosi elementi di fatto (rilievo disciplinare del 20 gennaio 2020; assenza dell’avvio della riflessione sulle proprie condotte devianti; la negazione dei fatti per i quali è stato condannato, con attribuzione alle istituzioni delle responsabilità di ciò che accade ai “calabresi”; ricaduta nel delitto dopo la precedente sottoposizione alla libertà vigilata per soli otto mesi; recenti segnalazioni di polizia per violenza a pubblico ufficiale e inosservanza dei provvedimenti dell’autorità) dai quali ha desunto l’attuale pericolosità sociale.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15 dicembre 2023.